Perché sono ottimista?

Il 2021 non è stato un anno facile. Tra l'ansia climatica di quest'estate, le ripetute quarantene, la crescente disillusione nella rappresentazione politica nazionale (sia italiana che europea che polacca, abitando a Varsavia) e un lutto inaspettato in famiglia, i momenti in cui il pessimismo ha avuto la meglio sono stati tanti. Eppure, nonostante le premesse inizio il 2022 con straripante ottimismo. Come mai?

La risposta fondamentale è semplice: perché ne ho bisogno.

Specialmente in ambito climatico (ma anche politico a conti fatti), non solo essere pessimisti, disfattisti o rassegnati non porta nessun miglioramento tangibile (né per me né per chi ha le mie stesse idee), ma è anche esattamente lo scenario ideale nell'immaginario dei titani fossili e dei loro rappresentanti politici. E' la base del modello “democratico” neoliberista: isolare gli avversari e lasciare che scivolino nell'impotenza e nell'apatia, senza possibilità di collaborare e organizzarsi.

Non ho intenzione di cedere terreno.

E' vero, forse arrivo “tardi” al fronte di un sacco di battaglie: cinquant'anni in ritardo per le cause dei lavoratori, vent'anni dopo che la globalizzazione ha inquinato e monopolizzato la rete e dieci anni dopo i tempi utili per la lotta climatica. Eppure in un certo senso sono anche consapevole di essere arrivato al momento perfetto: tutte queste battaglie sono ancora assolutamente attuali, nel 2022 come nel 1982, 2002 o 2012, per le quali vale la pena mettersi in gioco, non importa quando o come.

Contemporaneamente, come iniziai due anni fa, continuo a leggere e imparare, ma mi rendo conto che ora ho anche bisogno di fare. Se prima il mio obiettivo era solo “capire il mondo attuale per essere un cittadino più consapevole”, ora mi sto muovendo verso un obiettivo diverso: “anticipare la crisi e preparare gli strumenti per prevenirla o affrontarla”. Essere un cittadino consapevole assume che le autorità siano a loro volta consapevoli; quando questo non è vero, non servono cittadini ma soluzionari: rivoluzionari che propongono soluzioni.

Non posso dire ora se sarò all'altezza di questi compiti (certamente non lo sarò da solo), ma certamente la possibilità di avere le risposte alle domande degli anni che ci attendono è per me un pensiero carico di speranza. So che intorno a me già varie persone stanno maturando le mie stesse consapevolezze e so che molti altri inizieranno un percorso simile nei prossimi anni. Questo aggiunge altre speranze di collaborazione e cooperazione, dopo un lungo periodo di paradossale solitudine collettiva dovuto alla pandemia.

Concludo correggendomi: non è vero che sono ottimista perché ne ho bisogno. Lo sono perché ne abbiamo bisogno.