I pitagorici e la sezione aurea
Nel capitolo relativo alla matematica sviluppatasi durante il periodo ionico – dal ~800 a.C. al ~800 d.C. – Boyer1 tratta, principalmente, i contributi che ci sono pervenuti ad opera di Talete e della scuola di matematici detta Scuola Pitagorica.
Di questi ultimi è famoso il Pentagono Stellato, ovvero l’iscrizione all’interno di un pentagono di un Pentagramma, per rendere l’idea chiara a tutti, questo oggetto qui:
La costruzione del Pentagramma, partendo dal Pentagono, è abbastanza immediata: basterà infatti tracciare tutte le diagonali del Pentagono e la loro intersezione darà vita alla figura desiderata. C’è però un aspetto decisamente più interessante che riguarda le intersezioni delle diagonali: molti di voi avranno sicuramente sentito parlare della Sezione aurea, è un rapporto particolarmente presente nelle geometrie della natura che è identificato, nel caso del pentagramma, dalla particolare divisione di ognuna delle diagonali in due segmenti che godono della seguente proprietà:
Il rapporto tra la diagonale ed il segmento più grande è uguale al rapporto tra il segmento più grande e quello più piccolo.
In sostanza, se dividiamo la diagonale del pentagono in due segmenti $AB$ e $BC$ tali che $AB + BC = AC$ e $AB>BC$ vale l’identità
$$ \frac{AC}{AB} = \frac{AB}{BC} $$
Citerò adesso un piccolo passo preso dal capitolo menzionato sopra per introdurre la questione da un punto di vista più storico: “Neppure la questione più fondamentale, se, cioè, i pitagorici del 500 a.C. circa fossero o no in grado di dividere un segmento dato in media ed estrema ragione, può trovare risposta certa, anche se sembra molto probabile che essi non solo fossero in grado di effettuare tale suddivisione, ma anche la effettuassero.”
Se i pitagorici erano effettivamente in grado di sezionare un segmento in maniera da riprodurre la sezione aurea – quello che Boyer chiama “dividere un segmento in media ed estrema ragione” – bisogna capire il processo con il quale questa suddivisione veniva effettuata, si aprono quindi due possibili strade:
- I pitagorici, grazie alle nozioni presumibilmente apprese da Pitagora durante i suoi viaggi nella matematicamente fervida terra babilonese, adottavano un procedimento algebrico volto alla risoluzione di un’equazione di secondo grado.
- I pitagorici adottavano un procedimento geometrico potenzialmente simile a quello mostrato da Euclide nei suoi Elementi nella Proposizione 11 del Libro II.
L’approccio algebrico
Partiamo dal primo dei due approcci. Sappiamo che i mesopotamici erano in grado di risolvere equazioni di primo, secondo e perfino terzo grado. Volendo formulare il problema da un punto di vista algebrico possiamo immaginare che l’intera diagonale abbia lunghezza $a$ e che un punto $x$ appartenente ad essa la divide in due segmenti, $x$ e $a-x$, tali da riprodurre la sezione aurea. A questo punto basta tradurre l’equazione impostata poco più sopra con la nuova notazione:
$$ \frac{a}{x} = \frac{x}{a-x} $$
Da questa, escludendo il caso in cui $x=a$, deriva quindi l’equazione di secondo grado:
$$ x^2 + ax = a^2 $$
Se volessimo invece calcolare direttamente il valore della sezione aurea basta risolvere l’equazione avendo cura di intendere come incognita non più $x$ ma $\frac{a}{x}$. In questo modo, dividendo il numeratore ed il denominatore del secondo membro, si dà origine all’equazione seguente:
$$ \varphi = \frac{1}{\varphi – 1} $$
Ancora una volta, escludendo il caso in cui $\varphi = 1$, otteniamo:
$$ \varphi^2 – \varphi = 1 $$
la cui soluzione positiva è $\varphi = \dfrac{1 + \sqrt 5}{2}$ ed identifica il Rapporto Aureo, ovvero il reciproco della Sezione aurea.
L’approccio geometrico
Il secondo dei due approcci è un po’ meno immediato e richiede qualche passaggio in più. Il lettore dovrà avere un po’ più di pazienza. I passaggi che riporto qui vengono snocciolati in un documento a cura di Riccardo Rosso, dell’Università di Pavia2.
Cominciamo con il fare alcune considerazione su un parallelogramma definito dai punti $A, B, C, D$.
Tracciamo dapprima la diagonale del parallelogramma, $AC$, tracciamo poi due segmenti $EF$ e $GH$ paralleli, rispettivamente, a $AD$ e $BC$. Questi segmenti aggiunti all’interno del parallelogramma si incrociano, insieme alla diagonale, nel punto $K$. In base a ciò che sappiamo, grazie ad Euclide, sulle proprietà delle rette parallele intersecate da un’altra retta possiamo fare alcune considerazioni:
- $AC$ divide il parallelogramma $ABCD$ in due triangoli congrui, $ACD$ e $ABC$
- La stessa identica considerazione può essere fatta quindi sui parallelogrammi $EKHC$ e $AFKG$ e sui triangoli creati dalle loro diagonali $AK$ e $KC$
Possiamo quindi dimostrare che l’area dei parallelogrammi indicati con i cerchietti blu nella figura è la stessa, infatti:
$$ \mathcal{A}(GKED) = \mathcal{A}(ACD) – \mathcal{A}(AKG) – \mathcal{A}(KCE) = $$ $$ = \mathcal{A}(ABC) – \mathcal{A}(AFK) – \mathcal{A}(KHC) = \mathcal{A}(KFBH) $$
Quindi, $\mathcal{A}(GKED) = \mathcal{A}(KFBH)$.
Sfruttiamo quanto appena ricavato per fare alcune considerazioni sulla seguente figura:
Capiamo prima com’è composta: vediamo che risalta il rettangolo formato dai punti $ABHK$ – che chiameremo $\mathcal{R}(AB, BH)$ – il cui lato $AB$ viene diviso a metà dal punto $C$. Questo rettangolo viene esteso, a partire dal lato $BH$, da un quadrato che ha come lato proprio $BH$ – che chiameremo $\mathcal{Q}(BH)$. Un’altra estensione del rettangolo di partenza consiste in un quadrato, posto sotto alla seconda metà del rettangolo, il cui lato ha la stessa lunghezza del segmento $CB$, $\mathcal{Q}(CB)$. L’ultima estensione della figura consiste nell’implementare il rettangolo che ha per lati $HM$ e $MF$, $\mathcal{R}(HM, MF)$.
In base a quanto dimostrato precedentemente possiamo dire che il quadrilatero che ha per lati $CD$ e $DF$ è un quadrato, infatti le aree del rettangolo costruito con i segmenti $CB$ e $BH$ e di quello costruito con i segmenti $HM$ e $MF$ sono uguali. Una conseguenza di ciò, ricordandoci che il punto $C$ divide a metà il segmento $AB$, è che i rettangoli $\mathcal{R}(AC, AK)$ e $\mathcal{R}(HM, MF)$ sono uguali.
Dimostriamo ora una relazione importante per la costruzione della sezione aurea di un segmento:
$$ \mathcal{R}(AD, DM) = \mathcal{R}(AC, AK) + \mathcal{R}(CB, BH) + \mathcal{Q}(BD) = $$
$$ = \mathcal{R}(HM, MF) + \mathcal{R}(CB, BH) + \mathcal{Q}(BD) = $$
$$ = \mathcal{Q}(CD) – \mathcal{Q}(CB) $$
Da questa serie di uguaglianze otteniamo quindi la relazione:
$$ \mathcal{R}(AD, DM) + \mathcal{Q}(CB) = \mathcal{Q}(CD) $$
Che tradotto in italiano significa che prendendo il rettangolo di partenza, $\mathcal{R}(AB, BH)$, ed effettuando la prima estensione otteniamo un altro rettangolo, $\mathcal{R}(AD, DM)$, tale che la somma di questo e del quadrato costruito sulla metà del lato del rettangolo di partenza sia uguale al quadrato costruito sul lato ottenuto dalla somma della metà del lato del rettangolo di partenza con il lato del quadrato aggiunto con la prima estensione. Consiglio la rilettura di questa frase un paio di altre volte.
Giungiamo adesso all’ultimo passo di questa piccola dimostrazione, quello che ci consente di determinare il rapporto aureo di un segmento. Cominciamo, come di consueto, da questa figura:
Notiamo subito il quadrato costruito con il segmento $AB$, proprio questo segmento è diviso in due segmenti, $AH$ e $HB$. È giusto assumere ciò che tra poco dimostreremo: il rapporto dei due segmenti è proprio il rapporto aureo. Per dimostrarlo, naturalmente, ci avvaliamo di quanto mostrato precedentemente ma con una piccola accortezza. Applicando una rotazione in senso orario dell’ultima figura otteniamo la seguente:
Il punto $E$ è piazzato sapientemente in modo tale da dividere in due il segmento $CA$. Questo significa che il risultato ottenuto precedentemente verrà applicato al rettangolo $\mathcal{R}(CA, AH)$ e alla sua estensione quadrata $\mathcal{Q}(AF)$. Applichiamo quindi il risultato ottenuto precedentemente:
$$ \mathcal{R}(CF, FG) + \mathcal{Q}(EA) = \mathcal{Q}(EF) $$
Attenzione però: l’estensione del rettangolo $\mathcal{R}(CA, AH)$ non è stata fatta casualmente, il segmento $AF$ estende il segmento $CA$ in modo tale che i due segmenti $EF$ e $EB$ siano uguali. Questo comporta che $\mathcal{Q}(EF) = \mathcal{Q}(EB)$. Notiamo adesso che il triangolo costruito sui punti $A$, $B$ ed $E$ è un triangolo rettangolo, vale quindi la relazione del famoso teorema di Pitagora:
$$ \mathcal{Q}(EF) = \mathcal{Q}(EB) = \mathcal{Q}(EA) + \mathcal{Q}(AB) $$
Questo significa che vale la relazione:
$$ \mathcal{R}(CF, FG) + \mathcal{Q}(EA) = \mathcal{Q}(EA) + \mathcal{Q}(AB) $$
E quindi:
$$ \mathcal{R}(CF, FG) = \mathcal{Q}(AB) $$
Da qui, due possibili sbocchi, il primo va a dimostrare quanto enunciato dalla proposizione 11 del Libro II, ovvero “Dividere una retta data in modo tale che il rettangolo compreso da tutta la retta e da una delle parti sia uguale al quadrato della parte rimanente.”, il secondo si ricongiunge con l'approccio algebrico precedentemente analizzato.
Procediamo col primo: notiamo che $\mathcal{R}(CF, FG) = \mathcal{R}(CA, AH) + \mathcal{Q}(FG)$ e quindi che $\mathcal{R}(CF, FG) = \mathcal{R}(AB, AH) + \mathcal{Q}(AH)$, a questo punto sostituiamo quanto trovato nell'equazione di prima. Otteniamo:
$$ \mathcal{R}(AB, AH) + \mathcal{Q}(AH) = \mathcal{Q}(AB) $$
Ma $\mathcal{Q}(AB) – \mathcal{R}(AB, AH) = \mathcal{R}(AB, HB)$ da cui, per sostituzione, otteniamo dalla precedente uguaglianza la dimostrazione della proposizione:
$$ \mathcal{Q}(AH) = \mathcal{R}(AB, HB) $$
Procediamo quindi con il secondo sbocco e vediamo come questo problemi si ricollega alle considerazioni fatte sinora sul rapporto aureo. Sappiamo come si calcolano le aree di quadrati e rettangoli, per cui:
$$ CF\cdot FG = AB\cdot AB $$
Dalla figura si evince però che $FG=AH$ e che $CF=CA + AF=AB+AH$. Sostituendo queste due relazioni nell’equazione precedente troviamo:
$$ AB\cdot AH + AH^2 = AB^2 $$
Dividiamo quindi tutto per $AH^2$ ottenendo:
$$ \frac{AB}{AH} + 1 = \frac{AB^2}{AH^2} $$
Avevamo chiamato il rapporto che figura al primo membro proprio $\varphi$ nella sezione relativa all’approccio algebrico, con le dovute sostituzioni ricaviamo $\varphi + 1 = \varphi^2$ che ci riconduce a tutti gli effetti al caso precedentemente analizzato.
Per concludere, cito ancora Boyer sulla duplice modalità di calcolo del rapporto aureo: “Sarebbe un notevole passo avanti verso la chiarificazione del problema concernente il livello e le caratteristiche della matematica pre-socratica il conoscere quale soluzione sia stata usata dai primi pitagorici, ammesso che ne avessero una. Se è vero che la matematica pitagorica iniziò sotto l’egida babilonese, con la radicata credenza che tutto sia numero, come (e quando) tale atteggiamento lasciò il posto alla nota predilezione per la geometria pura, che è così fermamente radicata nei trattati classici?”