Lettera aperta a mio figlio sul bullismo

Cucciolo, evidentemente tu non cresci solo perché io ti do da mangiare. Per farti crescere, un'intera comunità si sta dando da fare. Ci siamo noi genitori, naturalmente. Il tuo maestro e la tua maestra a scuola. Le tue nonne. I capi scout. Perfino l'allenatore di calcio. La chiamiamo 'comunità educante'. La comunità vuole che ciascuno cresca libero di essere se stesso e, sperabilmente, di fare anche la sua parte per dare una mano. Anche i bimbi un po' più grandi fanno parte di questa comunità. Da loro ci aspettiamo che imparino dai più grandi e diano una mano ai piccoli. Anche tu, quando stai col tuo cuginetto, lui impara da te. In quel momento, tu sei parte della sua comunità educante. A volte, questo meccanismo si inceppa. Può succedere, in contesti in cui convivono bimbi o ragazzi più grandi e bimbi o ragazzi più piccoli, che i grandi NON si comportino bene con i piccoli. Per esempio, si divertono a prenderli in giro perché non riescono a far le cose come loro. O si mettono in gruppo per fare dispetti ad altri bimbi, più piccoli o più deboli, o più isolati. Questa cosa non la vivi solo tu. E' una cosa che periodicamente ritorna, una specie di condanna, generazione dopo generazione. Abbiamo dato un nome a questa cosa. La chiamiamo 'bullismo'. Bullo è qualcuno che si compiace di far soffrire un altro, godendo proprio del potere che ha nel far sentire male un altro bimbo. Verosimilmente, bullo è qualcuno che a sua volta ha sofferto per mano di qualcuno più grande, e scioccamente, facendo il bullo anche lui, crede di essere più forte. Solo che è un'idiozia, lo vedi anche tu. Perché così un bullo si sente obbligato a fare il bullo, altrimenti pensa che diventerà una vittima. Non è più libero di essere sé. Diventa un piccolo schiavo. Non puoi essere da solo a combattere questa cosa. Per mille motivi. Prima di tutto perché tu sei alto, forte, ma ci sono bimbi piccini, fragili, che soffrono moltissimo di queste cose. Non debbono essere lasciati soli. Poi perché, come ti dicevo, questa cosa del bullismo è una specie di catena, di schiavitù. E deve intervenire la comunità educante, perché non dobbiamo solo impedire che i piccoli subiscano, ma dobbiamo anche liberare i grandi da questa catena. Se no, continuerete tutti ad essere o vittime o carnefici. Invece noi vogliamo che siate liberi di essere voi stessi. Federico, Giovanni, Ambra, Ettore. Federico adora giocare a calcio, Giovanni adora fare l'uncinetto, Ambra ama i kart ed Ettore ama studiare. Ciascuno è parte indispensabile della comunità. Perciò, è importante che tu racconti. Racconti ai genitori, ai maestri, agli educatori, ai capi. Non stai raccontando per richiedere la punizione dei colpevoli, racconti e basta. Dai voce alle cose. Lo sai che a volte, per cambiare le cose, basta chiamarle con il loro nome? Il nome è una cosa potente, a volte fa dei piccoli miracoli. Per esempio, immaginiamo che Gino nasconda l'astuccio di Margherita. Lui sa che lei sarà spaventata all'idea che la sua mamma si arrabbi perché l'ha perso. Gino, naturalmente, asserisce di non saperne niente, ma nel frattempo ridacchia. Margherita soffre, o piange, sia per l'ansia di quello che ha perso, sia perché si sente presa in giro. Ecco allora che anche tu, piccolo, puoi fare qualche cosa. Non andare, petto in fuori, a dire a Gino 'Ehi tu, pezzo di coniglio, fai uscire subito l'astuccio della bambina'. No. Verosimilmente con quest'approccio si arriva alle mani. Si continua la catena. No. Puoi però chiamare la cosa col suo nome: 'A me questa cosa non fa ridere per niente. Non ho idea di dove sia l'astuccio, ma chiunque l'abbia preso ha rubato. Io non ci vedo niente di divertente'. Sembra banale, vero? Ma è una frase potente. Hai chiamato il furto con il suo nome. E ti sei chiamato fuori dal gruppo di quelli che ridono. Se tu non dici nulla, altri ti metteranno in bocca delle parole. Ma se parli, non avranno più questo potere. Vedi, i bulli giustificano se stessi usando sempre le stesse scuse, da decenni a questa parte. Per esempio: ' Ma è stato divertente, ridevano tutti! Non so che problema abbia Margherita, ma era l'unica che non rideva. ' Così, non lo possono dire più, ti pare? Un'altra scusa è : ' Che vuoi che sia, uno scherzo da niente'. Solo che gli scherzi, per essere belli, devono far ridere tutti, soprattutto chi li subisce. Se no, sono scherzi brutti. Poi c'è un sempreverde: ' Hai capito proprio male, io non avevo certo quell'intenzione '. Le parole sono l'arma più potente. Raccontare i fatti così come sono, senza pregiudizi, possibilmente senza aggressività. Condividere. Rendere noto a tutti.