Liberazione

Predicazione su Atti 16,11-40

Oggi immaginiamo di essere con un gruppo di discepoli nel 51 dopo Cristo a Filippi, città a metà strada fra Gerusalemme e Roma:

da ormai vent'anni la nuova via, la della Vita in Cristo si è diffusa. Ricordiamo ancora le parole di Gesù di seminare il buon seme e vederlo crescere. Ci viene in mente anche la parola di essere il lievito della società. Osiamo credere che attraverso dei piccoli semi come noi, attraverso il lievito del nostro piccolo movimento, attraverso i rami diffusi di questo movimento in espansione, il mondo cominci a cambiare. Nessuno sa esattamente quanti discepoli ci sono, ma ogni giorno sembra che siano aggiunti altri.

Abbiamo già visto insurrezioni di giustizia, di pace e di gioia, diffuse in tutta la Giudea e Samaria, e ora, Paolo, Timoteo, Luca, Sila, Priscilla, Aquila e molti altri sono in viaggio in tutto l'impero, facendo nascere delle comunità nelle grandi città. Siamo stati invitati ad unirci a loro a Filippi.

Filippi è famosa perché, come colonia romana, è un piccolo avamposto di Roma. I cittadini di Filippi sono Romani fedeli. Gli schiavi qui, proprio come ovunque nell'impero, non sono così felici con la Pax Romana. Essi lavorano in modo sproporzionato e hanno pochissimo da godere questa pax romana. Lo stesso vale per le donne dell'impero.

Se gli schiavi e le donne sono le persone meno considerate dell'impero, le giovani schiave femminili sono di gran lunga le più vulnerabili.

Ed è una ragazza schiava che in seguito ha attirato la nostra attenzione. Ha fatto un sacco di soldi per i suoi proprietari entrando in una trance e raccontando il futuro delle persone. Ogni volta che siamo passati da lei sulla strada verso il fiume, lei ha iniziato a gridare: «Questi uomini sono servi del Dio altissimo e vi annunciano la via della liberazione».

Potete immaginare come i proprietari degli schiavi si sentano quando gli schiavi gridano la parola liberazione. E potete immaginare come i credenti degli dèi greci e romani si sentano quando qualcuno parla del “Dio più alto di tutti”. E’ una minaccia alla loro economia e alla loro religione, a tutta la loro vita romana. Queste cose sono andate avanti per un paio di giorni finché, ieri, Paolo si è sentito disturbato dalla donna. Non sappiamo esattamente il perché. Può essere stato irritato dal modo in cui la ragazza stesse attirando l'attenzione su di noi. Potrebbe essere stato imbarazzato che una veggente parlasse di noi. O forse la ragione sta nel semplice fatto che a Paolo sia dispiaciuto di vedere la ragazza con tanta energia, intelligenza e coraggio ridotta in schiavitù.

Infatti, Paolo ci ricorda costantemente che tutte le persone hanno uguali dignità in Cristo, maschio o femmina, schiavo o libero, ebreo, greco, romano o straniero. Comunque, per qualunque ragione, ieri Paolo ha avuto abbastanza. Nel nome di Gesù Cristo, Paolo si è rivolto alla ragazza e ha comandato allo spirito veggente di uscire da lei. E da quel momento, la ragazza non dice più niente. Niente più visioni, niente più trance. E niente più soldi per gli uomini che l'hanno sfruttata!

Allora la situazione è rapidamente precipitata. I furbetti schiavisti hanno fatto arrestare Paolo e un altro membro del nostro gruppo, Sila, e li hanno trascinati nella piazza centrale della città dove si trovano tutti i mercati dicendo ai funzionari della città che Paolo e Sila fossero dei rivoluzionari ebrei.

La parola “ebrei” è la parola chiave per la reazione delle autorità. Noi ebrei, dopo tutto, prendiamo la nostra identità fondamentale dalla storia di Dio che ci libera dalla schiavitù in Egitto. Per questo noi ebrei siamo considerati più resistenti al dominio romano.

Alla fine gli schiavisti sono riusciti a organizzare in breve tempo un bel tumulto. Presto, per ordine dei funzionari della città, Paolo e Sila sono stati spogliati, duramente picchiati con le verghe e trascinati in prigione, dove sono stati messi in catene nella cella più interna del carcere.

La notte scorsa Paolo e Sila hanno cantato lodi a Dio. E’ stato come dire: “Puoi chiuderci nel carcere, ma non puoi fermarci!” Le loro canzoni di lode hanno fatto vedere che non temevano né l'intero sistema romano di schiavitù, dominio e intimidazione, né i piccoli dèi che lo tiene in piedi. Gli altri prigionieri, come si può immaginare, erano abbastanza colpiti dal loro coraggio, se non dalle loro voci di canto.

Improvvisamente, verso mezzanotte, così, poi ci racconterà Paolo, c'era un terremoto, ma solo nel carcere, perché noi non ne abbiamo sentito niente. Infatti, questo tipo di terremoto è stato completamente senza precedenti. Non ha ridotto il carcere in un mucchio di macerie. Non ha prodotto vittime. Ha semplicemente aperto i cancelli e le catene! E’ stato un terremoto di liberazione, non di distruzione. O semplicemente una liberazione senza badare troppo sul fatto del terremoto.

Quando il carceriere si è precipitato per controllare i suoi prigionieri, era terrorizzato. Sapeva che, se fossero fuggiti, egli sarebbe stato messo in prigione, forse anche torturato. Così ha tirato fuori la sua spada, perché riteneva meglio il suicidio della prigione. Paolo gli ha gridato: “Non farlo, uomo! Siamo tutti qui!”

A questo punto, il povero carceriere era ancora più sconvolto. Qui i suoi prigionieri erano preoccupati per il suo benessere! Hanno scelto di rimanere in prigione volontariamente per impedirgli di farsi male per la loro fuga! Ha portato fuori dalla prigione i prigionieri ed è caduto in ginocchio davanti a loro, tremando di emozione. “Signori, cosa devo fare per sperimentare la liberazione che voi vivete?” Ed ecco, di nuovo la parola “liberazione”, usata già dalla ragazza schiava veggente.

“Abbi fiducia nel Signore Gesù e tu sarai liberato, e così sarà liberata tutta la tua famiglia”, dice Paolo. Il carceriere comprende queste parole “Signore Gesù” come contrario al titolo dell'imperatore, “Signore Cesare”. Si rende conto che Paolo gli ha invitato a smettere di farsi intimidire dal sistema di minacce, fruste, spade, catene, serrature e prigioni di Cesare. Ha capito le parole di Paolo come invito a vivere sotto un diverso signore o un altro leader supremo, in un sistema diverso, un altro impero, un regno diverso – quello che Gesù porta, caratterizzato da una vera libertà, una vera grazia e una vera pace.

Il carceriere li porta quindi a casa sua, lava le loro ferite e da loro un buon pasto. E’ già stato trasformato da un carceriere a un ospite premuroso! E quando Paolo e Sila annunciano all'uomo, alla sua famiglia e ai suoi schiavi la risurrezione che porta all’insurrezione della vita, tutti si fanno battezzare.

All'inizio di questa mattina, i funzionari della città hanno capito di aver violato i protocolli legali seguendo le richieste degli uomini d'affari ricchi. Così mandano la polizia alla prigione con l’ordine di far uscire Paolo e Sila dal carcere. Ma Paolo rifiuta di uscire dalla prigione dicendo: «Avete fatto un’ingiustizia umiliando, battendo e imprigionando pubblicamente due cittadini romani senza un processo, e ora volete che noi copriamo la vostra ingiustizia andandocene in silenzio? Non se ne parla nemmeno! Se volete che ce ne andiamo dal carcere, venite qui e chiedete pubblicamente scusa.”

Quando la polizia torna con la notizia che i due prigionieri sono in realtà cittadini romani, i funzionari della città si spaventano assai. Così rispettano le richieste di Paolo, vengono di persona e gentilmente chiedono che Paolo e Sila di uscire dal carcere e di partire immediatamente dalla città.

Paolo non ha fretta. Decide di fermarsi e passare un po' di tempo qui a casa di Lidia, dove il resto di noi è stato in attesa. Paolo e Sila ci raccontano quanto vi ho appena raccontato io.

Siamo pieni di gioia. Siamo partecipi di una di liberazione e soprattutto della crescita del nostro movimento!

Quando alla fine lasciamo Filippi continua la nostra avventura di una chiesa che cresce, una missione per la pace e la liberazione, una missione contro le ingiustizie a tutti i livelli della società, una missione di liberazione per tutte e tutti.

Jens Hansen

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