Il giorno in cui persi mio figlio

Qualche settimana fa, in un giorno pieno di attività, di corse, di feste, di code in file sbagliate, di risposte ironiche a problemi complessi; qualche settimana fa, dicevo, persi mio figlio. Sperando di sapere dove e con chi fosse, mi concedetti il lusso di entrare nella sala dove stava esponendo il collettivo artistico locale per scambiare due parole con il presidente che, al momento, era solo.

Si passò dall’arte visiva alla musica, alla poesia, di nuovo all’arte e alle sue allieve, per arrivare, non so come, alla comune passione, mai esplorata, per la fisarmonica e il suo suono festoso. La fisarmonica, come un’amante troppo faticosa, sempre ci seduce e sempre ci allontana.

L’illusione dell’infinito passa attraverso l’enumerazione di tutte le passioni. Concepiamo l’eternità come la condizione necessaria per nominarle tutte.*

Intanto mio figlio era esattamente dove, e con chi, pensavo che fosse.

*Questa cit. credo sia mia, mi dovrò prendere del tempo per approfondirla

Un grosso problema che è emerso molto chiaramente durante la chiacchierata è la mia incapacità di prendere le distanze da ciò che leggo e il momento in cui lo cito. Mi sto accorgendo sempre più che i miei riferimenti si condensano su quello che ho di più immediato, invece di lasciare sedimentare tutto e costruire nuovi significati.

il Gallo