Vado a fare la spesa con secondogenito, lui deve prendere delle cose per il pranzo, io altre per una torta che terzogenita ed Elettra vogliono fare. Posteggio davanti al supermarket. Scendiamo. “Guarda – dico – passo un attimo al bancomat a prendere i soldi per la spesa”.
Secondogenito mi guarda, mi dice no. “No?” “No, ho io i soldi” “Ah. Ma quanti ne hai?”
A questa domanda secondogenito alza la testa, chiude le palpebre in una piccola fessura, con una leggera aria di superiorità e dice “abbastanza”. Sembra uscito da un manga. Me ne sto. “Ok” faccio e entriamo nel supermercato.
Facciamo la spesa.
Alla fine andiamo alla cassa, la cassiera passa tutte le cose agli infrarossi e intanto io e secondogenito mettiamo le cose nel sacchetto della spesa. Lo facciamo sempre con la fretta ansiogena di chi sa che un eventuale ritardo bloccherebbe la catena di montaggio del consumo, infatti dietro di noi c'è già coda. Tutti hanno fretta di pagare.
“Ottantasei euro” dice la commessa e io non alzo nemmeno la testa, continuo a mettere le cose nel sacchetto e dico “secondogenito, tu intanto paga mentre io finisco di mettere via le cose”.
Seguono cinque secondi pieni di silenzio assoluto e poi sento la sua voce: “ma io non li ho mica”.
Alzo la testa, incrocio gli occhi di secondogenito che ora hanno un leggero sguardo panico. “Tu mi hai detto che avevi abbastanza soldi per la spesa!” dico. “Abbastanza fino a quel momento” protesta lui. “Cosa vuoi dire?” “Abbastanza per quando te l'ho detto” “Quanto hai?” “Cinquanta euro” “Non sono abbastanza!” “Erano abbastanza prima che facessimo la spesa!”
La cassiera sembra innervosirsi. Sospiro, tiro fuori il mio portafoglio, ci metto le banconote che ho, chiediamo alla commessa di togliere alcune cose, chiediamo scusa, ormai la coda è infinita dietro di noi, abbiamo bloccato il flusso dinamico del capitalismo.
Usciamo.
Entriamo in auto, io rido. “Abbastanza” ripeto e rido indicandolo. Ripeto tutta la scena: “— quanto hai? — abbastanza” e rido mentre inizio a guidare. Secondogenito protesta e ridacchia. Guido.
Dopo un po' secondogenito, tra sé e sé, dice: “forse non avrei dovuto prendere sedici euro di sacchetti di cacca per il cane”. Inchiodo. “Hai comprato cosa?” “Sedici euro di sacchetti di cacca per il cane. Erano finiti. Ho pensato di farne una scorta in modo da averli sempre pronti” “Sedici euro di sacchetti di cacca per il cane, sono un'enormità, fa prima a morire prima il cane” “Non dirlo nemmeno per scherzo” “Ma poi scusa: se sai che hai un budget di cinquanta euro, ne spendi sedici solo per i sacchetti di cacca per il cane?” e mi metto a ridere ancora. “Spendi il trenta per cento del tuo 'abbastanza' solo per i sacchetti per la cacca del cane?” rido mentre sterzo e lui non dice niente. Sorride. Affina la vista.
Solo, dopo una decina di minuti, aggiunge nel silenzio della macchina: “è più del trenta per cento” e si gira verso di me e mi sorride con uno sguardo incomprensibile.