Cosa sarà di noi?
Predicazione su Giovanni 14, 15-19.23-27
Quando una persona leader lascia il suo incarico, spesso ci si chiede come andrà avanti senza questa persona. Chi si congeda o viene trasferito in altra seda lascia innanzitutto uno spazio vuoto, uno spazio che sarà difficile da riempire dalla persona che segue e prende il posto.
Così è nell’economia quando un imprenditore di successo lascia la guida della sua impresa, e tutti, anche i dipendenti si chiedono: che cosa sarà di noi? Ma succede anche nelle nostre chiese. Un pastore molto amato viene trasferito e lascia un vuoto. Non per caso nelle nostre chiese ben volentieri si pensa ai pastori che maggiormente hanno inciso sulla propria fede. In ogni chiesa forse esiste un Pastore con la P maiuscola, quello che più ha inciso sulla fede delle persone e sulla vita della chiesa.
Ma può anche essere nella vita privata quando muore la madre, il padre o quando si arriva a fine corsa per il matrimonio.
In tutte queste situazioni di congedo ci accorgiamo che noi non siamo facilmente sostituibili come lo sono le macchine, una si rompe, ecco, la si sostituisce con una nuova. Con noi persone, esseri umani, non funziona così, perché non se ne va solo un corpo, ma una persona con il suo carattere, con il suo modo di fare e amare.
“Come andare avanti?” è quindi una delle domande più frequenti in queste situazioni di cambio. E’ una domanda che vuole una risposta. Allora è molto importante fare in modo che le transizioni vengano organizzate in modo ordinato per aiutare a ridurre le incertezze e le paure, per dare continuità e la sensazione: si va avanti.
Anche Gesù se ne deve andare. Egli non vuole che i suoi non siano preparati a questa situazione. Si occupa del dopo. “Non vi lascerò orfani.” Già questo versetto rivela tutta la drammaticità di ciò che sta davanti a tutti: con Gesù, i discepoli e le discepole non perdono solo il loro maestro, ma la sua morte metterà in dubbio tutta la loro esistenza. Il vuoto che Gesù lascia toglierà loro il fiato. Hanno deciso di seguire Gesù, e ora lui se ne va. Perdono tutto.
Come orfani sono senza protezione, senza orientamento, senza amore. Vivranno o meglio sopravvivranno derubati di tutto ciò o meglio di colui che da un senso alla loro vita.
Ancora un po', e il mondo non mi vedrà più. Significa: non sarò più con voi! Tutto ciò che si è costruito attorno a Gesù, i miracoli, le speranze, il futuro immaginato con il loro maestro, il nuovo orizzonte, tutto, veramente tutto rischia di crollare con queste parole.
E infatti, è crollato tutto. Basti immaginare i racconti che seguono la crocifissione. I discepoli maschi scappano e tornano alla loro vita di sempre. Le donne che vanno alla tomba si spaventano. Marco infatti fa finire il suo Vangelo con le parole: non dissero nulla a nessuno, perché avevano paura.
I discepoli un gregge depresso, in pieno lutto, impreparato ad affrontare il dopo Gesù.
Gesù lo sa, e per questo si rivolge ai suoi facendo loro una promessa: coloro che lo hanno seguito avranno ora a loro volta uno che li seguirà e li accompagnerà. Non dice subito il nome, non dice chi è, ma che cosa farà: consolatore. I discepoli saranno consolati, consolati per aprirsi alla vita. Gli orfani non rimarranno orfani, perché anche dopo la dipartita del loro maestro rimane ciò che per Gesù di Nazaret è la base del suo parlare e agire: l’amore di Dio per le sue creature. Anzi, ciò che Gesù è stato per i suoi, adesso lo sperimenteranno per mezzo del consolatore: sarà lui a insegnare loro e a ricordare loro tutto ciò che hanno imparato dal loro maestro.
Questa consolazione ci viene raccontata già nelle apparizioni del risorto. Tommaso non dubita più, Maria Maddalena non piange più, i discepoli di Emmaus che prima camminano a passo pesante verso Emmaus, tornano pieni di gioia a Gerusalemme, correndo.
Lo Spirito fa veramente nuovo tutto. I discepoli diventano apostoli, predicatori con parole e azioni dell’amore di Dio.
Alla fine Gesù conclude il suo discorso nel brano: Vi lascio pace; vi do la mia pace.
Solo la pace può togliere l’incertezza, le preoccupazione per la propria vita, la paura del futuro, tutte cose che fanno della vita un combattimento e ci costringono a doverci sempre giustificare davanti a tutti. La pace cambia la prospettiva della vita.
Sapersi sostenuti dall’amore di Dio porta alla pace. Lo Shalom che è veramente più del semplice tacere delle armi. Per questo Gesù distingue la sua pace dalla pace del mondo. La sua pace è la pace di cui parlano i profeti, è una vita nel campo magnetico dell’amore di Dio che fa sì che cambio io e cambia il mondo. E’ la pace dei profeti che la descrivono in parole che sembrano utopia, ma infondo sono l’essenza dell’amore:
Isaia 65:25 “Il lupo e l'agnello pascoleranno assieme, il leone mangerà il foraggio come il bue, e il serpente si nutrirà di polvere. Non si farà né male né danno su tutto il mio monte santo”, dice il SIGNORE.
Isaia 2:4 Trasformeranno le loro spade in vomeri d'aratro, e le loro lance, in falci; una nazione non alzerà più la spada contro un'altra, e non impareranno più la guerra.
Ezechiele 34:25 Stabilirò con esse un patto di pace; farò sparire le bestie selvatiche dal paese; le mie pecore abiteranno al sicuro nel deserto e dormiranno nelle foreste.
La pace, lo shalom è talmente importante per i profeti che possiamo tradurla con benessere. La pace è la conseguenza della vita nell’amore di Dio. Non ci sono pochi stracchi e una moltitudine di poveri, non ci sono vedove, orfani e stranieri lasciati a se stessi, non ci sono avvoltoi che mangiano del tuo. Shalom, pace, vivere nell’amore, dell’amore e l’amore di Dio.
E’ questa pace che Gesù promette ai suoi discepoli. E’ la pace che ci ricorda che siamo a casa nell’amore di Dio. Sperimentarla e concretizzarla è un dono dello Spirito di Dio.
Lo spirito dona forza, coraggio, voglia di vivere anche contro ogni evidenza, contro ogni disperazione. E’ un consolatore proattivo che ci rende a nostra volta proattivi, perché chi vive nell’amore di Dio vuole essere un portatore e una portatrici del suo shalom e renderlo visibile nel mondo in cui spesso non c’è nemmeno quel poco di pace che Gesù ci lascia, quella pace del mondo. Lauren Daigle, la cantante degli USA di testi di fede lo dice così nel ritornello del suo canto “You say” (tu dici): Dici che sono amata quando non riesco a provare niente, dici che sono forte quando penso di essere debole, dici che c'è qualcuno che mi tiene quando sto per cadere quando non appartengo a niente, oh tu dici che sono tua. Cliccare qui per il video
Facciamoci dare questa forza, possa lo spirito abitare in noi e fare di noi dei testimoni dell’amore che sfocia nella pace e porta ad un mondo nuovo.
Jens Hansen