MEMORIALE DI UN GENOCIDIO BINARIO 21 – STAZIONE CENTRALE DI MILANO

La banalità del male mi annienta in un ricordo doloroso che non ho vissuto stretto tra oscurità e indifferenza. Mi opprime questa fabbrica di morte senza senso, di campi di sterminio e d’ideologia dell’odio tra pagine di vergogna e grida di dolore che come monito qui giacciono. Pezzi disumanizzati caricati a forza su convogli d’ignoto massacro in veloci rantoli, urla e strepiti affogati con violenza nel terrore. Sono serrati al petto gli affetti rimasti tra bieche grida d’assassini e latrati di cani. Percosse su inermi corpi, sassi come macigni scagliati su silenzi d’orrore e d’imperitura infamia inesorabilmente dilaniano il mio cuore. Posso solo immaginare gli agghiacciati, impauriti sguardi, le implorazioni al cielo e lo sferragliare imperterrito di un treno che senza requie famelico divora la sua strada. Non c’è ritorno, non c’è speranza, solo certezza di un’immancabile fine, inutile supplicare chi di pietra ha il cuore, poiché l’odio fomenta l’odio in bramoso divorare d’anime. Come si guarda in faccia la morte? Con la consumata vigliaccheria dei carnefici, con l’indifferenza o l’ignominia di chi soggiace al brutale potere oppure con la racimolata dignità di sei milioni di vittime? Auschwitz, Birkenau, Mathausen, Treblinka, Buchenwald, Dachau… la stretta al petto si serra ogni volta che pronuncio un luogo di barbarie, fatico a continuare. Dove sono i nomi di chi non c’è più? Misericordiosamente li declamo in dolce e sofferta preghiera che si fa ricordo e monito, compassione e sofferenza, luce che si fa strada nelle tenebre a reclamare l’eterno perdono.

Giulia Grignani ©