Fascisti pigri

Un caldo saluto a tutti. Ho deciso di utilizzare una tastierina Bluetooth e di scrivere direttamente sul cellulare. Al di là del mezzo tecnico utilizzato, ho un po' di difficoltà a scrivere, così voglio proporre un testo non mio, tratto dal libro dello scrittore cileno Roberto Bolano “Lo spirito della fantascienza”. Riguarda un po' la guerra ma anche e soprattutto quelli che amano giocare agli strategici bellici a turni. Riguarda pure quelli a cui piacciono gli sparatutto in prima persona, tipo me... anche se quando è stato scritto non c'erano sparatutto in prima persona ma... Leggete e capirete. Breve riflessione: anche io quando ero più giovane pensavo che gli strategici a turni fossero un po' pericolosi perché “normalizzavano” la guerra e ponevano il giocatore in una posizione distaccata, superiore, di mero calcolo privo di coinvolgimento emotivo. Bolano qui era d'accordo con me ma anche lui era giovane quando ha scritto queste parole.

Frattanto la tastiera Bluetooth ha smesso di funzionare, dopo che era partita cosí bene. Ma perché?!? Voglio provare Shenmue coll'emulatore Dreamcast sul mio smartphone!!! Come faccio senza tastiera? Va a finire che sviscererò il magico mondo delle connessioni Otg.

Comunque, ecco a voi il testo presentato:

Tratto da: “Lo spirito della fantascienza” di Roberto Bolano

«Non credo che siano i video la droga dei nordamericani, anche se non ho ben capito se lei si riferisse ai videogiochi o al fatto di girarsi i film da sé. Ma posso assicurarle che sta guadagnando terreno un nuovo hobby: i giochi di guerra. Il ventaglio è molto ampio ma in sostanza le categorie sono due. I giochi da tavolo che consistono in una mappa esagonata con pedine di cartone. E i giochi di guerra dal vivo o da finesettimana, simili a quelli che facevamo noi da bambini, solo che adesso i gringo che ci giocano pagano cifre così grosse da renderli un affare. Nei primi, cioè quelli dove il campo di battaglia è una mappa esagonata, il giocatore ha il ruolo di Stato Maggiore, benché ci siano anche i giochi tattici (i precedenti sono detti strategici) come la serie degli Squad Leader dove ogni pedina (e ce ne sono più di mille) rappresenta circa dieci uomini. Di solito questi giochi durano più di cinque ore ma ce ne sono alcuni la cui durata raggiunge le venti o le trenta ore di gioco.

L'origine, credo, è nel Kriegsspiel tedesco, la grande mappa strategica dove nel secolo scorso si giocavano le guerre prima di iniziarle, o negli scacchi, un gioco di guerra astratto. La seconda tipologia vede il giocatore nei panni del soldato, come se si trattasse di un'opera teatrale. Il gioco consiste nel dedicare un giorno o un finesettimana alle pratiche militari. Si insegna a maneggiare ogni tipo di arma, si assiste a conferenze di veterani del Vietnam, si fanno combattimenti simulati, ci sono addirittura associazioni che organizzano per gli aderenti lanci col paracadute. Le simulazioni, in entrambe le tipologie, danno prova di un rigore storico esemplare: i combattimenti simulati non avvengono in un vago limbo ma in luoghi ben precisi, sia del passato, sia di un futuro prevedibile o auspicabile: Vietnam, Iran, Libia, Cuba, Colombia, Salvador, Nicaragua, perfino il Messico sono fra gli scenari di queste scaramucce. Dato significativo: più di un combattimento si svolge negli stessi Stati Uniti, dove il nemico è impersonato da un'ipotetica guerriglia nera o chicana. Le campagne, nei giochi da tavolo, sono tratte per lo più dalla seconda guerra mondiale, anche se si trovano anche guerre di un futuro non lontano, dalla Sesta Flotta che spara a qualunque essere vivente nel Mediterraneo alla terza guerra mondiale limitata allo scenario europeo, bombe atomiche incluse. La maggior parte però sono della seconda guerra mondiale e hanno un'iconografia e meccanismi d'identificazione decisamente nazisti. Nella pubblicità, per esempio, promettono al futuro giocatore che se gioca bene ed è fortunato l'Operazione Barbarossa sarà un successo, i carri armati di Rommel arriveranno al Cairo e l'offensiva delle Ardenne porterà a un armistizio onorevole. Entrambi gli hobby, quello da tavolo e quello da week-end, hanno più di una rivista al loro servizio e un'infrastruttura concepibile solo negli Stati Uniti. Fra l'altro, la casa che pubblica i giochi da tavolo sta già creando programmi di gioco per i computer. Secondo me, gli affari vanno a gonfie vele».

«Ma chi è che ci gioca?» disse il dottor Carvajal.

«Ah, questa è la cosa più curiosa. Io avrei creduto che alla guerra dal vivo si iscrivessero soltanto assassini frustrati e membri del Ku Klux Klan, ma sembra che piaccia parecchio agli operai specializzati, alle casalinghe, agli yuppie e alla gente che si è stancata di fare jogging. Le guerre da tavolo tendono invece ad attrarre fascisti pigri, appassionati di storia militare, adolescenti timidi e anche scacchisti; si dice che Bobby Fischer stia giocando da più di due anni la battaglia di Gettysburg. Senza avversario, da solo».

Il dottor Carvajal annuì con un sorriso da angelo gelato.

«Il mondo imbocca strade strane» mormorò. «I miniaturisti mi sono sempre sembrati vassalli del diavolo. Per tutta la vita ho pensato che la Malvagità prima di agire provi le sue acrobazie in piccolo. In realtà, confrontati con i feticci dei gringo, le nostre riviste sembrano quello che sono: bestiole ferite».

«Ma vive» intervenne José Arco e poi mi domandò sottovoce: «Da dove hai tirato fuori queste cose?».

Dalle carte che ha Jan, gli dissi.

«Secondo lui, la John Birch Society è una casa di riposo per adorabili vecchietti in confronto alla gente della rivista “Soldier of Fortune”, che sono non soltanto mercenari per vocazione ma i veri ideatori di ciò che è oggi l'happening o la performance imperialista. Lo stesso si può dire di quelli che sostengono i giochi da tavolo. La casa editrice Avalon Hill, per esempio, pubblica una rivista che un giorno o l'altro dovresti sfogliare: “The General”, la Bibbia dei Manstein, Guderian e Kleist da tasca».

«Jan una volta mi ha parlato di Guderian».

Il dottor Carvajal ci guardava come la rupe dei suicidi.

«Jan è un nostro amico» spiegai. «Dice che... i carri armati di Guderian vanno fermati più volte, suppongo nel corso di tutto il secolo, anche se non so cosa c'entri con quello che stiamo dicendo».

«Lirica da macelleria» brontolò il dottore e con un gesto fece capire che non gliene importava un accidente ma che potevamo parlarne tutto il tempo che volevamo.

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