Quando l'arte incontra l'arte

L’Arte è la massima espressione dell’intelletto e della creatività umana: riesce a trasmettere concetti e sensazioni universali, pur essendo profondamente segnata dall’unicità individuale dell’artista. Esalta l’anima dell’artefice tanto quanto quella del fruitore, amplificando la propria qualità ed eccezionalità in modo significativo. Il concetto artistico è spesso nobilitato dal proprio tormento e sofferenza, che ne costituiscono l’autenticità più profonda, manifestata come pura emozione. Dolore e passione sono le fonti d’ispirazione più comuni, sebbene ogni artista le declini in modo personale, irripetibile, a volte contraddittorio. Tutto ciò che abbiamo ereditato nei secoli e nei millenni ha radici profonde, radici umane che, nonostante il tempo sia smisurato, saranno sempre valide ed attuali. Si tratta di condizioni scolpite nell’animo di ognuno di noi, portate alla luce da chi crea, da chi compone.

Nella maggior parte dei casi, il primo passo verso la realizzazione di un’opera degna di essere ricordata è proprio il liberarsi di quello stato d’animo controverso e incoerente che spaventa e intimorisce. Per chiarire il concetto, l’artista, è forse l’unica privilegiata persona che Pirandello non avrebbe ricoperto di maschere inutili, ridicole e ipocrite. Una volta liberato, l’artista deve unire alla propria anima, debole e indifesa, la bellezza artistica, l’unicità dell’eccellenza espressiva, creando un connubio eccezionale, comprensibile solo da chi si impegna davvero per coglierlo. Solo così nasce qualcosa di eterno e profondo, personale tanto quanto universale, affascinante e indimenticabile.

L’Artista non deve limitarsi a eseguire, studiare o copiare. Il suo compito più nobile, singolare e importante è cercare la chiave che risolva tutti i quesiti senza risposta, pur non possedendo né la chiave né le risposte, ispirandosi a ciò che è inspiegabile e irrisolvibile, valorizzando l’essenza dell’anima umana, che persiste nella ricerca e non nel traguardo.

Paul Gauguin la cercò, e lo dimostrò nella celebre opera “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”. L’Artista sa che potrebbe non essere mai compreso, o esserlo troppo tardi. Sa che forse nemmeno lui riuscirà mai a comprendersi appieno. Ma è proprio l’impegno verso l’indagine emotiva, ideale, utopica o politica a rendere l’opera unica.

Il soggetto preso in considerazione, sia esso l’opera o il suo autore, diventa degno di essere condiviso, vantandosi quindi di essere fonte di ispirazione per chi vuole soffermarsi davvero, e non limitarsi a osservare superficialmente ciò che è esposto. Da quel momento ipotetico, l’Arte diventa eterna.

Secondo alcuni, l’Arte esiste prima ancora di essere ideata: l’Artista deve solo scoprire il canale giusto per farla nascere e vivere, strumentalizzando i propri sentimenti e le proprie emozioni, per poi indirizzarli al soggetto, quasi sempre ispirato da ciò che l’Artista conosce meglio di ogni altra cosa: se stesso.

Così Michelangelo Buonarroti, influenzato dalla filosofia neoplatonica, sosteneva che l’anima della scultura esistesse già nel blocco di marmo: lo scultore si limitava al nobile compito di liberarla, per darle vita e renderla eterna. Questo è il concetto di forma nel contenuto.

L’Arte sopravvive a tutto: millenni infiniti, interminabili guerre, catastrofi, malattie, regimi e ignoranza. È lo specchio di ogni società, il riflesso di ogni passaggio storico, umano ed artificiale. Racchiude in sé la complessità dell’essere universale e le sue peculiarità, abbattendo le barriere dello spazio e del tempo, ovunque ci si trovi nel mondo. Cessa di esistere solo per il singolo individuo, sorpassandolo concettualmente.

Ogni capolavoro diventa un simbolo. Ogni simbolo, nel tempo, diventa più di ciò che era al momento della creazione. Ma senza una folla di seguaci appassionati che crede in ciò che vede e sente, il simbolo perde valore, perde significato.

L’Arte odierna, che a mio avviso si limita a sopravvivere nella nostra contemporaneità, è una strumentalizzazione ignorante ed egoista di ciò che un tempo era eterno e universale, capace di nobilitare l’animo umano. Spesso è diventata solo un mezzo che permette di soddisfare desideri di denaro e notorietà, arricchendosi e costruendo una fama effimera. Un effetto collaterale ancor più dannoso si riflette sulla massa: il cattivo gusto si diffonde, rincoglionendo le menti e canalizzandole verso l’apparenza e l’abitudine, privandole della profondità e condannandole a una pigrizia artistica e a una curiosità misera per ciò che è diverso e sconosciuto. La mancanza di un’estetica collettiva è pericolosa quanto l’ignoranza e la cattiveria.

Prendendo atto di questo, ho coniato (in modo scherzoso, ma non troppo) un termine che accomuni questi pseudo-artisti e imprenditori del vuoto, distinguendoli dai veri geni creativi del passato e raramente del presente: “ARTESISMO”. Il significato è molto semplice, gli Artesisti sono tutti quegli pseudo-imprenditori conformisti che, per emanciparsi e arricchirsi, sfruttano l’Arte come mezzo, per poi minimizzarla non appena hanno ottenuto la notorietà.

Oggi la vera cultura è derisa, sminuita, il valore concettuale e artistico è stato sostituito dal banale, dal facile, dal veloce. La merda è spacciata per oro, l’oro ha perso il suo significato. L’Arte è diventata aperta a tutti. Tutti possono definirsi artisti, ma la maggior parte ha come unica legittimità solo la personale convinzione di esserlo.

Il ruolo del pensatore, in un’epoca superficiale, fittizia e frenetica come la nostra, dovrebbe essere ancora più valorizzato: per riuscire a far collimare l’individuo con il pensiero personale e collettivo, facendo da legante tra il bello e il pragmatico. Il suo grande obiettivo: confermare l’estetica passata e superata, creando le basi per un’estetica futura valida e competitiva. Musica, Pittura, Scultura, Letteratura e Filosofia creano, in ogni contesto storico, una rete culturale illimitata, nei contenuti e nella loro immortalità, percepita solo da chi si eleva al di sopra della mediocrità collettiva.

L’Arte, come il buon gusto, si comprende soprattutto attraverso l’abitudine al bello e la riflessione sulle emozioni che esalta, questo è il motivo per il quale l’Estetica di Kant, che un tempo si riteneva innata e universale, è oggi messa in grave pericolo da un’epoca opportunista e povera di valori umani.

Se oggi riuscissimo a coltivare questo vacillante, delicato ed indispensabile aspetto, potremmo ancora sperare nella nascita di qualcosa di valido e capace di durare nel tempo. Ma se l’Arte continuerà a essere sostituita da Artesismi e Artesisti, per questioni di vendibilità e profitto, non sapremo più riconoscere e comprendere l’importanza del passato. Perderemo la capacità di comprendere il motivo per cui tanti appassionati vivono con nostalgia il ricordo tangibile di epoche perdute, da preservare e da tramandare di generazione in generazione.

Questo possibile scenario futuro, lo identifico senza alcuna ironia come “morte dell’anima”. La morte dell’anima umana, scambiata per qualcos’altro.