Il sentiero esiste

🇲🇦 Marocco, Alto Atlas

Guardo la mappa e nella gola c'è un sentiero, confermato dalle immagini satellitari tranne per 700 m in linea d'aria. L'alternativa? 20 km di strada e 400 m di dislivello in più. Neanche a dirlo, sempre avanti!

Il fiume ha scavato una gola tra le montagne e accanto un canale in pietra porta l'acqua ai campi. Se non fosse per il fiume invece di piantagioni di mele ci sarebbero solo rocce e terra, un deserto semi arido. Mentre contemplo la natura assorto nei miei pensieri un giovane mi raggiunge e mi guarda sorridendo

“non riesci a passare più avanti con quella bici!”

Memore di tutte le volte nelle medine che mi dicevano erroneamente “è chiusa” o “non si passa”, non mi fido molto e con un sorriso calmo ribatto

“Sei sicuro?”

“Oui Oui, vieni così vedi!”

Giro l'angolo e il sentiero si inerpica per una decina di metri accanto a un canale, il terreno è abbastanza compatto e c'è spazio giusto giusto per la bici che imperterrito inizio a spingere a mano con convinzione. Il sorriso di Moucì si allarga, la voglia di non arrendermi deve avermi fatto prendere in simpatia, prende la bici per il manubrio da davanti e sollevandolo mi aiuta facendo passare la ruota tra i sassi più grossi così da non rischiare di farla ruzzolare giù. Belli contenti ci guardiamo un attimo, sempre avanti!

I pochi metri pianeggianti svaniscono su delle rocce, qui si fa un po più serio; smonto le borse posteriori e sollevo la bici, senza dire niente Moucì se le carica in modo da evitarmi il doppio viaggio, e fatto! Riattacco le borse e spingo, Moucì ogni tanto si volta sorridendo e io ricambio, finché si ferma e mi indica delle rocce. Riconosco un primo grado, quello più facile nella scala alpinistica dove occorre usare le mani solo per aiutarsi a mantenere l'equilibrio, ma ora ho una bici carica appresso. Il mio compagno non ci pensa su molto

“togli le borse, le porto io”

Piano piano, tenendo la bici per il tubo obliquo in modo da distendere il braccio e non affaticarlo, appoggiando solo la ruota davanti o tutta la bici sulle rocce per riposare dove mi è permesso, la marcia continua.

Una roccia vicino la parete forma una stretta fessura in discesa, dove Moucì si è infilato e dal basso mi fa cenno di passargli la bici per poi scendere, ma lo spazio è veramente troppo poco la bicicletta lì dentro non potrà mai passare; l'anfratto inoltre non gli darebbe margini di manovra per farla scendere una volta presa. Che si fa? Guardo a valle, due metri mi separano da una cengia misera ma sicura, oltre di lei non è ripidissimo ma se cadiamo io o la bici, non ci fermerebbe più nessuno; per arrivarci una roccia liscia molto inclinata verso valle porta a facili appoggi, ecco perché il socio ha fatto la fessura, lì non si corre il rischio di scivolare. Però a differenza sua ho un asso nella manica, le suola delle scarpe che indosso hanno la stessa mescola delle scarpette d'arrampicata e la parte corrispondente al metatarso è completamente piatta, senza tasselli, per favorire una maggior tenuta ai pedali flat. Quello che fino a ora è stato uno svantaggio durante tutti i miei tratti a piedi finalmente è fonte di sicurezza, senza pensarci calo il piede e sposto il baricentro su di esso proseguendo in equilibrio quei pochi passi necessari ad abbassarmi per poter appoggiare la mano sinistra sulla roccia che forma il canale e dà lì scendere in cengia dove riprende il sentiero.

Mentre riprendo fiato dico al mio nuovo amico

“avevi ragione, pikala la” (bicicletta no)

Divertito sorride, recupera la sua bici da un angolo e sfrecciamo in discesa!

Credo che per un po' avrà da raccontare una nuova storia ai suoi compagni del villaggio...

sai Mohammed, c'era un folle che voleva farsi la gola con una bici piena di borse! C'ho provato a dirgli che non era possibile ma niente, non voleva tornare indietro, doveva vedere con i suoi occhi. Arrivato lì, non contento, testa alta e avanti. Tutta l'abbiamo fatta, Inshallah!

Shukran Moucì

© Luca Mina Plaito

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