La pioggia, le persone e il lunedì

Ultimamente piove spesso. Una seccatura, direte voi. Io invece non ho mai disprezzato il brutto tempo; ricordo che da piccolo, quando mi portavano in montagna, restavo ore sul terrazzo a guardare la pioggia. Forse perché ero l’unico giovanotto in mezzo ad un paese di vecchi, o perché sotto sotto la sensazione di pace e la tranquillità che ne ricavavo mi piaceva. Data la situazione climatica attuale poi, più piove meglio è. Ma sto divagando.

Il vero problema è che domani è lunedì. Perdonate il Garfieldismo, ma il lunedì è il giorno della settimana che più detesto, perché si ricomincia a lavorare.

Al di là dell’abominevole opinione che ho del lavoro (che non sarà trattata qui, altrimenti staremmo qua tutto il giorno), la cosa più seccante del lavoro è avere a che fare con gli altri. Principalmente perché con le altre persone non so mai come comportarmi. Sono passato dal provare a tutti i costi ad essere simpatico a tutti quando ero giovane (con scarsissimo successo, come prevedibile) a preferire la pace e tranquillità di casa; guardare la pioggia è una cosa che ancora faccio, peraltro con enorme soddisfazione.

Ho ormai raggiunto un’età per cui cercare la pace e la tranquillità della solitudine è socialmente accettabile, e devo dire che vivo molto meglio: non sono mai riuscito a reggere per molto la pressione dell’interazione sociale, soprattutto se il mio interlocutore non ha alcun interesse comune. Sarà normale e comprensibile, o magari strano e ridicolo, ma non mi sono mai veramente sentito bene me stesso finché non ho smesso di provare a diventare amico di tutti.

Il punto dello sproloquio odierno è questo: le persone sono un po’ come le gocce di pioggia. Ci cadono attorno e sono intriganti, quasi rilassanti se osservate da una prospettiva esterna o da un luogo sicuro: lo sono decisamente meno se ne sei in mezzo, poco importa se quelle che effettivamente ti colpiscono sono solo una piccolissima parte del totale.