La gente del porto

La prima volta che arrivi, il porto è come un bar in cui non sei mai entrato. Gli avventori abituali ti guardano di traverso, come si fa con un ospite che nessuno ha invitato. Poi basta un cenno, un saluto; basta tornare una, due, tre, quattro volte. Una parola, anche una a caso, ed ecco che tutti ti parlano senza pretendere che tu faccia altrettanto. Perché di cosa hanno bisogno i frequentatori di un bar, se non di qualcuno che ascolti le loro storie? Così anche i marinai in un porto.

Quando ormai sei diventato uno di loro, li riconosci e loro ti riconoscono. «Ciao Natalino!», dici, salutando con un cenno del capo, come si usa tra la gente del porto. «Da quanto tempo non si vede Martino?» «E Maruzzella? Mi avevano detto che aveva qualche problema». Maruzzella è la barca, naturalmente. Al porto è come una seconda moglie di cui la prima spesso è gelosa, proprio come lo sarebbe di un’amante in carne e ossa. Ricordo il livore di mia madre quando, dopo pranzo, mio padre usciva di soppiatto per andarsene al porto. «Cosa andrà a farci oggi, con il mare in tempesta?» si chiedeva, guardandolo indispettita. Ma conosceva già la risposta: andava a trovare la sua “seconda famiglia”.

Al porto, queste seconde famiglie s’incontrano, si raccontano della loro giornata; e non ci sono soltanto coppie ma anche bizzarri triangoli amorosi. C’è la “vera moglie”, innamorata della barca anche lei. Ci sono le imbarcazioni a noleggio, la cui esistenza è scandita da sfruttamenti fugaci e abbandoni. Le si paga, le si usa per il proprio piacere, per andare a pesca o a fare una gita.

Quando diventi uno del porto, la gente ti confida segreti che non racconterebbe a nessuno. Ma sono sempre i segreti di qualcun altro. Così vieni a sapere che Mario, il custode, prima di fare questo lavoro, trafficava in armi. Che Antonia e Luigi hanno tre figli ma si mormora che lui non sia il padre di uno di loro. Maurizio, quello che prende il largo di notte e che tutti invidiano quando torna carico di sogliole e triglie, non è benedetto dal Signore ma pesca illegalmente, con le bombe, e parte delle sue tante cassette di pesce finiranno sulla tavola di qualche ufficiale corrotto della Guardia Costiera.

Ascolti anche storie che fanno sorridere, o che ti toccano il cuore. Andrea e Mariassunta sognavano un figlio avvocato. Si è laureato, si, ma oggi fa il salumiere. È felice così, e lo sono anche loro. Mario e Michele sono eterni rivali. Non confrontano mai apertamente il loro pescato per non litigare, ma sbirciano l’uno nella barca dell’altro. Si avvicinano con una scusa, magari per attaccare una canna di gomma al rubinetto dell’acqua, e se uno dei due fa un sorriso sornione, sai già chi ha avuto la giornata più fortunata. Poi c’è Ahmed, che prima di venire qui a fare l’ormeggiatore, voleva sbarcare a Malta ma non l’hanno voluto. È arrivato per mare, senza un passaporto, come tanti che un passaporto non ce l’hanno mai avuto. E c’è il signor Ernesto, che ormai non ha più la barca, ma in mare ci ha trascorso una vita. Ha lavorato sui mercantili, al Pireo, a Barcellona a Genova, a Tangeri, nei mari dell’Asia, e per lui i pirati non sono storie da raccontare ma momenti da dimenticare.

Per la gente comune, le barche che si vedono in mare sono tutte uguali. Ma per la gente del porto, quella laggiù è la Squaletto II, con Romualdo a pesca di tonni. Nessuno osa avvicinarsi alla sua zona, almeno finché lui è nei dintorni. Quell’altro è Santuccio che arriva lì, spegne il motore, accende la radio e si lascia cullare. E poi c’è Tonino, da cui tutti stanno lontani, perché si dice che vada al largo a prendere il sole come soltanto sua madre l’ha visto. Ci sono anche quelli che in mare proprio non ci vanno. Sistemano la barca ogni giorno, come fossero pronti a partire per un lunghissimo viaggio, ma non si sono mai mossi da lì. E poi ci sono quelli di passaggio. Alcuni ritornano più volte. Li si riconosce e li si saluta come vecchi amici. Altri si fermano soltanto per una notte, raccontano una storia, poi spiegano le vele e si allontanano per non rivedersi mai più.

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PF