Lila (Pirsig) e tanti altri saggi tutti insieme

La prima traccia di Lila è su Mastodon.

Avevo voglia di tornare a “qualcosa che non fosse un saggio” dopo aver letto Tecnica del colpo di stato (Malaparte), finito La forza della ragione (Allende) e aver iniziato Dopo il lavoro. Dovevo poi finire La cucina italiana non esiste.

Dopo aver letto Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta mi era rimasta la voglia di buttarmi su Lila. Ricordo di aver scorso la voce di Wikipedia di Pirsig, aver letto della barca e del fatto che c'era poco altro da leggere. E quindi è arrivato il momento di Lila.

(Ci sono altre cose che non sono romanzi in corso. Salari rubati di Francesca Coin che deve essere restituito assieme a Lila, il libro su FastAPI e poi il già citato Dopo il lavoro).

Ci voleva tornare ai romanzi. Lila è una cosa strana. Da una parte è un saggio filosofico (senza le note, la bibliografia e altre academia needs) sulla Metafisica della Qualità. Però dentro c'è la storia di un viaggio in barca – che Adelphi ha scelto per la copertina – e la storia del rapporto tra Fedro e Lila (che per Adelphi si prende la prima pagina e la copertina, il sottotitolo è solo dentro il libro e non in copertina. Forse Indagine sulla morale avrebbe offuscato la barca e fatto vendere meno copia).

E tra queste storie c'è il fatto che Fedro era il coprotagonista dell'altro libro di Pirsig, in cui già si parlava di Qualità.

La cosa più sconcertante è che il libro sembra scritto dall'autore della parte saggio che però si ritrova di mezzo anche la parte di romanzo e i suoi personaggi. E questi sono trattati come altri elementi di un saggio. Però pure la Qualità diventa un personaggio del romanzo e questo influenza la parte saggio. Non solo perché non ci sono le note.

E la cosa bella è che tutto funziona. Sembra davvero un romanzo e qualcosa che si sviluppa provocando quella sensazione lì e non sembra qualcosa “a tema” (che al momento è il mio ricordo del Mondo di Sofia, però forse la cosa andrebbe verificata). Forse qui Pirsig ha qualcosa da dire e raccontare – giusto, di mezzo ci sono anche l'antropologia e gli indiani d'America – mentre Gardner aveva più un'impostazione tipo “Bimbi, vi racconto un po' di storia della filosofia attraverso una storia”. Gardner ha il name-dropping da fare e un soggetto da raccontare: di manuali di storia della filosofia ce ne sono svariati. Pirsig invece no. Anzi, se c'è qualcosa che potrebbe finire in un manuale di storia della filosofia, viene fuori attraverso il romanzo.