Antigone
—— [ITALIAN // English below] ——
Geoff Mann e Joel Wainwright si cimentano in una rilettura in chiave moderna del Leviatano di Thomas Hobbes. La loro interpretazione è che per contrastare la crisi climatica, l'evento globale che definirà il secolo corrente (e speriamo solo questo), gli stati nazionali dovranno abdicare alcuni dei propri diritti in favore di uno o più organi internazionali. Questi si faranno carico dell'autorità di imporre provvedimenti draconici (che nessun governo è disposta ad attuare per evitare di perdere consenso e voti) per arrestare le emissioni. Senza tali misure, le nazioni non riusciranno mai a farlo per conto loro.
Questa attualizzazione del pensiero hobbesiano è certamente cruciale nel panorama contemporaneo, eppure sento che le idee che la crisi climatica (ri)mette in discussione siano ancora più profonde. Ancora più primeve rispetto alla filosofia anglosassone del Settecento.
Facciamo quindi un passo indietro, molto indietro. Torniamo ad Antigone, la protagonista anzitempo romantica che si trova costretta fra due scelte sbagliate: da un lato, seppellire il fratello Polinice (ucciso in duello da Creonte), come era usanza nell'Antica Grecia per garantire ai defunti la vita nell'Aldilà. Dall'altro, obbedire alle leggi del Re Creonte, che le proibiscono tale atto (pena la lapidazione). Antigone è al bivio tra “leggi degli Dei” e “leggi degli umani”, ma entrambe la puniranno, qualsiasi sia la sua scelta.
Noi oggi siamo Antigone.
Siamo davanti ad una scelta complessa e dolorosa: seguire le “leggi degli umani”, l'erosione della collettività e della condivisione nel nome del consumo e del decoro, le imposizioni del consenso neoliberale e la glorificazione del profitto, con tutte le emissioni che ne derivano. Oppure attenersi alle “leggi degli Dei”, il rispetto degli ecosistemi e delle altre specie, delle altre culture e della vita comune, ma rinunciare al nostro stile di vita agiato.
E contemporaneamente non siamo Antigone: l'eroina tragica ha la possibilità di scegliere, e rifiuta l'autorità di Creonte (che in questa lettura è l'analogo del capitale fossile) con passione e determinazione, mettendo le “leggi degli Dei” sopra ogni cosa. Noi, d'altro canto, siamo privati di questa possibilità, siamo quasi solo spettatori, esclusi dai processi politici e decisionali necessari per compiere davvero questa scelta.
Creonte è in quest'ottica anche il leviatano hobbesiano, tiranno di Tebe che prova a sovrascrivere e delegittimare le “leggi degli Dei” cercando di sostituirle con le “leggi degli umani”, senza però chiedere né agli uni né agli altri. Un ente disconnesso dalla comunità, che si appropria del potere politico in modo illegittimo e cerca di usurpare perfino quello divino. Ma le leggi del mercato non potranno mai sopraffare quelle del nostro ecosistema.
La tragedia sofoclea termina con Creonte che viene infine persuaso a perdonare Antigone, ma la trova già impiccatasi per sfuggire alla sofferenza della lapidazione. Dopotutto, non vale la pena vivere per una morte lenta e sanguinosa.
Saremo più forti di Antigone?
—— [ENGLISH] ——
Mann & Wainwright attempt a modern reinterpretation of Hobbes' Leviathan. In their opinion, to face the climate crisis (the event that will define the current century, and hopefully only that one), nation states will have to delegate some of their rights to one or more international institutions that will take up the authority of imposing strict demands on climate to curb emissions. Without such institutions, nations would never agree to do it on their own, since no government would impose restrictions without losing consensus and votes.
This modernization of hobbesian thought is definitely crucial in today's times, yet I feel that the climate crisis makes us (re-)question even deeper ideas. Even more primeval than Seventeenth Century English philosophy.
Let's jump further back. Back to Antigone, the unawarely romantic heroine that finds herself forced between two wrong choices. On one side, bury her brother Polynice (killed by Creon in a duel), as the Ancient Greeks used to, in order to grant an afterlife to the deceased. On the other, abide by King Creon's laws, forbidding such an act after defeating Polynice in a duel. Lapidation is the punishment. Antigone needs to choose between “divine laws” and “human laws”, but both are going to get her punished in their own ways.
Today, we're Antigone.
We're in front of a complex and painful choice: follow “human laws”, the erosion of communities and collectivity in the name of consumerism and social order, the imposition of neoliberal consensus and the glorification of profit, with all the emissions and dangers those entail. Or pay respect to “divine laws”, respect the ecosystems and other species, cultures and common life, but turn down our contemporary lifestyle of comfort.
And at the same time, we're also NOT Antigone. The tragic heroine has the chance of choosing, and she refuses Creon's authority (who in this analogy is the fossil capital) with passion and determination, putting “divine laws” above everything else. We, on the other hand, are deprived of this choice. We're almost bystanders, expelled from the political and decisional processes (most often by design) to really make this choice.
Creon is also the hobbesian Leviathan, Thebe's tyrant that tries to overwrite and delegitimize the “divine laws” with “human laws”, without ever consulting either. A being that's disconnected from its community, that seizes political powers illegitimately and aims to breach even the divine ones. But the markets' laws can never overwrite an ecosystems'.
The Sophoclean tragedy ends with Creon eventually persuaded to forgive Antigone, but he finds she hanged herself to escape the suffering of lapidation. A slow, bleeding death is not worth living for.
Will we be stronger than Antigone?
- Andrea “Clockwork” Barresi