Il ritorno del blogger vivente
Si torna a scrivere. Dopo 4 anni. L'ultima volta ero a Lisbona che buttavo giù parole per l'articolo settimanale quando ad un certo punto mi chiama mio fratello dicendomi che c'è “una scatoletta nera nello sgabuzzino che manda un odore di circuiti bruciati”. La scatoletta nera era il serverino artigianale, un Intel Z83 mini con sopra Archlinux, che fungeva sia da piattaforma per il blog che da printerserver per la stampante che era così in grado di ricevere documenti anche dal tablet di mamma. 2000km mi separavano da quel coso maledetto e le alternative che conoscevo giravano su piattaforme proprietarie tipo Wordpress o Blogger, e proprio non mi andava di vedere la mia roba pubblicata col timbro di un colosso informatico che può decidere cosa farne dei miei dati e dei miei scritti senza darmi nulla in cambio. Il dominio, appositamente comprato e registrato, scadde poco dopo e così lasciai definitivamente il mondo dei bloggers conscio che i social avevano ormai vinto: nessuno buttava tempo nel leggere pensieri di sconosciuti più lunghi di uno status da 200 lettere, tutto doveva essere confezionato in maniera rapida e senza troppi giri di parole. I nuovi social erano veloci, tanto quanto il vento di estinzione che stava raggiungendo vecchi blog e forum lasciando dietro di sé pagine non più aggiornate e discorsi a metà.
Con la noia diventai un avidissimo utente di Facebook. Mi teneva compagnia, era la mia porta sull'informazione ed un modo per tenermi in contatto con altre persone sparse in giro come me per l'Europa, ma soprattutto era una valvola di sfogo. Durante la pandemia di Covid-19 i discorsi e le litigate si sprecavano per tutta quella gente che come me doveva stare tappata in casa, la cui unica finestra sul mondo rimasta era internet coi suoi social. Le uniche persone con cui parlare erano pixel che formavano lettere ed avatar... Ancora non mi sembra vero di essere sopravvissuto a tutta quella clausura. Comunque sia si stava tutti allegramente sotto l'ombrello di Facebook che all'epoca ancora andava fortissimo fino a che non hanno dato un giro di vite di troppo all'algoritmo che, se prima dirigeva il traffico serenamente fra un buffo errore di valutazione e l'altro, adesso era peggio di un nazista: scrivevi una parolaccia? Blocco per 12 ore, puoi solo guardare gli altri E ZITTO. Hai postato una foto di tua nonna che fa la calzetta ma l'IA ha visto non si sa come un capezzolo nell'inquadratura? BAM, altro blocco di tot ore E SILENZIO. Stai facendo una discussione con una massa di capre portando dati verificati e verificabili? Le capre ti hanno segnalato in massa e noi ti blocchiamo, BECCATI 'STA DEMOCRAZIA. Questa in particolare è capitata a un mio amico, ma non voglio spiegarne il contesto. Insomma era diventato un gioco di maggioranze e del fare perennemente attenzione a cosa si postava anche se si trattava magari di roba innocentissima. Un bel giorno ci cascai pure io: ferragosto del 2021, ero pronto per farmi un viaggetto di una settimana in moto quando mi arriva una notifica: sono stato bannato. Non ricordo il motivo, ma sarà stato qualcosa legato a discussioni fatte con gli antivaccinisti, all'epoca troppo attivi e sulla cresta dell'onda. Non c'era modo di recuperare l'account visto che in quei giorni avevo cambiato numero di telefono ed il dannato sms col codice di sblocco arrivava sul vecchio ormai disattivato. A nulla serviva contattare l'assistenza, e poi per cosa? Qualche foto che comunque avevo anche su Google Drive? Presa la palla al balzo e la decisione, mi sono lasciato FB alle spalle senza mai voltarmi indietro. A chi all'epoca mi disse “eh si eh, c'è Zuckenberg che piange ora che non ci sei più tu” a tono di presa in giro rispondevo che “almeno non sono stato così ridicolo da crearmi un account di backup per lagnarmi di quanto è cattivo”.
Però sentivo comunque il bisogno di leggere una notizia o una discussione, gustarne i commenti e commentarla a mia volta... come fare?
Cominciai ad utilizzare Twitter avendo l'account registrato da anni ma inutilizzato, e sono durato una settimana scarsa. Per quanto sia una fonte di informazione efficientissima (è considerato il board principale dell'internet) è troppo veloce e troppo pieno di odio e bot per i miei gusti: avevo trovato qualcosa peggiore di Facebook e non era il caso di approfondire il discorso. Oltretutto un limite di 200 caratteri non faceva proprio per me, non puoi esprimere un concetto complesso con così poco spazio.
La risposta arrivò da Reddit, che considero il migliore fra i social ancora adesso. Ogni subreddit ha il suo argomento di riferimento, ogni utente riceve punti Karma a seconda di quanto i suoi commenti vengono votati positivamente (upvotati), una persona con tanto Karma è quindi considerata autorevole in quello che scrive. Un buon modo per tenere a bada i troll e i bot che invece ricevono solitamente downvotes, andando col Karma in negativo, in modo che l'utente medio possa riconoscerne “i meriti” a colpo d'occhio ed ignorarli. Senza accorgermene ero tornato nel mondo dei forum, anche se in una sua incarnazione decisamente più evoluta.
Proprio grazie a Reddit vengo a sapere della faccenda di Musk e Twitter... sviluppando pareri discordanti fra loro. Se da un lato sono contento quando viene bannato un complottista o un omofobo, dall'altro ritengo sbagliato che non possa esprimere la sua opinione e coprirsi di ridicolo. Se da sempre apprezzo Elon Musk per i suoi razzi ed altri progetti visionari, è anche vero che il magnate sudafricano si è fatto delle sparate talmente assurde in varie occasioni da essere catalogato definitivamente come un cretino con tanti soldi. 2 punti positivi e 2 negativi si annullano a vicenda, e così mi sono trovato d'accordo con la sua idea di riportare gentaglia come Trump sul social più utilizzato al mondo e sbloccare il ban a tutti: il potenziale memico era pressoché infinito, uno spettacolo offerto coi soldi suoi per giunta. È proprio grazie a queste decisioni che da una settimana Twitter sta vivendo una sua apocalisse personale, i bot scorrazzano senza controllo e la gente è tenuta a pagare 8$ per una spunta blu che confermi l'ufficialità del profilo, anche se questa è assolutamente inconsistente rispetto alla realtà. Tutta da ridere la notizia dell'account fake di una azienda farmaceutica che annuncia insulina gratis per tutti tramite tweet, facendo perdere punti in borsa alla reale azienda che per correre ai ripari usa lo stesso sistema di comunicazione per spiegare l'accaduto. Ma il danno è fatto, milioni di dollari sono andati in fumo, dipendenti verranno licenziati ed il disastro è manifesto a tutti. Il resto di internet sghignazza.
Forse anche Zuckenberg, che dal canto suo ha bruciato cifre pazzesche dietro ad un Metaverso inutile, si è fatto una risata per coprire il fallimento di Facebook che ormai è una piattaforma per 50enni boccaloni mentre i giovani (e persino i politici!) si sono trasferiti su TikTok. E YouTube? Beh anche lui se la passa male. Sommerso dalla pubblicità sta finalmente conoscendo le ire della sua utenza, ma tanto le lamentele restano inascoltate e gli youtubers più prolifici devono affidarsi ad altri metodi per racimolare soldi, inserendo attivamente altra pubblicità all'interno dei loro video o facendo l'elemosina (non nel senso brutto del termine, intendiamoci) tramite Patreon e Ko-fi.
In tutta questa ammucchiata di colossi informatici guidati da ricchi bizzarri che giocano a Monopoly, fra una brutta figura ed un disservizio ci siamo noi utenti. Noi che troppe volte abbiamo cliccato su “Accetto Termini&Condizioni” lanciando i nostri dati personali e tutto quello che pubblichiamo su dei server da qualche parte nel mondo, senza sapere cosa effettivamente viene fatto di questi dati e perché. Sicuramente uno degli scopi è venderci qualcosa tramite la pubblicità, sempre più invasiva e mirata. Ma è il prezzo da pagare se vuoi restare sui social e connesso col mondo... oppure esiste una alternativa?
È così che ho scoperto il FEDIVERSO. Una federazione di servizi senza scopo di lucro, basati su sistemi open source e con una idea di fondo etica e pratica: niente profilazione dei dati, privacy assicurata, nessuna pubblicità, nessuna corporazione che mette il timbro sui tuoi media, niente algoritmi, niente premium. Quello che fai non è in vendita. Nel Fediverso invece di avere tutto in un solo cesto trovi una soluzione decentralizzata: ogni server è autogestito senza dipendere da una rete unificata, ogni istanza ha le sue regole di convivenza, ogni utente ha aderito ad un preciso statuto. Per dirla più semplice, se vuoi un social basato sul tuo condominio ora puoi crearlo. Ti piace Twitter e la sua idea di microblogging? Esiste Mastodon, meno stressante della sua controparte corporativa con l'uccellino blu e senza pubblicità e bot. Quando scegli una istanza Mastodon è perché aderisci alle sue regole interne di etica e moderazione, quindi sai di essere fra amici. Adori mettere foto su Instagram? Eccoti PixelFed, una sorta di Instagram ma con licenza CreativeCommons. Vuol dire che le foto che pubblichi non appartengono ad un colosso informatico che può farne quello che vuole solo perché le hai caricate su un suo servizio, ma portano il tuo nome e chi le usa deve riconoscertene la creazione. Non male eh? Forse quello che può scoraggiare molti ad adottare la mia stessa voglia di approdare sul Fediverso è la certezza quasi matematica di non trovare (al momento) i propri amici sui social liberi, ma potrebbe essere solo questione di tempo. Se Musk, Zuckenberg ed altri ci stanno insegnando qualcosa è che i loro servizi sono senz'anima e senza scopo, se non quello di farli guadagnare ancora di più sfruttandoci.
Vedo in tutto ciò una grande occasione per Internet e chi lo popola. Magari a molti non interessa la propria privacy ed il perché viene tempestato da chiamate ed email a scopo pubblicitario (forse non dovevi permettere i cookies su quel certo sito?), ma per quanto mi riguarda mi sento a casa. Ho sempre bazzicato nel mondo di Linux e dell'Open Source, ritenendo il software una cosa talmente volatile da non poter essere marchiata da qualcuno solo perché ha i soldi per comprarne l'idea. E lo stesso vale per i miei dati, oggi più che mai importanti per il mio senso di libertà. Per questi motivi mi sono fidato anche di NoBlogo ed ho aperto questo spazio. Posso fidarmi. Posso pubblicare scritti senza temere un algoritmo che venda le mie idee o mi banni senza preavviso.
Sono tornato a scrivere alle mie condizioni, ed era anche ora.