Mi sembra virale La viralità si riferisce alla rapida e ampia diffusione di contenuti online, attraverso il passaparola digitale. Proprio come un virus che si propaga da una persona all’altra, un contenuto virale viene condiviso da un utente a un altro, moltiplicandosi esponenzialmente in un breve lasso di tempo. Questo processo può trasformare un semplice post su un social network, un video, un meme, o persino un articolo di blog in un fenomeno globale, raggiungendo milioni di persone in tutto il mondo. La viralità ha un impatto enorme, sia per i creatori di contenuti che per le aziende. Per chi produce contenuti, diventare virali significa ottenere una visibilità che sarebbe altrimenti difficile da raggiungere. La viralità può trasformare un individuo sconosciuto in una celebrità di internet da un giorno all’altro. Per le aziende, la viralità può tradursi in un notevole incremento di vendite, brand awareness, e engagement del pubblico. Tuttavia, c’è un rovescio della medaglia. La viralità è imprevedibile e può sfuggire al controllo, diffondendo non solo contenuti positivi ma anche negativi. Le fake news, ad esempio, possono diventare virali, influenzando l’opinione pubblica in modi dannosi. Inoltre, il ciclo di vita di un contenuto virale è spesso breve, il che rende difficile mantenere l’attenzione del pubblico a lungo termine. Negli ultimi anni, la rete è diventata una fucina di contenuti virali. Dai video divertenti ai meme, fino alle fake news e alle tendenze del momento, sembra che tutto ciò che vediamo online sia progettato per diventare virale. Ma la domanda che dovremmo porci è: perché non ci accorgiamo di questo fenomeno? Perché abbiamo le “fette di salame sugli occhi” e non riconosciamo immediatamente quando siamo vittime di questa viralità? Il primo punto da considerare è che la viralità non è un fenomeno spontaneo, ma una strategia ben studiata. Aziende, influencer e persino individui comuni creano contenuti con l’intento di farli diffondere il più possibile. Spesso, questi contenuti sfruttano le nostre emozioni, i nostri pregiudizi e le nostre inclinazioni naturali a condividere ciò che ci sorprende o ci diverte. Ma se la viralità è così diffusa, perché non siamo più consapevoli del suo impatto? La risposta risiede nella nostra abitudine a consumare passivamente i contenuti. Siamo così bombardati da informazioni e stimoli che, nella fretta di restare aggiornati, ci limitiamo a scrollare e condividere senza riflettere su cosa stiamo realmente guardando. La metafora delle “fette di salame sugli occhi” rappresenta perfettamente il nostro atteggiamento verso i contenuti virali. Siamo così abituati alla loro presenza che spesso non ci fermiamo a chiederci se ciò che stiamo vedendo è autentico, rilevante o addirittura veritiero. È come se ci fossimo assuefatti a questa cultura della viralità, al punto da non percepire più la manipolazione sottostante. Questo è particolarmente pericoloso quando si tratta di informazioni false o distorte, che possono diffondersi rapidamente e avere conseguenze reali. Tuttavia, anche i contenuti apparentemente innocui possono contribuire a creare una visione distorta della realtà, amplificando tendenze superficiali e promuovendo una cultura del “mordi e fuggi” digitale. Per “togliere le fette di salame dagli occhi”, è fondamentale sviluppare un approccio più critico e consapevole alla fruizione dei contenuti online. Questo significa fermarsi a riflettere su ciò che vediamo, chiedendoci chi ha creato quel contenuto e con quale scopo. Inoltre, è importante diversificare le nostre fonti di informazione e non accontentarsi di ciò che è più facile da trovare o più popolare. Infine, dobbiamo essere consapevoli del nostro ruolo nella diffusione dei contenuti. Ogni volta che condividiamo qualcosa, contribuiamo alla sua viralità. Per questo, è essenziale assumersi la responsabilità delle proprie azioni online e cercare di promuovere un ambiente digitale più sano e informato.

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