Il cappellaio matto e il soldato

Questo è un breve racconto che scrissi lo scorso anno. Oggi hanno paragonato un personaggio di un mio altro racconto a Lewis Carrol, mi sembra il momento adatto per pubblicarlo.

Su Lewis Carrol ci sarebbe molto da dire. A me piace ricordare, cito a memoria, le parole non saranno esatte, una sua frase nella prefazione de “La caccia allo Snark”

Alcune volte ho dovuto piegare la rima alle esigenze della trama. Altre volte, più numerose, ho dovuto piegare la trama all'esigenze della rima. All lettore scoprire quali siano.

Mi piace pensare che, quando scrivo, seguo la stessa regola.


Erano alcune settimane che non si presentava. Eppure era sempre puntuale. Lo sanno tutte che questa è l’ora del tè. In più c’era da festeggiare, c’era sempre da festeggiare, qui era tutto pronto ma lei non c’era. Guardò alcuni dei suoi orologi ed ognuno dava una diversa versione dei fatti. Per alcuni erano le 2 del pomeriggio e lei sarebbe dovuta rientrare a momenti. Per altri era ancora notte fonda e sarebbe stato più conveniente dormire che stare ad aspettare davanti alla tavola imbandita. Finalmente ne trovò uno che lo soddisfaceva: segnava le 5 e un quarto del pomeriggio. Si versò una fumante tazza di tè, con l’animo puro di chi sa che sta facendo la cosa giusta. Guardò nella zuccheriera e vide che anche il Ghiro non era al suo posto. Si innervosì a tal punto che le mani gli tremarono. Tremarono talmente forte da fargli rovesciare il contenuto della tazza. Iniziò a saltare sul tavolo mordendo il cappello, stridendo e ringhiando, fracassando e roteando in preda alla più gustosa confusione che si fosse vista da giorni in quella foresta.

Dietro di lui stava, a godersi la scena, un militare in congedo. I suoi gradi, quattro cuori rossi, splendevano alla luce della luna, il suo volto tradiva la grande felicità di essere testimone di quanto stava accadendo.

“Mi scusi, buon uomo” Disse il soldato a gran voce, interrompendo il folle balletto su tavola. “Mi scusi, saprebbe indicarmi la strada per uscire da questo bosco?” “Certo che sì, per chi mi ha preso?” Brontolò l’uomo interrompendosi e rimettendosi il cappello morsicato in testa. “Beh”, riprese il soldato dopo una breve pausa, “potrebbe indicarmela?” “Ma certo che potrei! Che domande. Lei piuttosto, vuole una tazza di tè? Purtroppo per lo zucchero dovrà far da solo, il ghiro sarà a dormire da qualche parte.” “Io vorrei…” provò a protestare il soldato, ma poi pensò che una tazza di tè non gli avrebbe fatto certo male e si sedette al tavolo. “Oh no! no no no NO! Non certo li!” Intimò l’uomo al soldato, minacciandolo. “Quella è la sedia del festeggiato. Nessuno deve mai sedersi o tutto finirebbe.”


Fatemi sapere cosa ne pensate, anzi, fatemi sapere altro.

il Gallo

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