Dinamite nel mare

Quando calava la sera, ci avvicinavamo alla finestra a scrutare il buio oltre il quale sapevamo esserci il mare. Boom… Ogni esplosione era seguita da un gorgogliare d’acqua, lontano.

Il pescivendolo del paese era un uomo stortillato dall'artrite e dalle ore trascorse a tirare le reti. La camicia sempre aperta lasciava intravedere il petto, glabro. La capigliatura ispida e argentea ne esaltava gli occhi azzurri, ancora giovanili. Arrivava in paese ogni giorno, guidando un furgoncino bianco stracolmo di pesci di ogni tipo. «Pesce fresco! Pesce! Pesce! Pesce fresco!». Urlava agitando in aria la mano a cui mancavano tre dita.

Boom… E ancora un gorgogliare d’acqua lontano.

«Dinamite», diceva mia madre, e noi bambini immaginavamo migliaia di pesci affiorare nel buio. 

Accadeva nelle notti di luna nuova, quando nessun riflesso sull’acqua poteva svelarne la posizione. I pescatori di frodo uscivano a luci spente, navigando nell’ombra per non farsi beccare.

Per chi non è un marinaio, la costa di notte è un’indefinito coacervo di luci tra le quali, di tanto in tanto, si distingue il lampeggiare di un faro. Ma i pescatori di frodo sapevano decifrare ciascuno di quei bagliori, senza esitare. Le luci della stazione, il bar sulla spiaggia, la strada che porta in paese. E quando il campanile della chiesa e l’insegna “Ristorante Rotonda” formavano un angolo di trenta gradi… Ecco, quello era il punto esatto dove piazzare i candelotti di dinamite.

Boom… E poi il suono dell’acqua che si agitava sotto il colpo dell’esplosione. Il mare si trasformava in un grande campo di battaglia senza fazioni opposte a scontrarsi, senza nemici. Ma qualche volta, per imprudenza o imperizia, i pescatori nel buio ci lasciavano la vita, chi era più fortunato una mano, o soltanto tre dita.

«Boom!» gridava ridendo il pescivendolo del paese. «Pesce fresco! Pesce! Pesce! Pesce fresco!».

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PF