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Librarsi, liberarsi, libri.

evolzione Quello che è considerato il padre dell'eugenetica o del darwinismo sociale, Francis Galton, è scivolato in una semplificazione che con il tempo ha prodotto altri fraintendimenti e dato spazio a teorie socio politiche dissennate e completamente fuorvianti di quella che è la realtà dell'evoluzione.

L'idea che l'evoluzione migliori le specie insieme a quella che l'evoluzione si applica anche all'uomo all'interno del proprio ambiente sociale ha permesso una distorsione enorme del concetto di evoluzione per selezione naturale.

Non solo ha lasciato passare l'idea che possa essere esercitata una evoluzione per selezione sociale, in cui è ritenuto accettabile che nelle società possa essere esercita una pressione selettiva per migliorare l'essere umano, ma ha agganciato a questo concetto l'idea eccessivamente positivista e non vera che con l'evoluzione ci sia un progressivo miglioramento delle specie. In realtà l'evoluzione non ha una finalità progressiva. In natura ci sono casi di “involuzione” per adattamento e di estrema resilienza, condizioni in cui determinate specie tendono a rimanere uguali a se stesse nel tempo mutando poco o quasi niente.

Inoltre nel darwinismo sociale sussiste l'implicazione logica che il miglioramento sia moralmente accettabile e quindi meritevole di essere raggiunto dal punto di vista etico.

In natura non ci sono giudizi etici o morali, gli adattamenti sono sempre in relazione ad un determinato ambiente in cui sono richieste determinate funzioni. E' sempre tutto molto relativo. Non c'è un valore assoluto da raggiungere che indica una progressione verso il meglio. Gli uccelli sono migliori di noi a volere, i pesci a nuotare, gli uomini lo sono nel progettare e costruire, anche se dovremmo trovare un accordo

Il giudizio di valore è sempre un giudizio dato dall'uomo, non esiste di per sé in natura. Era immaginabile, pertanto, che l'eugenetica si prestasse a interpretazioni che hanno permesso di tentare di giustificare azioni morali deprecabili ed avvalorare etiche che non avevano nulla di etico. Un po' come far discendere l'investitura di Re ad una volontà divina. Da un lato si giustifica le azioni compiute dall'altro si scarica la responsabilità in qualcosa o qualcuno esterno. La natura, un dio, l'evoluzione. Il Nazionalsocialismo non poteva che fare ampio utilizzo di questo tipo di espedienti logici e retorici, per giustificare le proprie politiche razziali.

Si prende quello che fa comodo e lo si interpreta come meglio fa comodo per giustificare quello che fa comodo. Una pratica non rara anche nell'utilizzo delle statistiche le quali non di rado vengono presentate per sostenere una visione preconcetta. L'opposto del metodo scientifico.

L'unica indicazione che viene dall'evoluzione è che la diversità è preziosa, perché è il frutto dell'adattamento ad ambienti diversi e perché permette l'adattamento ad ambienti diversi.

Invece l'applicazione del concetto di selezione applicato alle società è semplicemente una scelta che viene fatta sulla base di principi arbitrari. Viene presa una parte del processo che accade in natura decontestualizzata e utilizzata per portare avanti una propria visione, spesso aberrante, illogica e priva di fondamenti. Nemica della diversità, nemica della comprensione.

Al contrario comprensione e diversità, addirittura comprensione della diversità sono i veri messaggi che una conoscenza profonda dell'evoluzione porta con sé.

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PinguiniGli Albatros formano coppie omosessuali femminili. I Cigni Neri formano coppie omosessuali maschili. Ma non solo, in entrambi i casi le coppie omosessuali allevano la prole. I cigni neri possono rubare un uovo o accoppiarsi con una femmina che poi viene esclusa dalla coppia una volta deposto l'uovo. Le coppie femminili di Albatros “sfruttano” le scappatelle di un maschio che compone una coppia eterosessuale. In entrambi i casi sono strategie riproduttive che funzionano nei rispettivi ambienti e contesti di riferimento.

I pinguini hanno un'attività sessuale talmente “variegata” che i resoconti di George Murray Levick sulle loro abitudini furono censurati in età vittoriana. Omosessualità, masturbazione, atti di violenza, necrofilia sembra proprio che non si facciano mancare nulla. In realtà reagiscono “istintivamente” a determinate situazioni e posizioni, cercano di non farsi sfuggire nemmeno una possibilità remota di riproduzione. L'uomo tende ad antropomorfizzare eccessivamente il comportamento degli animali attribuendogli valenze che sono tipiche della proprio specie.

In natura troviamo tutto quello che è possibile trovare se c'è anche un minimo vantaggio di sopravvivenza o riproduzione in un determinato comportamento. Forse provarci con tutti e in tutti i modi conferisce ai pinguini qualche probabilità in più di riprodursi nelle condizioni estreme dell'ambiente in cui vivono. Lasciamo le spiegazioni dettagliate agli scienziati.

“Un giorno stavo guardando una femmina che si trascinava dolente sulla pancia spingendosi con le pinne, mentre le zampe posteriori venivano trascinate inerti. Mi stavo giusto chiedendo se ucciderla o no, quando un maschio, vedendola passare, corse da una collinetta vicino verso di lei e dopo un breve esame deliberatamente copulò con lei, mentre la femmina era ovviamente impossibilitata a resistere” George Murray Levick.

E' opportuno però dire che la natura non ci fornirà una guida pratica per i nostri giudizi morali. Non c'è un breviario a cui rifarsi a meno che non vengano scelti, opportunamente, solo quei comportamenti che ci fanno comodo e che sostengono spesso idee preconcette.

Esistono comportamenti animali che possiamo definire senza scrupoli. Come quello abbastanza diffuso in cui il maschio, una volta spodestato un altro maschio dominante, uccide i cuccioli in modo che le femmine tornino in estro e tramandare i propri geni. Accade in diverse specie ed è stato osservato anche nei gatti.

Quello che accade in natura può essere utilizzato in modo strumentale per giustificare qualunque cosa. E' stato fatto e continua ad essere fatto. E' la via più semplice per portare avanti un ragionamento e bloccare la discussione.

“Siccome accade in natura allora è accettabile, allora è giusto.”

E' un passaggio logico molto rischioso in cui però non pochi indulgono. Spesso per convenienza: è la natura quando fa comodo, non è naturale quando fa comodo.

“Siccome non accade in natura allora è innaturale, allora è ingiusto.”

L'abitudine degli uomini a delegare le proprie responsabilità forse è riconducibile alla strategia evolutiva che cerca di risparmiare energia in ogni situazione. Ma non toglie le castagne dal fuoco.

Ogni forma etica è un richiamo alla responsabilità individuale. Delegare il nostro giudizio a ciò che accade in natura è come delegarlo alle presunte istruzioni di una divinità immaginaria. Può dare l'impressione di alleviare il problema ma non lo risolve.

L'osservazione del mondo fornisce le informazioni necessarie per scegliere, ma la scelta sarà sempre una responsabilità individuale. Dobbiamo fare i conti con noi stessi, senza cercare scusanti.

Le scienze intese come studio e comprensione della realtà che ci circonda non forniscono soluzioni precotte. Nessuno può scaldare al microonde la morale della natura, non funziona così. Però consegnano un modo di pensare e valutare noi stessi e i nostri simili con la maggiore obiettività possibile.

Più sono complete le informazioni che abbiamo sulla realtà che ci circonda e maggiori saranno le probabilità che le nostre scelte siano etiche e svincolate da pregiudizi.

Riferimenti: La vita sessuale degli animali (Lisa Signorile)

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conflitti nel mondo 2022

La questione che riguarda il rapporto tra genetica e cultura è dibattuto e, nel mondo filosofico e scientifico, coesistono opinioni variegate. L'aspetto cruciale riguarda quanto e come questi due aspetti si condizionano a vicenda.

La genetica, intesa come risultato della selezione naturale, condiziona la cultura che è solo una sovrastruttura? La cultura e le tradizioni sono indipendenti e quindi completamente svincolati dalla genetica?

Personalmente non credo che si possa scegliere tra questi due estremi si tratterebbe di una semplificazione eccessiva. Le probabilità sono a favore di una situazione in cui i due aspetti interagiscono e possono influenzarsi a vicenda, ma, attenzione, l'evoluzione è cumulativa pertanto cultura e tradizioni vengono dopo una struttura genetica che può generarli.

Se quindi la domanda, “Come possiamo vivere qui?”, che può permettere di generare meccanismi culturali è legittima, credo sia altrettanto plausibile che le possibili risposte non esulino da un'altra domanda:

Come siamo sopravvissuti fino ad ora qui?

Le risposte a questo secondo quesito non esulano dalla realtà che ha permesso a un determinato gruppo di individui di sopravvivere. Se quindi può esserci un elemento creativo cosciente di comportamenti finalizzati alla sopravvivenza ad alla convivenza nella risposta alla prima domanda. Non mi sento di escluderlo con le dovute cautele. Il secondo quesito conserva una radice conservatrice che rende il mantenimento di abitudini e tradizioni come un fattore percepito come importante per la sopravvivenza degli individui e del gruppo. In questo senso la cultura diviene uno strumento adatto al mantenimento di uno stato preesistente e contribuisce a giudicare gli individui sulla base dell'aderenza del loro comportamento a quello comunemente accettato.

In questo senso può rappresentare una vera e propria barriera al cambiamento e all'integrazione di coloro percepiti come diversi. I due aspetti rappresenterebbero comunque una forza evolutiva, come la definisce Carl Safina. In alcuni casi un ambiente sociale potrebbe esercitare una pressione evolutiva tale da indirizzare l'evoluzione, favorendo alcuni individui rispetto ad altri inducendo addirittura con il tempo un cambiamento biologico. In altri contesti sarebbe una forma di controllo dell'adattamento raggiunto: si passano le informazioni da una generazione all'altra proprio come i geni. Due funzioni che potrebbero agire in due modi antitetici.

Un'azione di barriera, una separazione che sfavorisce l'ibridazione e permette il crescere delle differenze fino alla speciazione. I Ciclidi ne potrebbero rappresentare un esempio. La Famiglia dei Ciclidi comprende circa 1700 specie ed hanno una alta capacità di dare origine a specie diverse. Alessia Colaianni nella recensione del libro di Safina fa una sintesi chiara dell'eventualità:

Questi pesci si prendono a lungo cura della loro prole. Sembrerebbe che, con il tempo e attraverso una forma di apprendimento basato sull'imprinting, gli individui possano arrivare a preferire uno specifico habitat o una particolare colorazione delle squame del partner, tanto da essere indotti ad accoppiamenti preferenziali. Generazione dopo generazione, la differenza tra gruppi, adattati a habitat diversi o selezionati da una differente scelta di colorazione, sarebbe tale da dare vita a nuove specie, anche in assenza di barriere geografiche.

Comportamenti e abitudini apprese potrebbero fungere da elementi divisori che consentono l'aumentare progressivo delle differenze tra due gruppi fino a renderli due specie diverse. Se può accadere nei pesci dovremmo responsabilmente chiederci se modelli culturali diversi nell'uomo possono fare, o hanno fatto altrettanto. La cultura, le tradizioni come un fiume o una montagna, un ostacolo che separa, che allontana invece di unire, e che, se le distanze divengono enormi può portare a una completa incomunicabilità.

Anche senza toccare elementi di “fantaevoluzione” in cui le differenze culturali guidano il cambiamento genetico a tal punto da creare due specie biologicamente differenti se osserviamo la storia dell'umanità la questione etica credo sia più che attuale. E' accaduto in passato che culture diverse siano state inconciliabili e il presente non è molto diverso. I fattori di divisione sono molti e risiedono in comportamenti e visioni anche religiose del mondo che sono intransigenti e che cercano di controllare la vita degli individui, anche quella sessuale, per rendere un gruppo impermeabile ad altre culture.

Divisi dalle divinità, divisi dal colore della pelle, divisi dalla sessualità, divisi dalla morale, dai comportamenti che riteniamo giusti o ingiusti: fine vita, aborto, abitudini sessuali, adozione. L'umanità è difronte ancora a molte divisioni culturali che danno luogo a confronti politici e sociali anche aspri. La violenza è ancora un mezzo per tentare di imporre le proprie verità riguardo a come la vita dovrebbe essere vissuta.

Secondo i dati Acled, che è un progetto di raccolta di dati disaggregati analisi e mappatura delle crisi, nella settimana dal 12 al 18 novembre del 2022 sino registrati nel mondo 2.162 eventi politici violenti; 2557 eventi dimostrativi violenti; 530 battaglie; 984 esplosioni o eventi di violenza a distanza; 502 atti di violenza contro i civili; 146 episodi di violenza di massa; 2425 proteste e 132 manifestazioni violente. Tutto in una sola settimana. In un anno possono esserci fino a 53 settimane.

La guerra in Ucraina non è l'unico conflitto in essere al momento. Nel mondo ci sono almeno 23 conflitti ad alta intensità: Siria, Yemen, Etiopia, Mozambico, Sudan del Sud, Repubblica Democratica del Congo, Mali.

Ancora Acled identifica almeno 10 conflitti che potrebbero peggiorare in tutto il mondo: Etiopia, Yemen, Sael, Nigeria, Afghanistan, Libano, Sudan, Haiti, Colombia, Myanmar.

Le armi continuano ad essere prodotte, gli stati continuano ad armarsi. Se da un lato c'è chi vuole difendere il proprio modo di vivere e agire dall'altro c'è chi vuole imporlo. La rivoluzione disarmista di Carlo Cassola non sembra molto in forma. Tradizioni e culture a confronto, e non di rado sono a scontro.

C'è un modo per cambiare? Una via per invertire questa tendenza? Non so se ci sia una strada sicura, ma un percorso affidabile non può prescindere da una nuova consapevolezza. Cambiare prospettiva per guardarci e rivalutare quello che siamo diventati alla luce dell'evoluzione e di come anche le abitudini i comportamenti appresi, le tradizioni siano degli strumenti per adattarsi, per riuscire a sopravvivere e andare avanti, privi di valenze assolute. Le innumerevoli diversità personali e culturali possono così trovare una radice comune a tutti nel processo evolutivo che le ha prodotte e nelle loro finalità. Da qui può nascere, non solo una comprensione razionale della diversità, ma anche un'empatia verso gli altri, perché sono diversi per le stesse necessità per cui noi siamo diversi.

Con una salda concezione di un'evoluzione che unisce si può tentare di superare ogni barriera.

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mito e disniformazione Notizie false, anti scienza, vecchie concezioni superate che riaffiorano, teorie assurde del complotto, bufale di vario genere. Sembra che l'umanità non riesca ad affrancarsi dal riporre fiducia in concezioni errate.

Ci sono vari motivi che possono spiegare perché gli uomini sembrano in qualche modo predisposti a credere a verità illusorie. Un recente articolo pubblicato su Nature ha analizzato in modo approfondito quali sono i canali psicologici principali che permettono alla disinformazione di fare presa e radicarsi nella mente. In linea generale si tratta di scorciatoie di apprendimento che interagiscono con fattori cognitivi, sociali ed emotivi.

I fattori cognitivi sono principalmente: 1. uso del pensiero intuitivo a scapito di quello analitico; 2. errori di comprensione, i quali portano ad ignorare o dimenticare una fonte; 3. familiarità con le verità illusorie. Certe idee anche se errate sono state sentite più volte; 4. facilità di elaborazione. Un messaggio è errato ma è ricevibile e recuperabile senza sforzo; 5. coesione di un messaggio falso con altre informazioni già presenti nella persona.

I fattori socio emotivi possono essere divisi in tre categorie: 1. informazioni errate ma che fanno leva sulle emozioni per essere recepite e ricordate; 2. Informazioni false ma che provengono da fonti autorevoli o sono esposte in modo attraente; 3. Pregiudizi e personali visioni del mondo.

Lo studio ha evidenziato che la ripetizione del messaggio svolge un ruolo fondamentale, poiché interagisce con quasi tutti i canali psicologici ed emotivi elencati. Un altro aspetto che emerge è la leva sulle emozioni, infatti le persone sono sensibili a come una certa informazione li fa sentire e questo può influenzare l'opinione che si fanno al riguardo alla sua veridicità. Sembrerebbe che siamo più portati e credere alle informazioni rassicuranti, che ci fanno stare bene, piuttosto che a quelle che creano disagio anche se sono vere. Inoltre una falsa verità, una concezione errata, possono persistere nella mente di una persona per molto tempo, nonostante fonti credibili la contraddicano o si siano avute informazioni accurate riguardo alla sua natura.

Sembra abbastanza evidente che tutti questi canali agiscano influenzandosi e rafforzandosi a vicenda. Familiarità, semplicità, emozioni, intuitività e debolezza di elaborazione razionale, fonti autorevoli, pregiudizi personali radicati, ripetitività, familiarità e coesione, se stimolati scientemente, possono sviluppare e mantenere visioni della realtà assolutamente visionarie anche per molto tempo.

Inoltre, a peggiorare la situazione, lo studio evidenzia che esistono delle barriere mentali alla revisione delle informazioni, ovvero la disinformazione può continuare a influenzare le persone anche dopo che queste sono state informate e sono venute a conoscenza della verità. Questo fenomeno è conosciuto come CIE (Continue Influence Effect), in italiano Effetto di Influenza Continua. Questo può avvenire per due ragioni: 1. la correzione logica della concezione errata, il Mito, è avvenuta, ma le due informazioni non vengono correlate tra loro e pertanto la concezione mitologica continua a persistere 2. Il Mito è talmente radicato nell'individuo a causa dell'interazione di tutti i fattori precedenti che la sua influenza continua a rimanere attiva nonostante informazioni corrette e comprese ne inficino la validità.

E' accaduto da sempre, e la storia dell'umanità ne porta molti esempi. Già ai tempi di Pitagora, che la ipotizzò, ed Eratostene di Cirene che ne calcolò la circonferenza, gli uomini erano a conoscenza della sfericità della terra. Aristotele nel De Coelo notò che le costellazioni, viaggiando, non erano fisse nel cielo, condizione che era spiegabile con orizzonti diversi in relazione alla propria posizione. Eppure per molti secoli anche successivi alcuni uomini hanno vissuto, si sono riprodotti, convinti che la terra fosse piatta. Ce ne sono alcuni ancora oggi, per la verità. L'informazione corretta si è imbattuta in tutta una serie di resistenze, religiose, emotive e culturali, con personaggi autorevoli che hanno difeso l'informazione errata, come alcuni teologi cristiani. Diodoro di Tarso ne è un esempio.

Ogni scoperta scientifica in generale ha incontrato delle forti resistenze e la disinformazione è sempre stata nelle condizioni di riemergere ed affermarsi in gruppi di persone. Le vicissitudini di Galileo Galilei, la forte resistenza alla teoria dell'evoluzione di Charles Darwin e all'eliocentrismo di Copernico sono solo gli esempi più noti, ma anche in questo caso l'ignoranza non ha impedito all'umanità di continuare a vivere, riprodursi e tramandare le proprie idee, anche se sbagliate.

Visto come si diffondono le false informazioni e come si radicano nelle persone e di conseguenza nelle comunità è, credo, opportuno prendere in considerazione un altro aspetto per comprendere come si radica la riluttanza alla novità. Dovremmo porci una domanda: un'informazione vera porta necessariamente un vantaggio a chi la riceve e questo vantaggio è immediato, o velocemente percepibile?

La risposta è no, non sempre. Potrebbe sembrare una questione di semplice opportunismo ma l'egoismo muove tante cose e ne ferma altrettante. Il vantaggio concreto personale è uno dei motori della selezione naturale e potrebbe influenzare anche il modo con cui le persone selezionano le notizie, le informazioni e anche le teorie scientifiche.

Qualcosa che funziona a livello scientifico ha maggiori possibilità di affermarsi in quanto il risultato del suo funzionamento fornisce un'evidenza ed una utilità, ma anche in questo caso non sempre certi vantaggi sono apprezzabili come immediati e non di rado c'è bisogno di tempi lunghi e passaggi logici contro intuitivi per vedere i risultati.

Se si considera che ogni consuetudine, concezione o idea che si è affermata ha prodotto dei vantaggi per gli individui che vi hanno aderito (se esiste in qualche modo ha fornito benefici, ha funzionato), indipendentemente dalla sua veridicità, ecco che una verità che la modifica o la cambia deve superare un crivello selettivo non semplice. Se aggiungiamo che l'abitudine personale o sociale è una piacevole culla per l'anima, le difficoltà nell'accettare una verità aumentano. Le verità sono sempre scomode da molti punti di vista.

La valutazione dei vantaggi e degli svantaggi entra in gioco anche quando una disinformazione riesce a soppiantare un'analisi corretta. La percezione anche emotiva di un aiuto o di un privilegio, insieme alla semplicità, può renderla, infatti, immediatamente appetibile facendo passare in secondo piano una realtà complessa, i cui benefici a lungo termine sono invisibili, perché troppo lontani.

Il progresso e la civiltà non sono mai scontati, sono processi che richiedono impegno, lungimiranza, responsabilità, dedizione individuale e consapevolezza. Ognuno deve cercare di fornire a se stesso e agli altri le migliori possibilità per sviluppare le qualità che aprono la strada allo sviluppo della civiltà.

Tutto ciò che ha valore nella società umana dipende dalle opportunità di progredire che vengono accordate ad ogni individuo. Albert Eistein.

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Evoluzione Nel racconto Il sogno di un uomo ridicolo Dostoevskij tocca molti argomenti. Morale, etica, religione, scienza. La fa in modo indiretto, attraverso il racconto del protagonista che viene in contatto con due mondi completamente diversi tra loro. La conoscenza del suo, in cui vive, lo fa sentire ridicolo, talmente ridicolo da divenire sempre più indifferente e percepire la sostanziale indifferenza degli altri, di tutti gli altri. Più studia e più conosce e più si sente ridicolo. Ma sull'orlo del suicidio una bambina smuove la sua indifferenza, verrà trasportato, in modo fantastico, in un altro pianeta dove vivono altri uomini.

In questo secondo mondo, in questo doppione della Terra, gli uomini vivono in completa armonia, istintivamente. Nel modo più naturale possibile e in completa sintonia fra loro e con la natura stessa. Senza egoismo, senza violenza, senza conflitti. Sarà il protagonista a corromperli con un inizio impercettibile di egoismo, individualismo e la menzogna che è mezzo ed effetto degli immediati interessi personali.

Da questo momento in poi l'armonia inizierà a scomparire e quel mondo incantato si trasformerà in un mondo di conflitti dove anche i tentativi di cambiamento porteranno nuovi contrasti.

E' un peccato che Dostoevskij sia stato un contemporaneo di Darwin e che i Bonobo siano stato riconosciuti come specie separata dagli scimpanzé solo nel 1933.

Il fiume Congo è stato, per le due specie, un elemento divisivo quasi paragonabile alla distanza tra due pianeti in due sistemi solari diversi. Le due specie infatti si sono incrociate solo due volte o poco di più in 1.5, 2 milioni di anni.

Scimpanzé e bonobo hanno sviluppato caratteristiche completamente diverse. Più territoriali, possessivi, gerarchici e anche violenti i primi. Comunitari, sociali, relazionali e poco conflittuali i secondi. Due mondi completamente diversi come gli abitanti dei due pianeti del racconto di Dostoevskij.

Gli scimpanzé vivono in una società dominata dai maschi in cui il proprio stato sociale è fondamentale e i comportamenti aggressivi legati al suo mantenimento o alla scalata sociale possono arrivare a esiti anche gravi. Fra i bonobo è in genere una femmina a dominare, e si osservano comportamenti più tolleranti che favoriscono una cooperazione più flessibile e la condivisione del cibo. (Le scienze).

Il racconto dello scrittore russo è indubbiamente affascinante ma risente del suo tempo. Molto è cambiato dopo di lui. L'uomo che nasce in equilibrio verrebbe corrotto dalla sovrastrutture culturali, religiose ed anche scientifiche. Queste ultime, nella migliore delle ipotesi, non sarebbero in grado di ricondurre gli uomini all'antica armonia di vita e di etica, ma sarebbero fonte di ulteriori conflitti.

L'idea dell'uomo che nasce bello, sociale, etico in armonia con i propri simili e che si corromperebbe solo successivamente risente di una visione romantica, nonché di un Eden originario e di un peccato fonte di ogni corruzione. Il tema religioso è palpabile.

In realtà l'uomo non nasce così, almeno non necessariamente. Evolve in base alla condizioni ambientali, le quali favoriscono alcuni comportamenti a scapito di altri e indirizzano il cambiamento, modellano gli atteggiamenti. Bonobo e scimpanzé ne sono un esempio: in un modo gli uni, nel modo opposto gli altri. Le sovrastrutture sono la conseguenza dell'evoluzione biologica: la giustificano, la sorreggono perché ne sono il frutto.

Che tipo di cultura potrebbero tramandare i bonobo? E quale gli scimpanzé? Che tipo di religione? Ogni specie parlerebbe e racconterebbe delle proprie consuetudini, del proprio modo di vivere in gruppo e ogni racconto giustificherebbe tradizioni diverse. La cultura è anche un mezzo per mantenere coesa la società su base comportamentale. Un ambiente che seleziona gli individui in base alle azioni. Tiene sotto controllo la diversità, la stesa diversità che è la fonte primaria del cambiamento e dell'adattamento. Però per ogni gruppo il diverso è un altro.

La ricerca della verità come soluzione, sperare nella scienza come strumento per dirimere i conflitti è la vera unica fonte di soluzioni e non una chimera. Bonobo e Scimpanzé potrebbero, in teoria, trovarsi d'accordo con sicurezza su tutto ciò che è valutabile con il metodo scientifico, tutte le altre questioni sarebbero precarie. La natura è piena di equilibri e contraddizioni, anche ciò che sembra ordinato non è necessariamente etico e morale di per sé. Sono più etici i Bonobo o gli Scimpanzé?

Nemmeno la forza del più famoso precetto religioso può farcela, sembra intuire Dostoevskij, a uniformare i comportamenti di tutti sotto un unico modello:

La cosa più importante è di amare gli altri come se stessi; questo è tutto, non occorre altro: troverai subito come organizzar la vita. E intanto questo non è altro che la vecchia verità che è stata ripetuta e letta milioni di volte, ma egualmente non s’è realizzata nella vita!

E' forse un'illusione? Forse può farlo un Bonobo ma non uno Scimpanzé? Ambiente sociale e ambiente naturale favoriscono alcuni individui i quali divengono la maggioranza, ma la diversità in natura trova spesso il modo di essere presente lo stesso. In evoluzione l'innesco del cambiamento è sempre individuale. L'intuizione di Dostoevskij di un piccolo elemento, un individuo, che sconvolge e trasforma un intero sistema sociale ed etico è preziosa, ma anche pericolosa.

La porta del relativismo è spalancata. Il controllo sociale, che usa cultura e tradizioni per mantenere uno status quo, che non ha niente di speciale, di superiore o di morale anche se di dice morale, è solo una delle tante forme di adattamento evolutivo. Un'ala, un becco, un artiglio, che aumentano le probabilità di sopravvivenza, in questo caso di coloro che sono integrati nel gruppo e che accettano i comportamenti della maggioranza.

Sembra farne le spese anche la ricerca della verità. E' vano ricercarla? E' vano raccontarla? Per l'uomo ridicolo di Dostoevskij sembra proprio di sì. Tra tante verità la verità stessa sembra un'illusione. Anche se esistesse sarebbe inutile raccontarla in un mondo dove ognuno ha la sua verità e la cambia, in modo opportunistico, per avere vantaggi individuali.

L'errore è quello di cercare una soluzione nella verità, così come si cerca una soluzione nella natura o nelle religioni. Come se verità, natura e religioni potessero fornire soluzioni preconfezionate e pronte all'uso.

La verità fornisce solo una descrizione della realtà. L'evoluzione fornisce una visione molto accurata della realtà, così come le altre scienze, ma non indicano nessuna via da percorrere.

Eppure la comprensione, in tutte le sue accezioni, di significato, è l'unica mappa che consente di stabilire una percorso con il fine di formare le proprie scelte etiche individuali. Ed è una mappa condivisa e condivisibile in base alla quale possiamo scegliere percorsi comuni, anche globali. Credo non ci siano altre possibilità.

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democrazie Platone scrisse che la democrazia può essere l'anticamera della dittatura, quando degenera.

Ecco, secondo me, come nascono le dittature. Esse hanno due madri. Una è l’oligarchia quando degenera, per le sue lotte interne, in satrapia. L’altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l’inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nella paralisi. Allora la gente si separa da coloro cui fa la colpa di averla condotta a tale disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza che della dittatura è pronuba e levatrice. Così la democrazia muore: per abuso di se stessa. E prima che nel sangue, nel ridicolo (Paltone, La Repubblica)

Le democrazie muoiono per la loro difficoltà di sostenersi. L'involuzione inizia quando le parole perdono il loro significato e vengono utilizzate per scopi personali, svuotate dei concetti, strumentalizzate. Una perdita di logica, di razionalità, che conduce poi all'annullamento dei valori. La libertà diventa un ideale astratto, metafisico, assoluto; unico fine di ogni individualismo. Uno strumento individuale, una scusa per raggiungere una propria libertà con ogni mezzo, e non più fine sociale condiviso da sostenere. La libertà non è più un valore reciproco ma diventa un'affermazione personale. Corruzione, clientelismo, favoritismi divengono diffusi e, più si diffondo, più si alimentano di un tessuto sociale che si disgrega, prima lentamente e poi con sempre maggiore velocità. Il diritto perde la sua funzione di riferimento legislativo, smantellato pezzo per pezzo in un'intricata e confusa complessità; con il tempo diviene azione di fatto di qualunque autorità abbia forza cogente.

I fini diventano strumenti e gli strumenti, piegati agli interessi individuali, vengono utilizzati per giustificare surrettiziamente il falso. Tutto si fa per conquistare il potere e per affermarlo sugli altri chiamandolo libertà. Rimane solo la possibilità di cercare di imporre se stessi agli altri, sgomitare, farsi largo, come in natura, nella giungla. La libertà dell'indifferenza, la libertà di essere ignoranti, la libertà dell'aridità dell'anima. Ma sono vere libertà? Fin qui viene piagato e avvilito il concetto di libertà in una democrazia morente.

Un vortice in cui tutto si confonde e perde la propria natura, in cui a volte gli strumenti diventano fini. Ogni riferimento viene perduto, l'orizzonte è confuso, la razionalità perduta; rimangono solo l'inconoscibilità e il mistero.

Prendiamo il caso del dubitare come funzione conoscitiva. In una democrazia decadente viene lentamente trasformato in fine: il dubbio diventa un valore in sé, permettendo di vanificare ogni forma di conoscenza. La discussione diviene anche fine a se stessa e non mezzo di risoluzione dei problemi della cosa pubblica (res publica). In questo modo si paralizza una democrazia. Impedendo l'acquisizione di conoscenza si elimina ogni possibilità di risolvere i problemi. Le società divengono una massa di individui isolati che si lamentano.

La distorsione del meme del dubbio e la sua diffusione con l'interpretazione alterata è uno dei sintomi di una società che percorre la strada della dissoluzione del proprio tessuto. Qual'è la funzione del dubbio? Quella di sottoporre una teoria, un'idea, una soluzione a valutazioni sempre più approfondite al fine di stabilirne l'efficacia o la fattibilità. Cercare di stabilire la verità. Non è quella di dubitare sempre di tutto come se lo stesso dubbio fosse l'obiettivo. Il dubbio non è conoscenza ha un valore solo come strumento finalizzato al sapere.

Un altro elemento che segue un percorso simile è la discussione, anche in questo caso considerarla come un valore fine a se stesso è la paralisi delle decisioni democratiche. I parlamenti discutono ma non legiferano o lo fanno molto lentamente in completa asincronia con il mutare della società reale. Confrontarsi è un modo per approfondire e compiere scelte equilibrate su una base reale dei problemi. Discutere con il fine di discutere, concertare tanto per concertare porta all'immobilismo delle istituzioni. Il sarcasmo nei confronti della democrazia inizia a farsi strada nelle persone, le quali non si rendono conto che non è la democrazia il problema, ma il logorarsi delle capacità razionali degli individui che ne fanno parte.

Questi due Leviatani schiacciano la democrazia fino a la renderla una scatola vuota e ridicola. Predispongono la mente degli individui al desiderio dell'uomo forte che decide, che risolve, perché gli stessi individui non hanno più gli strumenti per comprendere e scegliere. la tirannia è servita. Il tiranno è pronto.

Quando tutto è vero e niente è vero, quando ogni idea, anche la più assurda è accettabile e percorribile, dalle teorie di QAnon alla terra piatta, fino ai movimenti antiscientifici, anti vaccinali, anche l'ingiustizia della tirannia è riabilitata. L'oblio della razionalità è pervasivo.

Le democrazie posano le loro fondamenta nella formazione degli individui, un processo lento e faticoso che è semplice minare alla radice. E' sufficiente non investire nella scuola.

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migrazioni Dove sia nata la vita su questo pianeta di preciso non lo sappiamo, ma sappiamo dove si è sviluppata con una diversità tale da dare origine a una complessa differenziazione di specie. Acqua, sole, energia sufficiente, calore. Una volta nata, la vita si è sempre spostata. Gli esseri viventi hanno sempre migrato, perché, anche per un essere unicellulare, muoversi significa aumentare le proprie possibilità di sopravvivenza e riproduzione. La vita ha iniziato quasi subito a muoversi e poi a muoversi sempre di più, e meglio. Aerei, treni, automobili. Muoversi è la radice della vita. Qualcuno vuole migrare su Marte? Tornare sulla Luna? Che ambizione primordiale! Anche le meduse si muovono. Spostarsi per cercare opportunità: cibo, un lavoro, un compagno o una compagna, dei figli, un futuro di vita. La luce per fare la fotosintesi. Vale anche per i primi esseri viventi asessuati, il sesso è solo un motivo in più per muoversi. La migrazione è talmente connaturata negli esseri viventi che questi si spostano prendendosi il rischio di arrivare in luoghi inospitali alla vita. Sembra che il gioco valga sempre la candela e poi anche al Polo Nord e in Antartide si può trovare comunque il modo di passare quella notte gelida di sei mesi, in fondo lì la concorrenza è minore.

L'Africa è un bel posto da cui partire. Sono partiti tutti dall'Africa. I viaggi della vita complessa nascono da lì. Le prime migrazioni degli uomini sono iniziate circa 120.000 anni fa, ne sono seguite altre, più consistenti, degli uomini moderni tra gli 80.000 e i 60.000 anni fa. Muoversi per mangiare e fare una copia di se stessi. Prima verso l'Asia, Papa Nuova Guinea e Australia. In Europa attraverso il corridoio del Danubio. Poi dall'Asia verso il Nord America a giù fino al Sud America. “Sì viaggiare. Con un ritmo fluente di vita nel cuore”.

L'ostinata difesa di un territorio è solo un modo di vivere ciò che siamo senza rendersi conto del tutto di ciò che siamo. Difendiamo un territorio dai migranti solo perché la nostra migrazione è avvenuta prima, talmente prima che nelle aree temperate e boreali la pelle si è schiarita per adattamento biologico alle ore di luce durante l'anno. Niente di divino! Soprattutto non c'è niente di etico nell'essere arrivati prima. Migrare e preservare sono attitudini connaturate in noi per evoluzione, ma nell'indole di chi vuole controllare il proprio territorio a tutti i costi c'è l'oblio di coloro che hanno rischiato per raggiungerlo, di chi ha migrato per raggiungerlo: i nostri antenati. Ignorare questa realtà significa negare una parte di se stessi. Far finta che la vita sia un'altra cosa da quello che è realmente.

Siamo tutti migranti africani.

Le grandi migrazioni

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Credo ci siano dei libri la cui lettura sia in grado di cambiare per sempre la nostra vita. Nel mio caso non è stato uno solo, ma più di uno. Tutti avevano in comune il fatto di essere libri scientifici o di divulgazione scientifica. Avevo 13 anni quando sul comodino appoggiai “L'origine delle specie”. Da allora i libri sull'evoluzione hanno cambiato il mio modo di pensare e, di conseguenza, la mia vita, perché se si pensa in modo diverso si vive in modo diverso. Dopo Charles Darwin è arrivato Richard Dawkins: da “L'orologiaio cieco” a “Il gene egoista” la comprensione profonda dell'evoluzione ha cambiato anche la mia socialità.

Vedo anche l'arte in modo diverso: sono stanco delle iconografie delle Madonne con il bambino. Per troppo tempo la creazione artistica è rimasta legata alla religione e non solo in occidente. C'è bisogno di artisti che rappresentino la scienza, che vivano la creazione artistica in simbiosi con le conoscenze reali dell'universo.

I cambiamenti non sono stati sempre piacevoli. In molti casi la disillusione è stata la direttrice primaria del nuovo modo di pensare. Disillusione nei confronti delle persone, dei comportamenti degli altri. Sempre visti con l'occhio razionale e implacabile di chi ha una visione chiara e diversa.

Ma sono riuscito comunque a costruire una nuova etica personale, un nuovo mondo di essere sociali, di stare insieme. Il disincanto è stato un modo per evitare l'ingenuità e mettere alle corde la malizia e la furbizia di molti.

Ne è uscito un saggio: “L'etica di Charles Darwin. Scelte individuali ed etiche globali”. E' nato un modo diverso di vedere uno dei mie sport preferiti: il tennis. E subito dopo un romanzo. Tutti senza editore tradizionale. La mia implacabile e asettica visione mi impedisce ormai di perdere tempo a cercarli.

All'inizio sembrava tutto molto arido, ma la vera aridità è vivere nell'illusione di qualcosa che non esiste. Nessuna pianta cresce senza il terreno fertile della verità.

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L'intenzione è quella di raccogliere idee e progetti della creatività che mi è rimasta in questo luogo libero da sguardi indiscreti. La struttura essenziale è la migliore per concentrarsi sulla scrittura e l'elaborazione dei testi. Avevo un blog, aperto nel 2007, abbastanza visitato che ho chiuso, perché la corsa agli armamenti dello scrivere per aumentare i visitatori aveva fatalmente abbassato la qualità dei lavori. Un artista deve imparare a distaccarsi dalla sua arte, per me che non lo sono è stato più facile. Soprattutto la libertà creativa non può coesistere con l'obiettivo di essere apprezzata, di divenire popolare. Il processo viene completamente snaturato. L'arte è fine a se stessa. La popolarità, il successo sono una conseguenza indiretta. Con il tempo vorrei anche riprendere quelli che ritengo i migliori articoli che scrissi anni fa. Ricontrollarli e renderli reperibili qui su noblogo. L'età avanza e il passato è una buona stampella per una creatività che zoppica. Apprezzo anche il silenzio. Con questi programmi minimali non partono le ventole del computer.

Perché libra. Librarsi, liberarsi, libri, da leggere e da scrivere.

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