I supermercati tedeschi vendono la carta igienica omeopatica. Pacchi da venti rotoli che pesano meno della tua anima, li metti in bagno, fanno il loro effetto. Ti rassicurano mentre tu sei lì – seduto – con il cellulare in mano che navighi per il mondo e sforzi i tuoi organi interni perché facciano uscire quella poltiglia inumana di cui ormai dopo decenni riconosci l'odore standard, la consistenza giusta e quella preoccupante.
Quando hai finito, comprimi ancora e non c'è più niente da dare, ti giri, prendi la parte finale della carta igienica dei tedeschi, tiri con decisione e quella ruzzola via nell'aria, fa una specie di festone cinese, si sente rumore di petardi lontani millenni, poi tutto si sfarina e scompare in una pioggia di caroselli e coriandoli d'aria.
E tu resti così, sporco, a fissarti la mano vuota, il rotolo appena iniziato e già finito e il cilindro denudato di cartoncino marrone, imbarazzato, infilzato al porta carta igienica come un san Sebastiano neo pop.