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immagine     L’artista, quello vero, non dovrebbe preoccuparsi d’altro che essere se stesso, di cantare e suonare quel che vuole, in barba alle classifiche, alle mode e, estremizzando, persino al pubblico. Negli ultimi anni, di certo negli ultimi venti anni, la parola artista è stata usata spesso a sproposito, nel campo della musica popolare. Tutti quelli che cantano e registrano musica su dischi o mp3 vengono, indistintamente, chiamati artisti, al di la delle motivazioni che li spingono a cantare, suonare o registrare musica.

E’ artista l’intrattenitore, è artista il cantante, è artista il musicista, che invece andrebbero chiamati con i loro nomi, intrattenitori, musicisti e cantanti, professioni meravigliose, stimabili, essenziali per la nostra vita, e che possono consentire a chi le pratica di trasformarsi in artisti. Artista è il conduttore televisivo, artista è la soubrette che balla seminuda, artista è il rapper che maltratta le donne a parole e nei fatti, artista è il rockettaro ultramiliardario che non concede a nessuno i diritti delle sue canzoni, artista è chiunque va in scena.

No, essere artisti vuol dire qualcosa di più e di meglio. Vuole dire fare musica perché non se ne può fare a meno, perché si morirebbe senza. Vuol dire cantare perché la voce esce dal cuore solo in quel modo e non c’è verso di fare altrimenti. Vuol dire scrivere canzoni o brani musicali perché si ha il cuore e la mente piena di musica, che chiede di uscire, di arrivare su uno strumento musicale.

Non vuol dire vendere, scalare classifiche, fare promozione, pensare al business, che invece era il mestiere dei discografici, dei promoter, dei manager, che svolgevano le loro funzioni lasciando agli artisti una sola responsabilità, quella di fare musica. Il che poteva, per esempio, non portare al successo. La storia della musica è ricca di meravigliosi outsider, che non hanno preso in considerazione mai null’altro che la propria arte.

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Può stare tranquilla Chiara Ferragni, lo scandalo, ammesso che questa sia la più corretta definizione, dell’ingannevole beneficienza dei panettoni Balocco non la danneggerà per almeno due motivi.

Il primo, più prosaico, è che tra quanti comprarono il dolce natalizio griffato, in molti pochi lo avevano fatto per motivi caritatevoli, i più perché volevano un prodotto firmato Ferragni.

Se, infatti, vuoi far del bene non acquisti panettoni che stracostano, ma ne compri di “normali”, o non ne compri affatto, e i soldi che risparmi li dai in beneficienza. Il secondo motivo, invece, riguarda la memoria degli italiani che, eccezion fatta per Pico della Mirandola, non brilla per doti mnemoniche, anzi sembra soffrire di cronica amnesia.

Quel che più fa sorridere è che quanti, Giorgia Meloni e Matteo Salvini in prima fila, oggi additano Chiara Ferragni, i più sono noti per le loro giravolte, per le loro fake news elettorali, per essere disposti a rinnegare qualsiasi cosa per guadagnarsi il consenso del momento.

Ci sarebbe poi da riflettere, e tanto, sull’accanimento di questa nera destra nei confronti dei Ferragnez: evidentemente, Giorgia, Matteo e i camerati loro, non hanno, a sinistra, nemico migliore, altro nemico da abbattere.

Non c’è Giuseppe Conte, non c’è Elly Schlein, non c’è nessuno che faccia così paura, agli attuali governanti, quanto Chiara Ferragni e suo marito Fedez.

Parafrasando Matteo Renzi: «Giorgia esci da questo blog» ché, purtroppo non siamo il Paese dei Balocchi, ma l’Italia delle crescenti miserie e povertà.

Miserie e povertà che non si abbattono con i like, con i follower e neppure con i panettoni griffati Chiara Ferragni.

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C’è un direttore della Rai, tale Paolo Corsini, che è andato alla Festa di Atreju e si è autodefinito militante attivo di Fratelli d’Italia.

Imbarazzante per tanti, ma in maggior misura per la Rai, che, più che scoprire che tra i suoi “imparziali” direttori ha un tifoso organico al partito di governo, scopre di non essersene sino ad ora accorta, di non avere gli anticorpi necessari per accorgersene.

Che è un po’ bizzarro per la radiotelevisione di Stato, quella che gli italiani pagano, scoprirsi testata giornalistica di partito.

Si dirà che in Rai la tessera giusta ha sempre aperto più che una porta e che i direttori, e non solo, hanno avuto spesso padrini politici importanti.

Annotazione che è talmente vera che i più si aspettano che questo “scandaletto” non arriverà neanche a Natale e che, sicuramente, non finirà con le dimissioni di Paolo Corsini.

Mancate dimissioni che, se non saranno imposte, screditeranno ulteriormente la Rai e renderanno ancora più odioso il balzello del canone, giustificato, ad oggi, con quella linfa della democrazia che è la necessaria libera e indipendente informazione.

E, spiace annotarlo, trasmissioni lodevoli, come Report, sono ormai diventate delle foglie di fico troppo piccole per nascondere le palesi vergogne di questo servizio sempre meno pubblico e, non per caso, con sempre meno pubblico.

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Si, si. Le poesie dei grandi poeti, le frasi belle, importanti, quelle memorabili dei grandi scrittori. Tutti le usiamo, tutti le facciamo nostre, qualcuno le fa addirittura sue come le avesse partorite dentro la propria testa ma in certi momenti quelle parole stupende non possano bastare, semplicemente perché non sono nostre.

Poeti e scrittori hanno scritto cose meravigliose pensando a un luogo, a un desiderio proprio, a una persona e se anche i nostri pensieri-desideri sono circoscritti a ciò che pensiamo o immaginiamo, anche questi meritano parole nostre e conta poco che siano parole fortemente straordinarie o cosi sublimi da stordire l’occhio di chi le legge o l’orecchio di chi le ascolta.

Conta che siano sincere, vere, perché le parole, come i gesti, in certi momenti servono, servono davvero.

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