L'italia Abbandonata (?)

La settimana prossima andremo a votare in una delle elezioni contemporaneamente più importanti e meno impattanti degli ultimi anni.

Un passo alla volta però; “andremo a votare” cosa significa?

Io e molti altri miei coetanei di fatto non potremo votare: tra chi è all'estero e chi è fuori sede per studi o lavoro avrà negata questa possibilità. Il numero di italiani all'estero è passato da circa 3 milioni nel 2006 (il doppio della Sardegna) a 5.5 milioni nel 2020 (l'equivalente del Lazio, o dell'intera Finlandia). Un numero simile sono gli studenti fuori sede, soprattutto chi ha lasciato i paesi del sud per studiare a Torino, Milano, Bologna.

La nostra generazione ha già votato con i piedi. Ci siamo lasciati l'Italia alle spalle, se non moralmente almeno fisicamente.

E prima che puntiate il dito contro il nostro “abbandono”: lo avete fatto anche voi, pur non muovendovi di casa. Alle ultime elezioni politiche il 30% non ha votato; fino al 55% degli italiani ha ignorato le elezioni amministrative e regionali.

Anche voi avete abbandonato l'Italia.

O forse, è stata l'Italia ad abbandonare noi?

Forse sono stati trent'anni di berlusconismo, populismi inconcludenti e governi tecnici mai neutri, a farci perdere fiducia nel voto? Forse sono stati trent'anni di politiche destinate sempre agli anziani e mai ai giovani ad aver fatto fuggire una generazione? E forse la generazione che non è fuggita è stata completamente alienata dalla manipolazione mediatica che Mediaset ha inaugurato, il “panem et circensem” che in chiave moderna diventa “TG5 e Paperissima”.

Forse sono stati trent'anni di tagli alla scuola, all'educazione e alla cultura, di pressioni estreme da parte di genitori e società a non intraprendere studi letterari perché “non si trova lavoro”, a farci scivolare lentamente verso una nuova minaccia fascista? Perché, qualsiasi sia la vostra opinione sugli attuali partiti di destra, La Russa che dichiara che “siamo tutti eredi del D*ce” e la Pausini che si rifiuta di cantare Bella Ciao, almeno il timore dovrebbe venire a tutti. E i nostri nonni, che nel dopoguerra hanno lasciato più testimonianze possibili per evitare che ripetessimo questo errore, cosa penserebbero? Che li abbiamo abbandonati al passato, noncuranti del futuro. Chi non studia la storia è destinato a ripeterla.

Certo, andate a votare se potete, non è mai troppo tardi e non è mai inutile.

Ma non è neanche sufficiente.

Fascismo o non fascismo, dobbiamo ripensare il nostro rapporto con uno stato che lentamente ci sta privando di diritti che i nostri nonni hanno lottato per conquistare, dalla scuola alla sanità, dall'acqua all'informazione, lasciandoci a noi stessi mentre la crisi climatica si avvicina.

Lo sanno già gli abitanti dell'Aquila, di Amatrice, di Ancona e di tutti gli altri paesi che sono stati colpiti da catastrofi, a cui lo stato ha voltato le spalle. Lo sanno già i paesi del sud, sempre più vuoti e aridi, la manifestazione dell'abbandono prima politico e poi, per necessità, degli abitanti stessi. Votare, da un lato o dall'altro, non cambierà queste dinamiche che proseguono ininterrotte da trent'anni.

Dobbiamo ripensare il nostro rapporto con i nostri compaesani e concittadini, perché quando l'emergenza non sarà lontana dagli occhi ma nei nostri paesi, lo stato non sarà presente.

“Immaginare il meglio, prepararsi al peggio”, diceva Gramsci; a distanza di cento anni, le sue parole sono ancora più pesanti.