Essere o avere?

Ognuno di noi dovrebbe interrogarsi su un concetto mentale capace di influenzare positivamente, almeno in parte, la propria vita. È un quesito al quale non si può rispondere nell’esatto momento in cui ci si pone la domanda. La crescita evolutiva, la meditazione sul nostro modo di agire, vedere le cose e interpretarle, sono alcuni dei fattori indispensabili per avvicinarsi a un riscontro favorevole. Quando ci interroghiamo, cercando di orientarci verso “l’essere” o “l’avere”, possiamo comprendere molto di noi stessi: la natura dei nostri desideri, le nostre ambizioni, le reazioni che proviamo di fronte a situazioni scomode e sofferte. Questo ci offre la possibilità di conoscerci davvero, capire come viviamo ciò che ci accade, invece di limitarci a subirlo. Come avrete intuito, non mi riferisco a un quesito grammaticale: è un’osservazione su ciò che ci rende unici e speciali rispetto a chiunque altro. Siamo complicati senza sapere il perché.

Riflettiamo sulla considerazione che abbiamo di noi stessi, su come percepiamo il prossimo. Ognuno si atteggia in modo diverso e cerca di essere importante. Vogliamo sentirci diversi in un mondo che non sembra essere molto vario. Reagiamo a stimoli profondi che spesso ci sono oscuri, ma che influenzano concretamente il nostro comportamento. Conoscerli in tutte le loro sfaccettature dovrebbe essere il nostro obiettivo per imparare a conoscerci, smettendo di subirci. Abbiamo bisogno di sentirci gradevoli anche verso chi non conosciamo, per soddisfare lati narcisisti o egocentrici della nostra psiche. Vogliamo piacere, a volte desideriamo persino essere invidiati per ciò che mostriamo. Ogni cosa che facciamo, la facciamo per noi stessi e per l’idea di noi che offriamo agli altri. Tutto ha un secondo fine, spesso alimentato da una scarsa consapevolezza interiore. Questa inconsapevolezza ci allontana dalla padronanza di noi stessi e, di conseguenza, dalla libertà.

Quando sentiamo un bisogno estremo di colmare vuoti sentimentali dovuti a dolorose perdite o insoddisfazioni spropositate, cerchiamo sollievo in un'esagerata necessità di “avere”. Il bene materiale ci illude facendoci sentire meno soli, meno infelici, ci distrae dal dolore. È una cura facile da trovare. Così l’individuo viene indotto, e si abitua, a orientarsi verso l’avere. Avere è facile, se puoi permettertelo.

Se non puoi, ridimensioni i tuoi bisogni verso un “avere” più accessibile. Rivolgersi invece verso “l’essere” significa negare il bisogno di apparire, rifiutare la manifestazione vana e inutile dell’esteriorità, non avere pretese materiali eccessive. È un percorso più complesso: ciò che desideri non si compra, si conquista con lo studio, la riflessione, l’esercizio.

Chi vuole “essere” non ha bisogno di molto, non si rifugia nei propri vizi o accessori. Questo può permettergli di essere veramente felice con sé stesso. Le cose semplici sono le più appaganti. Chi “è” guarisce più facilmente dai traumi, riesce a liberarsi psicologicamente da situazioni complicate, è più forte. La forza del suo spirito è forgiata da armi cognitive, intelligibili, mutevoli come la persona stessa: dinamica, non statica nei propri beni materiali e improduttivi.

Chi non riesce a cambiare nulla di sé, anche quando la vita o i desideri lo impongono, è destinato all’infelicità. Senza una costante riflessione interiore, non può neppure rendersi conto di cosa lo renda così smarrito.

Avere è facile se puoi permettertelo, ma se non puoi, può diventare la tua rovina. Sarai invidioso, infastidito, frustrato, vivendo in un perenne stato di impossibilità, concorrenza e insoddisfazione. Ci sarà sempre qualcuno che ha più di te, quindi ci sarà sempre un senso di competizione. Se non puoi permetterti un Rolex ne compri uno falso, ma se hai bisogno di un Rolex falso per sentirti appagato, questo dice molto su di te. Se non sei schiavo di quell’eccessiva apparenza, l’unica cosa di cui hai bisogno è leggere l’ora. Allora sì, sei libero di essere te stesso, forte, senza il bisogno di oggetti ambiti e costosi. Hai bisogno solo di te stesso. E tu sei una delle poche cose di cui davvero dovresti aver bisogno.

I vestiti firmati servono a mostrare agli altri ciò che non hanno e non si possono permettere. Questo può farti sentire meglio con te stesso, se hai bisogno di essere invidiato. Ma perché ti fa sentire meglio? Perché hai un problema profondo con te stesso, cerchi di colmare un vuoto nocivo, senza conoscerne l’origine né come risolverlo. Provi a sostituire quella mancanza con oggetti costosi: accessori, scarpe, telefoni, occhiali da sole. Ma non bastano mai, continui a comprare bellissime inutilità che non saranno mai così importanti come vorresti. Le scarpe servono solo a camminare, gli occhiali da sole riparano gli occhi dalla luce, non servono ad altro.

Tu sei l’unica cosa che può riuscire a riempire il gravante vuoto interiore, e liberarti dalla schiavitù dello spasmodico bisogno di avere.