DI ANTICOMUNISMO, SINISTRE DI DESTRA E ALTRO

(dal blog Un Tour du Laos)

protesteanticoloniali La ribellione del villaggio Napaken contro i colonialisti francesi (Museo provinciale di Savannakhet)

C'è un tema importante che ho riscoperto arrivando a Savannakhet, quello delle memorie dei conflitti. Vivo in una cittadina, Luang Prabang, che ha una storia filomonarchica abbastanza delineata. La figura del Re ancora oggi serve ad alcuni per ricordare un passato migliore del presente. E' soprattutto un baluardo anticomunista oltre che un'istituzione potenziata dalla colonia francese per facilitare il controllo locale. Tra i racconti preferiti dai turisti che non vedono l'ora di scoprire qualche segreto laotiano ci sono, ad esempio, le storie degli autisti del re finiti in campi di rieducazione e probabilmente morti lì. L'aristocrazia della città si è invece rifugiata all'estero, negli USA e in Francia, soprattutto. Alcuni di loro sono ritornati nella terra degli ancestri per cercare radici spesso nascoste da un hotel o da un centro massaggi o da un ristorante. Non esiste però un racconto scritto o per immagini della guerra civile in città. Si possono ascoltare storie ma il superamento del trauma bellico a Luang Prabang è stato trainato dall'industra turistica ed ha prodotto un radicale spostamento della critica rivoluzionaria allo sfruttamento coloniale, al suprematismo bianco o all'ingerenza di entità economiche sovranazionali, verso una meticolosa revisione indigenista della storia locale per fini commerciali e recentemente anche anticinesi.

Savannakhet sorge invece in una storia contesa a partire da un tentativo mai completato di cancellazione delle reminiscenze militari della città. Come accennavo nel messaggio su telegram di ieri, la città tutta fa parte di un grande rimosso, di una guerra segreta combattuta su vasta scala, di cui si sa molto poco ma che fornisce spunti per comprendere altre guerre, combattute su altre geografie forse con strategie militari assimilabili. Da un punto di vista sociologico, l'elemento più interessante che ho trovato riguarda gli spazi del divertimento militare, ma sarebbe meglio dire paramilitare, così profondamente legati alla ricerca dell'oblio e del non riconoscimento dell'Altro. Le accoglienti fumerie di oppio e di eroina, i prostiboli appartati, le strade strette e le poche finestre verso “fuori” degli edifici creano dei luoghi perfetti per l'intimo e personale superamento della soggettività. Qui l'annullamento avveniva con discrezione e permetteva facilmente di spingersi fino alle estreme conseguenze più distruttive, da quelle del sè come il suicidio o la perdita di ragione, a quelle dell'altro da sè, come lo stupro, la pedofilia e altro ancora. Questa possibilità di perdersi era per così dire facilitata proprio dalla non esistenza di Savannakhet e della base militare americana non lontana. Ogni epistola o racconto ufficiale disponibili negano oppure omettono questo “dettaglio” producendo un senso di impunità storica dell'impero.

cinemaamericano Cinema Americano

Vorrei allora raccontare come questa non esistenza e questo perdersi sono stati reinterpretati attraverso le testimonianze architettoniche di due cinema. Il primo, qui sopra, era il cinema “americano”. Costruito alla fine degli anni '50 in stile post art-decò (secondo un esperto locale), era utlizzato dai soldati in licenza per diversificare il loro divertimento. Dopo la guerra è rimasto inutilizzato fino a un anno fa quando è partito un progetto di restauro che gli ha dato nuova vita attraverso una caffetteria, un ristorante vietnamita e un negozio di fotografia e di abbigliamento fashion. È servita una lunga opera di convincimento dei quadri locali del Partito per riaprire al pubblico un ex cinema che molti consideravano un'icona da cancellare del passato colonialista. Al suo posto, per eliminare anche la memoria di svago associata alle ore di proiezione di film stranieri, negli anni '80 fu costruito un altro cinema, questa volta con architettura sovietica, voluto dal consulente russo del Partito che si trasferì a Savannakhet alla fine della guerra. Si trova a soli due isolati da quello americano e in qualche modo voleva ribadire la rovina del vecchio e la vittoria del nuovo.

cinemarusso Cinema Russo

A Luang Prabang non ci sono cinema (c'è un teatro che non ha mai avuto funzione di cinema). Nella capitale del Laos, Vientiane, è stato aperto un multisala ipermoderno dentro un centro commerciale pochi anni fa in cui si proiettano film borghesi tailandesi e alcuni blockbuster holliwoodiani. In una cittadina nel Laos centrale, di non più di 100.000 abitanti ci sono invece ben due cinema d'essai, di cui uno, quello russo, prima che si fondesse il proiettore, anche funzionante. Il ritrovare questi cimeli di una guerra non raccontata, insieme ad un piccolo museo che si azzarda a mostrare le immagini di una guerriglia contadina armata di braccia e baionette contro gli aerei americani, mostrano un Laos completamente assente in una città con tendenze filo-monarchiche come Luang Prabang, o rivolta al capitale come Vientiane. Fuori dai mondi del turismo educati se non dall'anticomunismo, certamente dalla sua sconfitta storica avvenuta nel 1989, si riscoprono genti nei margini, orgogliose di un cinema sovietico e di un ex cinema americano ora adibito alla cucina vietnamita e alla degustazione di caffè locali.

E' proprio a partire da questa consapevolezza che in città si articola, a mio parere, un movimento urbano che sta ricostruendo il passato oltre “l'invenzione delle tradizioni” ma in bilico tra un discorso “comunista inattuale” e il bisogno di connettività col resto del mondo “social”. Per due generazioni i temi che riguardavano la guerra civile sono stati trattati con estrema difficoltà, sia per i traumi personali che si erano vissuti, sia perchè si temeva di raccontare visto che non tutta la guerra era terminata. Lo scontro sucessivo all'uscita degli americani riguardò infatti regolamenti di conti molto locali, tra fascismo ed antifascismo e molteplici gradazioni riscontrabili in aree più remote dove la partecipazione alla guerra seguì soprattutto reti familistiche e appartenenze di clan piuttosto che vere e proprie ideologie e visioni del mondo. Tutto ciò ha prodotto una relazione profondamente paronoide con la vita pubblica che le nuove generazioni stanno provando a mettere in discussione. Per farlo, riutilizzano e contaminano di idee globali spazi chiusi da tempo in modo da trattenerli prima che li scopra il capitale. Simultaneamente la città si sposta e mentre il cinema russo col suo proiettore fuso e le sue scomode sedie di legno attende una modernizzazione da multisala, il vecchio cinema americano si rifà il trucco e diventa incubatore di imprenditoria giovanile e delle leggi del mercato. Qui spiccano nuove eroine del femminismo neoliberale o capitalista del ristorante “non vegetarian friendly” dell'ex-cinema.