Sono andato ieri a vedere la recita teatrale di mia figlia e qua devo fare outing, da padre mi è capitato più volte di iscrivere figli e figlie a corsi di tutti i tipi, canto, bocce, calcio, pallavolo, teatro, arti ginniche in genere, arti marziali, batteria, eccetera e quando poi andavo a vedere le solite recite o saggi di fine anno, ecco, non dico che pensavo di avere buttato via i miei soldi, ma vedevo i miei figli in genere felici fare delle cose su un palco o su un campo da gioco, cose che avevano un vago collegamento con l'arte che avrebbe dovuto coordinarli nella riuscita del saggio stesso.

Levato secondogenito che una volta ad atletica ha iniziato a correre, ha fatto tutto il suo percorso e poi ha continuato a correre uscendo fuori dal centro sportivo e non si è più fermato finché i suoi maestri non sono riusciti a raggiungerlo e placcarlo. Ma perché voleva andarsene, ha spiegato poi.

Tutto questo per dire che ieri sera invece per la prima volta ho visto mia figlia su un palco dopo un anno di corso di teatro che recitava ed è stata un'emozione. Cioè, lei e gli altri ragazzi non stavano facendo i cosplayer degli attori su un palco: erano proprio su un palco e recitavano, gestivano i tempi, calcolavano la loro presenza scenica. Mia figlia era lì sopra ma era come trasformata, c'era e non c'era e chi c'era era qualcosa di diverso e inedito.

Erano piccole scene, raccordate, comiche e loro – i ragazzi – si vedevano che si divertivano, ma stavano anche recitando, indubbiamente. “Quindi questa cosa succede davvero” ho pensato.

Poi oggi sono andato a prenderla, dopo la pizzata della scuola, arrivo un po' in anticipo e guardo se è con le altre ragazzine che chiacchiera, o al parco giochi e non la vedo e poi eccola: nel mezzo del campetto da pallone che sta giocando a calcio con gli altri ragazzi e ragazze della classe.

E penso che deve essere una figata essere mia figlia. Con tutti i problemi eh. Vado da lei, la saluto, lei arriva, sudata, mi frega una centrifuga di verdure e frutta che mi ero comprato, beve tre sorsate, mi dice che in effetti è disgustosa, me la restituisce e poi mi dice che finalmente la scuola è finita. Guarda davanti a sé, poi si gira e mi annuncia che da domani inizia a fare i compiti delle vacanze. “Meglio non aspettare” aggiunge.

Terzogenita non è più terzogenita, certe cose con me non le fa più, cresce. La “scuola di pigrizia” ha chiuso. Adesso non mi confida più di essere un ninja. Non mi traduce più quello che gli animali dicono. Quasi più.

Ieri in moto le ho chiesto, ma senti, è meglio ora alle medie che sei piena di cose da fare, responsabilità, compiti o era meglio alle elementari che eri più tranquilla, giocavi molto di più, eri più coccolata? Lei ci ha pensato per un attimo e poi ha risposto seria, preferisco adesso.

“E cosa ti piace di più di adesso rispetto a prima?” le ho chiesto.

E lei, subito: “la libertà”.