Quando crollano gli idoli
Pare che nella vita sia abbastanza comune smettere di vedere i nostri genitori come esseri perfetti e iniziare a percepirli per come sono realmente, in tutta la loro fragile umanità. Si tratta di un passaggio molto importante per la crescita personale, ma sicuramente non molto gradevole. Infatti la domanda più immediata che viene da porsi in quel caso è: “e adesso che si fa?”
Nel mio caso, questa scoperta è avvenuta allo stesso tempo troppo presto e troppo tardi.
Mi spiego: ho avuto la fortuna di nascere e crescere in una famiglia i cui genitori si odiavano e si bistrattavano. Mia madre è una donna di 70 anni che non ascolta una parola di quello che dici, ma ha una precisa idea di te e ci tiene molto a fartelo sapere (per poi atteggiarsi a vittima sacrificale quando l'interlocutore, inevitabilmente, s'incazza); mio padre è un uomo di 80 anni, con la mente elastica come un cubo di granito e un sapiente amalgama di depressione e crisi di mezza età che va avanti più o meno dal 2000.
La vostra mente è riuscita a costruire lo scenario distopico-infernale che può generarsi da un mix così letale? Fatto? Bene.
Niente aiuta a demistificare la figura del genitore come essere costantemente chiamato a fare da confidente dai tuoi stessi genitori. Niente è più distruttivo come dover ascoltare i propri genitori mentre raccontano a te quello che dovrebbero invece dirsi a vicenda. Ricordo che durante la maggior parte di quelle conversazioni a senso unico nella mia mente si faceva strada un pensiero: ma non dovrei essere io il più piccolo?. Questo almeno nel primo periodo, prima che diventasse una cosa normale. Ovviamente non lo era ma, lo sappiamo, è possibile abituarsi ad ogni cosa.
La seconda e ultima disillusione è arrivata abbastanza di recente. E qui devo fare una premessa.
Venendo da una famiglia veneto-friulana, ho passato la maggior parte della mia vita immerso in una retorica pro-berlusconiana, pro-padana e spiccatamente anti-“comunista” (le virgolette non sono messe a caso). Come risultato ho trascorso la mia adolescenza in un panorama e con frequentazioni prettamente di destra, perché quelli erano gli ideali dei miei genitori e, in quanto tali, sicuramente erano quelli giusti. Loro sono adulti, sono la mia mamma e il mio papà, sapranno quello di cui stanno parlando, giusto?
Sbagliato.
Sono uscito da quell'ambiente quando ho iniziato a frequentare l'università, e di conseguenza ho conosciuto persone provenienti da ogni parte dell'Italia e del mondo, di diverse culture, ideologie politiche e anche orientamenti sessuali. Una relazione sentimentale che avevo intrecciato all'epoca è stata poi strumentale per questa mia trasformazione (anche se deleteria per molti altri aspetti).
Quando sono uscito dalla sfera di influenza della mia famiglia, ho acceso il cervello e ho iniziato a ragionare autonomamente. Ho capito che della storia e della politica del mio paese non sapevo un cazzo e ho deciso di studiare, perché volevo sapere se la visione del mondo dei miei genitori fosse giusta.
Ora posso dire che no, non lo era e non lo è. Ora ho formato la mia visione del mondo, e l'unica cosa che l'infanzia mi ha lasciato è la sensazione di essere stato ingannato, certo non intenzionalmente, ma il fatto rimane. Mi lascia basito pensare che due adulti per niente stupidi né ignoranti che hanno instillato in me moltissimi valori positivi e senza i quali sicuramente non sarei diventato la persona che sono ora, sono diventati vecchi evasori, razzisti, bigotti e capitalisti.
Fa sinceramente male. Certo, è utile: adesso che sono padre (e tra poco lo sarò di nuovo), non so ancora chi sono veramente, ma almeno so chi voglio essere.
Questa era lunga, scusatemi. Se c'è qualcuno lì nel vuoto, grazie per l'attenzione.