Pace
Utopia o reponsabilità?
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La pace sembra sempre di più un sogno, anzi un utopia. Non una pace fragile, fatta di armistizi temporanei o silenzi tesi, ma una pace vera, profonda, dove nessuno deve più avere paura dell’altro. Una pace in cui non si costruiscono più muri, ma ponti. Una pace dove non si imparano le tecniche di guerra, ma le vie della giustizia, della solidarietà, del dialogo.
Il profeta Isaia, con il nostro testo di oggi, immaginava proprio questo: un mondo dove le spade sarebbero diventate aratri, le lance trasformate in falci, e nessuno avrebbe più imparato l’arte della guerra. Un mondo dove la formazione non è più alla guerra, ma alla cura della terra e delle relazioni.
È un’immagine potente, poetica. Ma oggi… non è irreale o surreale? Io direi che è drammaticamente attuale.
Pensiamo a come sta andando il mondo:
La spesa militare globale ha superato i 2.4 trilioni di dollari all’anno. In Europa, alcuni Paesi stanno aumentando la spesa militare fino al 5 % del PIL. In Italia, per raggiungere questo obiettivo, si rischia di stanziare oltre 30 miliardi di euro per armamenti, mentre nello stesso tempo mancano fondi per scuole, ospedali, pensioni, edilizia popolare.
È paradossale: si trovano miliardi per armi, carri armati, caccia da guerra… ma per i bambini senza asilo, per i medici di base, per chi vive senza casa… spesso non c’è abbastanza.
La verità è questa: ogni euro investito in armi è un euro sottratto alla vita. Ogni “sicurezza” costruita con la minaccia, si paga con meno salute, meno istruzione, meno dignità. È una questione etica, prima ancora che politica.
Perché la pace vera non è solo assenza di guerra. La pace si costruisce. Si impara. Ha un prezzo, sì, ma è un prezzo di giustizia, non di acciaio.
L’etica della pace ci insegna che se depongo la spada, è per impugnare un aratro. Non per disinteresse, ma per costruire. Non per cedere, ma per seminare futuro.
In questo senso, la pace è una scelta attiva. È decidere di invertire la direzione:
- da spese militari a investimenti educativi, * da difesa dei privilegi a cura dei più fragili, * da logiche di potere a logiche di servizio.
Per questo, la Parola di Dio ci invita non solo a desiderare la pace, ma a educarci alla pace. Non si nasce pacifici: si diventa artigiani di pace. Si impara a smontare le armi.
Sì, la pace si impara. Come si impara a suonare uno strumento, a coltivare un campo, a far crescere un figlio. E la si impara insieme.
E allora, che possiamo essere artigiani di pace, nella vita, nelle parole, nei bilanci pubblici e privati, nelle scelte quotidiane, perché la pace non è utopia, ma la più grande responsabilità che abbiamo davanti a Dio e agli altri.
Jens Hansen