Mogli e buoi dei paesi tuoi. Quando la cultura e le tradizioni sono barriere
La questione che riguarda il rapporto tra genetica e cultura è dibattuto e, nel mondo filosofico e scientifico, coesistono opinioni variegate. L'aspetto cruciale riguarda quanto e come questi due aspetti si condizionano a vicenda.
La genetica, intesa come risultato della selezione naturale, condiziona la cultura che è solo una sovrastruttura? La cultura e le tradizioni sono indipendenti e quindi completamente svincolati dalla genetica?
Personalmente non credo che si possa scegliere tra questi due estremi si tratterebbe di una semplificazione eccessiva. Le probabilità sono a favore di una situazione in cui i due aspetti interagiscono e possono influenzarsi a vicenda, ma, attenzione, l'evoluzione è cumulativa pertanto cultura e tradizioni vengono dopo una struttura genetica che può generarli.
Se quindi la domanda, “Come possiamo vivere qui?”, che può permettere di generare meccanismi culturali è legittima, credo sia altrettanto plausibile che le possibili risposte non esulino da un'altra domanda:
Come siamo sopravvissuti fino ad ora qui?
Le risposte a questo secondo quesito non esulano dalla realtà che ha permesso a un determinato gruppo di individui di sopravvivere. Se quindi può esserci un elemento creativo cosciente di comportamenti finalizzati alla sopravvivenza ad alla convivenza nella risposta alla prima domanda. Non mi sento di escluderlo con le dovute cautele. Il secondo quesito conserva una radice conservatrice che rende il mantenimento di abitudini e tradizioni come un fattore percepito come importante per la sopravvivenza degli individui e del gruppo. In questo senso la cultura diviene uno strumento adatto al mantenimento di uno stato preesistente e contribuisce a giudicare gli individui sulla base dell'aderenza del loro comportamento a quello comunemente accettato.
In questo senso può rappresentare una vera e propria barriera al cambiamento e all'integrazione di coloro percepiti come diversi. I due aspetti rappresenterebbero comunque una forza evolutiva, come la definisce Carl Safina. In alcuni casi un ambiente sociale potrebbe esercitare una pressione evolutiva tale da indirizzare l'evoluzione, favorendo alcuni individui rispetto ad altri inducendo addirittura con il tempo un cambiamento biologico. In altri contesti sarebbe una forma di controllo dell'adattamento raggiunto: si passano le informazioni da una generazione all'altra proprio come i geni. Due funzioni che potrebbero agire in due modi antitetici.
Un'azione di barriera, una separazione che sfavorisce l'ibridazione e permette il crescere delle differenze fino alla speciazione. I Ciclidi ne potrebbero rappresentare un esempio. La Famiglia dei Ciclidi comprende circa 1700 specie ed hanno una alta capacità di dare origine a specie diverse. Alessia Colaianni nella recensione del libro di Safina fa una sintesi chiara dell'eventualità:
Questi pesci si prendono a lungo cura della loro prole. Sembrerebbe che, con il tempo e attraverso una forma di apprendimento basato sull'imprinting, gli individui possano arrivare a preferire uno specifico habitat o una particolare colorazione delle squame del partner, tanto da essere indotti ad accoppiamenti preferenziali. Generazione dopo generazione, la differenza tra gruppi, adattati a habitat diversi o selezionati da una differente scelta di colorazione, sarebbe tale da dare vita a nuove specie, anche in assenza di barriere geografiche.
Comportamenti e abitudini apprese potrebbero fungere da elementi divisori che consentono l'aumentare progressivo delle differenze tra due gruppi fino a renderli due specie diverse. Se può accadere nei pesci dovremmo responsabilmente chiederci se modelli culturali diversi nell'uomo possono fare, o hanno fatto altrettanto. La cultura, le tradizioni come un fiume o una montagna, un ostacolo che separa, che allontana invece di unire, e che, se le distanze divengono enormi può portare a una completa incomunicabilità.
Anche senza toccare elementi di “fantaevoluzione” in cui le differenze culturali guidano il cambiamento genetico a tal punto da creare due specie biologicamente differenti se osserviamo la storia dell'umanità la questione etica credo sia più che attuale. E' accaduto in passato che culture diverse siano state inconciliabili e il presente non è molto diverso. I fattori di divisione sono molti e risiedono in comportamenti e visioni anche religiose del mondo che sono intransigenti e che cercano di controllare la vita degli individui, anche quella sessuale, per rendere un gruppo impermeabile ad altre culture.
Divisi dalle divinità, divisi dal colore della pelle, divisi dalla sessualità, divisi dalla morale, dai comportamenti che riteniamo giusti o ingiusti: fine vita, aborto, abitudini sessuali, adozione. L'umanità è difronte ancora a molte divisioni culturali che danno luogo a confronti politici e sociali anche aspri. La violenza è ancora un mezzo per tentare di imporre le proprie verità riguardo a come la vita dovrebbe essere vissuta.
Secondo i dati Acled, che è un progetto di raccolta di dati disaggregati analisi e mappatura delle crisi, nella settimana dal 12 al 18 novembre del 2022 sino registrati nel mondo 2.162 eventi politici violenti; 2557 eventi dimostrativi violenti; 530 battaglie; 984 esplosioni o eventi di violenza a distanza; 502 atti di violenza contro i civili; 146 episodi di violenza di massa; 2425 proteste e 132 manifestazioni violente. Tutto in una sola settimana. In un anno possono esserci fino a 53 settimane.
La guerra in Ucraina non è l'unico conflitto in essere al momento. Nel mondo ci sono almeno 23 conflitti ad alta intensità: Siria, Yemen, Etiopia, Mozambico, Sudan del Sud, Repubblica Democratica del Congo, Mali.
Ancora Acled identifica almeno 10 conflitti che potrebbero peggiorare in tutto il mondo: Etiopia, Yemen, Sael, Nigeria, Afghanistan, Libano, Sudan, Haiti, Colombia, Myanmar.
Le armi continuano ad essere prodotte, gli stati continuano ad armarsi. Se da un lato c'è chi vuole difendere il proprio modo di vivere e agire dall'altro c'è chi vuole imporlo. La rivoluzione disarmista di Carlo Cassola non sembra molto in forma. Tradizioni e culture a confronto, e non di rado sono a scontro.
C'è un modo per cambiare? Una via per invertire questa tendenza? Non so se ci sia una strada sicura, ma un percorso affidabile non può prescindere da una nuova consapevolezza. Cambiare prospettiva per guardarci e rivalutare quello che siamo diventati alla luce dell'evoluzione e di come anche le abitudini i comportamenti appresi, le tradizioni siano degli strumenti per adattarsi, per riuscire a sopravvivere e andare avanti, privi di valenze assolute. Le innumerevoli diversità personali e culturali possono così trovare una radice comune a tutti nel processo evolutivo che le ha prodotte e nelle loro finalità. Da qui può nascere, non solo una comprensione razionale della diversità, ma anche un'empatia verso gli altri, perché sono diversi per le stesse necessità per cui noi siamo diversi.
Con una salda concezione di un'evoluzione che unisce si può tentare di superare ogni barriera.
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