In materia di decentralizzazione ci sono varie cose da dire. Una di queste è che si tratta di un concetto estremamente generale e applicabile ad una iper-molteplicità di campi, che vanno dalla finanza alla politica, dall'organizzazione alla strategia.

Numerosi sono stati i tentativi di applicare il pensiero creativo alla politica, o più in generale alla gestione del bene comune. Ebbene, tutti, ma proprio tutti questi tentativi non hanno portato a un bel nulla.

La ragione è duplice: da un lato non esiste più un concetto omogeneo di bene comune; dall'altro lato, sono stati applicati modelli che comunque mimavano in scala uno a uno la vecchia politica, ovvero la politica come si è sempre fatta: proposte alla cittadinanza indifferenziata, orientate a indurre il maggior numero possibile di persone a delegare, attraverso le urne, Tizio e Sempronio.

Per quel che mi riguarda, per esempio, il sistema elettorale del consenso non potrà mai essere alla base di una politica d'alternativa. Non potrà mai esserlo perché il consenso è oggi funzione del denaro, delle campagne elettorali, dei maxischermi, nonché di un richiamo al senso comune che non potrà essere mai “alternativo” per sua stessa definizione.

Ma di che si tratta? Ovvero, in che cosa consiste, concretamente, questa organizzazione decentrata?

La risposta a questa ovvia domanda a mio avviso può essere organizzata per gradi, step, stratificazioni successive.