L'Occasione
Mi sono messo in camicia e cravatta oggi per essere il più presentabile possibile. È un grande giorno per me, ho fatto tutti i passaggi burocratici e penso di lanciarmi in questa esperienza già da un po'. Non è solo una questione di soldi: ci credo. Mi siedo al tavolo indicato dopo essermi presentato agli altri colleghi, devo dire che mi trovo bene in questo nuovo ambiente. Ho finalmente la mia occasione di rendermi utile e da tempo sto cercando il classico “LA” per parlarle. Mora, sguardo luminoso, sorriso abbagliante. La incontro spesso per strada, delle volte è seduta al tavolo del bar di zona che anche io frequento a bere con le amiche mentre altre volte semplicemente torna dal lavoro o dalla spesa o da chissà quali altre faccende che le occupano la giornata. I nostri sguardi si sono incrociati più volte in questi mesi, di sfuggita per lo più, e io non sono il tipo che fa il cascamorto con l'altro sesso: dovrei fermarla e chiederle il numero di telefono mentre porta le buste della spesa? No, sarebbe da cretini. Interromperla mentre ride e scherza con le amiche al tavolo? Diventerei io il motivo delle risate e se la incontrassi mentre torna dal lavoro chissà quanti pensieri già avrà per la testa... Poi con la fortuna che ho se le facessi un complimento nella giornata sbagliata probabilmente mi prenderebbe a calci.
«Devi farti notare passivamente, come un elemento già visto su un paesaggio che non si vede tutti i giorni. O il contrario... insomma: risaltare!» dice Roberto sorseggiando un negroni, il mio amico di sempre che trovo bruttarello ma chissà come ha successo con le donne come e quanto Barney di “How I met your mother”. Magari si ispira proprio a quel personaggio, o viceversa si sono ispirati loro a lui. Vai a sapere, ma a quanto sembra tutto quello che ho fatto fin'ora mi sta portando a seguire il suo consiglio. A prima vista lei mi piace e mi crea curiosità anche se non so nemmeno che voce abbia o quale musica ascolta. È una cosa fisica, probabilmente non sa nemmeno che esisto, quindi ho pensato di unire il desiderio di rendermi utile qui dentro all'avere l'occasione di farmi notare da lei. Sai, magari la prossima volta mi fermerà lei per strada per dirmi «Hey! Ma tu sei quello che quel giorno...»
Prima giornata e passano le ore, gente entra ed esce a turno. Ci scambiamo due parole come da protocollo, fornisco il servizio richiesto e se ne vanno. Tutto qui. È una di quelle attività talmente ripetitive e brevi che poi inserisci il pilota automatico e le ore scorrono senza che tu te ne accorga. O almeno è quello che mi avevano detto di aspettarmi, perché in realtà fra una persona e l'altra passa talmente tanto tempo che avrò servito una ventina di persone al massimo in tutta la giornata. Meno male che colleghe e colleghi sembrano ben disposti nei miei confronti anche se sono nuovo del team, quindi ho avuto modo di chiacchierare con loro e conoscerli meglio. Franco ha 50 anni e fa questo da tutta la vita (infatti è il capo) e ci crede tantissimo, Laura è poco più che trentenne ed è alla sua terza esperienza mentre Carlo e Alice vengono da un'altra città e si sono trasferiti in questo quartiere da qualche anno, quindi già si conoscono e da tempo collaborano insieme in molte altre cose essendo amici da una vita. Fra le nostre chiacchiere e il passare dei minuti che si trasformano in ore ci accorgiamo che il turno è finito. Mi sento stanco, è stata una giornata piacevole ma mi aspettavo del movimento in più. Incredibile come ci si possa stancare facendo pochissimo, mentre lei... non è mai arrivata.
Il giorno dopo dobbiamo fare solo mezzo turno e nonostante ciò in qualche modo le ore sono passate più lentamente. Finalmente dopo molte chiacchiere e racconti arriva il momento e Franco batte le mani una singola volta dicendo «bene amici, abbiamo finito!», il sorriso coperto in parte da baffi grigi ci conferma il termine delle operazioni. Una volta fatta la chiusura ci salutiamo fuori dall'ingresso, il nostro dovere è fatto e... lei anche oggi non è venuta. Vado al solito bar, mi siedo e ordino un negroni come farebbe Roberto. Lei arriva allegra con le sue amiche e si siede a un tavolo vicino, ordinano da bere e con tono trionfale brindano «A QUEI COGLIONI CHE SONO ANDATI A VOTARE!».
È qua che la vedo davvero e capisco. Colpa mia che l'ho idealizzata, d'accordo, ma mi aspettavo di più. E visto che sono uno di quei coglioni che ci credono al punto da andare a fare lo scrutatore nei seggi nelle belle giornate di sole sperando che persone giovani come lei abbiano a cuore i propri diritti, a questo punto spero di sparire del tutto dal suo campo visivo.