[Mi chiamo Valeria]

Fabrizio: Allora dimmi un po, tu quando sei nata e dove, all’incirca? Valeria: All’incirca sempre, sono nata al ponte vecchio, al ponte vecchio, un posto molto antichissimo, che in questo ponte vecchio ci son ci son dei pezzi di muro che le belle arti di Urbino le han lasciate li, e il ponte vecchio l’han buttato giù, cioe’ non tutto, un pezzo del ponte vecchio, e’ rimasto, diciamo, cosi’ eh. Le belle arti... han fatto un ponte un po’ piu’ in giù dal fiume Foglia, si chiama questo fiume Fabrizio: Ma dove si trova questo Ponte Vecchio? Valeria: Si trova nella provincia di Pesaro, nella provincia di Pesaro. Non molto lontano, saranno venti chilometri da Pesaro. Fabrizio: Quando? Valeria: Ah ma vuoi far dir i miei anni eh? Sono nata il sedici di giugno del millenovecentoventuno (facendo finta di proclamarlo). Fabrizio: Oh! Valeria: Ca puttana. (ride). E’ lontano, mi sembra ieri. Fabrizio: Ah si? (ride) E dimmi un po’... come passavi, diciamo cosi’, il periodo della tua gioventu’? Valeria: Dell’infanzia? Fabrizio: Dell’infanzia. Valeria: In mezzo a tutti i ragazzini, tutti mezzi delinquenti. Delinquenti no, ma per dire no... Sono proprio... Sai com’e’ in un paese cosi, un paesino. Un villaggio -anzi- era quello li’! E l’ho passata. Io caro mio... son sempre io. Pensavo a quelle cose mie, mi nascondevo, andavo nei capannini dei cacciatori. In mezzo c’era un bosco che si chiamava, “tra gli alberi”, noi lo chiamavamo. Perche’ eran tutti alberi, no? Insomma mi isolavo. Mi piaceva di isolare, sognare, parlare no? Leggere leggere leggere; tanto io da anni sapevo leggere. Tutto mi interessava di leggere, solo che... non c’erano libri, non c’era niente. Fabrizio: Cosa leggevi ? Valeria: Embe’ a parte questi qui, qualsiasi cosa che io trovavo. Pero’ se ti devo dire, capisci, in casa mia libri non c’erano. Naturalmente come e’ cominciata la scuola... e per me quel libro che mi davano il su... il sussidiario si chiama no?, in una mezz’ora l’av letto tutto. Non avevo altro da leggere. Pero’ se potevo trovare qualsiasi cosa, anche nelle case vecchie, leggevo, pur de poter leggere. Questo si’.

[La medicina]

Fabrizio: Dove mangiavate con... Valeria: Si mangiava in una cucina grandissima. C’era un tavolo lungo, poteva essere cinque o sei metri... anche de piu’... anche di piu’. Tavolo tutto lungo, con le panche. E mi ricordo che una volta... Allora tiravano giù questi paioli con la pasta, la minestra, e si portava vicino al tavolo, di modo che si tirava su coi mestoloni sta pastasciutta o minestra qual’era, per metterla nei piatti, e si disponeva su questo tavolo lungo no? Una volta c’era mio cugino si era seduto in fondo a questa panca dove ci si sedeva, e poi ad un certo punto io mi son seduta in cima. Dall'altra parte. Il caldaio era li: io mi son seduta, lui s’e’ alzat’, la panca e’ andata giù, io so cascata col sedere (ride) dentro il paiolo. Un urlaticcio, un urlaticcio. Ci ho ancora tutti i segni, ci ho. Veramente. Fabrizio: Mi fido Valeria: (ride) La nonna era la medica, era un'ostetrica, era di tutto. In quattro e quattr’otto ha fatto una crema, una pomata, non lo so cosa... Ti dico una cosa. Fabrizio: cosa? Valeria: Mi ricordo che per esempio, non so, mettiamo che tu avevi un’infiammazione dietro l’orecchio, io mi ricordo d’averla avuta. Allora dal lavandino c’era uno scalino che andava poi in discesa con l’acqua che veniva giù, non andava per la casa, capisci?, e faceva una posa di acqua. Fabrizio: Una posa? Valeria: Intorno, sotto poi, faceva una muffa nera no? E questa muffa nera ti guariva se avevi l’eczema e una cosa ed un’altra. Fabrizio: Ah si? Valeria: E questa e’ la verita’. Veramente. Come un’altra cosa. Questa forse la sanno un po’ tutti. Mettiamo che ti veniva l’herpes no?, alle labbra, o al naso, quando uno aveva bambini piccini, capita. E questa nonna dice “giù, mettete un velo della cipolla”. Hai visto la cipolla che fa quel velo bianco? Se tu hai l’herpes mettilo lì sopra che ci guarisce in un momento, con il velo della cipolla, o altrimenti andiam a far la pipi’... (cade il microfono) Valeria: ... per esempio si andava, se si faceva la pipi’, allora si andava fuori, nei campi. Insomma, lì fuori. E allora mia nonna ci dice “andate la, con un dito, quando fate la pipi’, mettete il dito sotto la pipì e poi ve lo mettete lì, dove c'è l'herpes”. Un lampo era. Si guariva immediatamente. Questo lo sapevi? Fabrizio: Che schifo (ride). Valeria: Con la pipi’, si. Con le orine. Fabrizio: Ah, non... non c’era il bagno? Valeria: No, no, no a quei tempi là no.

[Educazione familiare]

Fabrizio: Quando e’ che hai iniziato ad aiutare in casa? Valeria: Ad aiutare? Fabrizio: In casa. Valeria: Oh, carino mio! Avev cinqu’an. Guarda, io avevo cominciato per necessita’, la mia mamma e’ andata via. Non c’e’ stata mortalita’, ma ci son state le malattie. C’era una famiglia li nel Rio Salso, una famiglia che stava bene, benestanti, non avevano figli. E a mia mamma gli avevano tanto fatta la lunga, che mi dovevano dare a loro, non per figlia, pero’ da andare a stare con loro, alleviavo anche la situazione familiare. Loro m’avrebbero adottato. Cioe’ adottato, un momento: no. La mamma era sempre la mamma. Pero’ loro m’avrebbero dato una dote, m’avrebbero fatto sposare, una cosa ed un altra. E mia madre allora, era d’inverno, ha fatto di tutto per prepararmi tutta la mia piccola dote, da mandarmi da questa famiglia. Ma io ero ignara a queste cose, non la capivo. Pero’ e’ stato, che non ci sono andata. Fabrizio: Come mai? Valeria: Prima di tutto lui era un uomo che non mi sarebbe piaciuto, vivevano in una stanza con una tenda, e dietro la tensa c’era la camera. Io dove dormivo? Io tante volte ci penso. Lei mi chiedeva sempre di farle dei piacerini, ero una bambina. E poi mia mamma s’e’ ammalata. Ero piccina, capirai, fevo la prima elementare, e mi ricordo che mio padre m’aveva detto: “E’ ora di mettere il giogo”. Fabrizio: ah Valeria: Pensa un po'. E sai cosa mi faceva rabbia: che a me me l’aveva detto, ma alle altre due sorelle no. Ma capisci che l’altra aveva due anni meno di me, e la piccina ancora appen appena camminava, andava a gattoni. Ma in quel momento mi aveva dato dolore, una passione al cuore mi era venuta. Poi, mia mamma poverina e’ andata a lavare i panni, allora non si lavava in casa, c’era il pozzalone. Fabrizio: il pozzalone Valeria: il pozzalone, mia madre e’ andata a sciacquare il bucato, a questo pozzalone. Prima ha fatto il bucato e poi e’ andata a sciacquarlo in questo pozzalone, e mi ricordo che m’ha chiamato “Portami la giacca di tuo padre, qualcosa da metter nelle spalle”. Aveva freddo. Io ci ho portato una giacca di mio padre, ma lei gli e’ venuto una pleure. Quella volta una pleure era molto pericolosa, non si guariva come adesso, capisci. Ha avuto una pleure ‘sta donna, e praticamente e’ andata avanti con ‘sta pleure. Alla fine aveva paura anche il dottore e aveva detto che sarebbe venuta anche una tisi. E’ andata avanti questa pleure e le ha portato delle complicazioni. Le è venuta anche una peritonite, del liquido nella pancia. È stata sei mesi a letto, ricordatelo. Fabrizio: ... Valeria: E io chi ero? Ero quella che faceva le faccende e schiaffoni. No, non che mio padre mi picchiasse, ma i vicini. Sì io me ne rendevo conto perche’ io soffrivo tantissimo che mia madre stava male, me ne capivo. Poi sentivo parlare i grandi: loro credevano che io non sentissi, ma sentivo tutto, immagazzinavo tutto quello che stava succedendo, veramente e gravemente a mia madre. Mi ricordo che una volta una zia che mi e’ venuta a casa mi dice, mentre io scopavo in mezzo nella stanza, “no, non si deve scopare solo in mezzo, anche sotto i mobili, tutto quanto”. E mi e’ rimasto proprio qua, pensa tu. È una cosa che non l’ho mai dimenticata. Mia madre era sei mesi che era stata male, io facevo tutto, facevo da mangiare, prendevo un banchelino alto cosi’ e facevo la pasta, ma ci pensi tu? Mi ricordo che mio padre poverino lavorava, gli dovevo portare da mangiare a mezzogiorno, al lavoro. Facevano i muratori, lavorava anche, per esempio, nei fiumi. Io non so che lavoro gli davano il comune, stivaloni cosi’ sempre a bagno nell’acqua. Io mi ricordo allora una volta che si rimaneva senza pane: come facevo a fare il pane? E li’ la gente, aiutavano quel che potevano; la nonna, cosi’ i parenti, e via. Pero’c’ero io, si, insomma “s’ntant c’e’ quella burdella che fa tante, fa lei il lavoro”. Mi ricordo che gli facevo la piadina, la romagnola no, la piadina, certo non era la piadina che facciamo adesso: acqua e sale e niente. L’impastavo e mi dimenticavo di mettere il sale, era sciapa. E gliela portavo sul lavoro, non mi ricordo con che cosa, mi ricordo, poverina, Madonna mia. Noi la chiamavamo crescia. E poi per cuocerla, l’accendevo sotto il pannaio, un pannaio cosi’, di coccio, no, sotto col fiamma e io dovevo girare, veniva un po’ cotto un po’ crudo, ma chissa’ come veniva, non me la ricordo! Capirai: una fiolina di sei sett’anni. Cosa vuol fa? Comunque lavoravo come una matta. Mi ricordo che una volta c’era il medico di sopra, e tutti i parenti, non so: la nonna, mia madre, chi e’ che stava li vicino a mia madre, erano di sopra. E io ero di sotto ho preparato la minestrina, poi c’erano delle teierine, cosi’ dove mettere la dentro, la minestra, l’ho messa sopra il tavolino. Non veniva giù nessuno mi son messa a mangiare. Viene giù il dottore per una scala, c’era l’ambiente sopra e sotto. “Brava, brava cocchina, brava” mi dice il dottore. “Oh, se nessuno viene io mangio”. Io non badavo a niente, chiack chiack chiack (mima il rumore di chi mangia la minestra). (ride) Purtina.

[La famiglia e la casa]

Fabrizio: Eh dimmi un po’, chi e’ che faceva da mangiare? Valeria: Ah, da mangiare, c’era la nonna che lei sarebbe stata la capoccia. La casa era di mio papa’, ma era tutto attaccato, tutto insieme. Era un caseggiato tutto lungo. Una volta era una sola famiglia, poi col tempo andare, si sono attaccati. Anche mio papa’ abitava lo stesso li’ nella prima casa in cima, ma era tutto attaccato, capisci. Sono gia’ tre quattro cent’anni ormai che i XXXX erano li’. Ed erano tutti in una famiglia. Pensa che, quando mia mamma era una bambina, lo sai quant’erano in famiglia? Fabrizio: No. Valeria: In trentacinque! Fabrizio: In trentacinque? E chi e’ che c’era? Valeria: Perche’ c’erano molti getti. Getti nel senso di famiglie. Ecco, e’ quello che ti sto dicendo. Dalla mia mamma erano in tre getti, dal mio nonno dal mio papa’, insomma anche li. Poi io, quando sono nata io, erano due getti, erano i due fratelli con le due spose, e c’era la nonna, la mamma e lei sarebbe la capoccia! Comandava tutto: dirigeva tutto lei. Fabrizio: Quindi quant’eravate in tutto? Valeria: Lì dalla nonna, dove poi sono cresciuta io bambina non eravamo in tanti. Io ero, io con le mie sorelle eravamo in tre, ma l’altra famiglia erano sei/sette. I figli, capisci? Fabrizio: Quindi in tutto? Valeria: C’era la nonna, il babbo, la mamma; la nonna, il babbo, la mamma di quell’altro che sono 2, 4, 5 poi 6, 7, 8 poi c’eran sett/otto saran stati sedici persone. Ecco. Metti quindici/sedici persone. Fabrizio: E le stanze? Valeria: Sedici persone, poi c’era uno zio che era andato in america, lui era andato via giovane... Le stanze? Fabrizio: Le due famiglie che c’erano... mangiavate tutti assieme? Valeria: Tutt’insieme. Fabrizio: E quindi la casa – diciamo – era comunicante? Tu potevi andare nella stanza... Valeria: Ma era tutta una casa! Fabrizio: Era tutt’una casa. Valeria: Tutt’una casa. Ognuno aveva le sue camere, ma era tutt’una cucina... Era tutt’una casa. Fabrizio: Ho capito. Valeria: Come dai XXX avevano cinquantamila stanze, ognuno la sua stanza... e poi c’era la stanza dei ragazzi, una stanza che era di passaggio, dormivano sei, sette, otto di ‘sti giovani, per dire no?. Fabrizio: E se un figlio si sposava, dove andava? Valeria: Se un figlio si sposava, beh. Faceva i getti. Erano cinque, erano sei getti, uno per figlio. E quella volta non c’era famiglia, marito e moglie che avessero avuto solo un figlio o due. Sette, otto, dieci figli e via oltre la mano. Hai capito? Fabrizio: Ho capito. Valeria: Tipo mio nonno si è sposato ed e’ andato... sempre nella stessa casa, da li’ e’ andato al piano di sotto.. I figli hanno sposato e sono andati fuori, tutti fuori. I figli di questi qui, ognuno ha preso la sua strada. Fabrizio: Ho capito, pero’ prima invece... Valeria: Prima si faceva una famigliolona, poi hanno cominciato ognuno la sua famiglia. Fabrizio: A che eta’ ci si sposava? Valeria: Ah come adesso. Non e’ che c’erano delle differenze. Potevano sposare a venti, ventidue, ventiquattro. Diciassett... che poi non lo permettevano nemmeno tanto piccoline, giustamente. L’eta’ giùsta, come adesso.

[lavoro minorile]

Fabrizio: Quand’e’ che hai iniziato a lavorare... un lavoro vero diciamo, non gli aiuti in casa.... Valeria: Purtroppo aiutavo nelle campagne, ai contadini. Noi non eravamo contadini. Mio padre era un muratore, pero’ la gente ci veniva a chiamare perche’ eravamo molto brave, e insomma il lavoro lo facevamo, eh, lo facevamo diciamo, con molta voga. Insomma lavorevamo molto, eravamo brave, ecco diciamo. ‘Eravamo’ perche’ non ero da sola. Pero’ io sono stata sempre quella piu’ prezzata, le altre se le squagliavano, andavano da altre parti. Eh, si e’ cominciato molto molto presto. Fabrizio: Quanti anni avevi? Valeria: Ero una bambina, una ragazzina. La mia mamma aveva messo su una pecorella, prima... Fabrizio: Una? Valeria: Una pecorella. Aveva messo su una pecorella, e andavo via. (ride) Fabrizio: E andavi? Valeria: Andavo a pastorarla, no? Dove ci si poteva, perche’ io non avendo niente, ne terreni ne, ne campo per farla mangiare, dovevo andare dagli altri. Pero’ dovevo stare molto attenta perche’ se ‘sta pecorella, se mi andava nella spagna -spagna nel senso di un erba che si chiama spagna – si gonfiava come una palla e poteva benissimo morire. E io – per me – era sempre gonfia. Perche’ andavo li’, io avevo una bambolina, giocavo, capisci, giocavo. Certo: non stavo molto molto attenta, insomma, e lei mi fregava. Perche’ sapeva dove non doveva andare, quella volta che andava, no? Cosi’ quando tornavo a casa era sempre come una palla, e mia mamma: la diperazione. Fabrizio: Ecco. Valeria: Mia mamma faceva una pentola cosi’, col fuoco dentro ci metteva l’olio, poi lo bruciava. Insomma poi l’olio faceva fumo, e glielo metteva sotto la pancia, per farla sgonfiare, perche’ era con tutte le arie della spagna poteva scoppiare. Si chiamava Belona. Fabrizio: Chi? Valeria: La pecora. Belona la chiamavo. Quando eravamo di sera avevo paura. Lei belava. “Sta’ sitta belona, sta’ sitta Belona che se no ci sono gli assassini”. Io non avevo paura, ne delle anime, di queste cose di spiritismo. No: a me non m’han mai fatto paura. Io ho paura della persona. Per quanto era piu’ pulito il mondo. Insomma c’era meno delinquenza. Pero’ anche a quella volta ne succedeva. C’era sempre qualche pazzo. Fabrizio: E... altri lavori? Valeria: Poi ho cominciato a esser piu’ grande, e allora mio padre, mio padre, insomma ‘sti contadini venivano a casa nostra, dice “Fate venire le vostre figlie – insomma – la vostra fiola Valeria per fare i lavori” cosi’ cosa’. Allor mi dicono “Bisogn t’el fe’. Se sei qui bisogna aiutarsi, no?”. Non prendevamo soldi, prendeva tutt’in natura mio padre. Prendeva grano, legno; tutte queste cose, no? E purtroppo lavoravo come una bestia. Va’ ben. E non eran contate le ore lì, si stava pur la sera, eran le dieci ancora le dieci di sera eravamo nei campi per far dei covoni, per portare questi covoni grossi cosi’ nelle spalle per far, farci le covate. Dai covoni facevano le covate. Hai capito? Grossi no? Insomma, lavoravo come una bestia. Fabrizio: Questo a che eta’ circa? Valeria: Diciassette, dicott’anni, quindici. Purtroppo abbiam incominciato presto, per me. Insomma, lavorato, abbiamo lavorato. Poi e’ venuto anche per esempio la raccolta del tabacco, dai contadini, e allora ci chiamavano, andavamo... perche’ c’erano le piantagioni del tabacco. Andevamo a raccogliere il tabacco, no? E il tabacco, bisogna saper fare tutte le pile cosi’ alte, e si metteano giù li, poi si raccoglievano, si mettevano in un biroccio. Biroccio nel senso treggia, che si portava poi al, all’essicatoio, no? Fabrizio: essicatoio? Valeria: Ho fatto anche questo lavoro, sono entrata nella fabbrica. Del tabacco, no? Prima l’infilzamento. Si infilzan le foglie, capit, fanno degli infilzi cosi’... te l’ho det l’altra volta com’era. Le filze, e poi queste filze vanno nei forni. E io infornavo. Infornavo, noi eravamo nei forni. Fabrizio: Quanti anni avevi quando sei andata... Valeria: Avevo quei... diciott’anni, cosi’. Fabrizio: E la fabbrica dov’era? Valeria: Era li poco lontano, andavamo in bicicletta, insomma. Una volta si andava tutti quanti in bicicletta. Fabrizio: e quanto durava il turno... Valeria: Beh tutto... beh non so preciso, non mi ricordo adesso. comunque c’era poca sosta perche’ da li’ poi e’ venuta la guerra e non ho potuto finire. Io ero passata ai forni, poi c’era lo sforno, poi c’era la cernita. Io ero passata in cernita no? dove si cerniva ‘sto tabacco, dalla prima, seconda. E poi avevano fatto tutto l’impianto per per le sigarette, no? Non sono riuscita ad andarci perche’ e’ venuta la guerra. Fabrizio: Pero’ ci stavate sia al mattino che al pomeriggio? Valeria: Sì. Si staccava, si ricominciava. Cioe’ il giorno si mangiava li’. Portevam via il mangiare, si mangiava, poi si faceva un sosta, poi si ritornava sul lavoro. Fabrizio: E lavoravate tutti i giorni oppure... Valeria: Tutti i giorni. Fabrizio: Meno il sabato e la domenica. Valeria: No, il sabato. Tutti i giorni meno la domenica. Fabrizio: Meno che la domenica. Valeria: Sì. Una volta era cosi’.

[la fabbrica]

Fabrizio: All’interno della fabbrica, lavoravan piu’ donne, piu’ maschi... Valeria: Piu’ donne. Poi c’eran gli uomini che avevan il lavoro piu’ pesanti... Si c’eran anche degli uomini. Ma nella fabbrica del tabacco alludi? Fabrizio: Sì. Valeria: Nella fabbrica del tabacco mi ricordo che c’era la cordellina, piccolina, loro in cima con un bastone, e intanto tiravano su, tiravano su, tiravano su; la corda. Poi la mandavano giù. Noi incomincevamo li’ a attaccar la filza, no?. E tiravano su e poi quand’era in cima... per dire... si andava sotto il soffitto, attaccati al soffitto, in piedi, in piedi dritti non si poteva stare, perche’ toccavi il soffitto. E’ c’eran i travicelli cosi’, che ci passavan le gambe dentro. Tu mettevi le gambe una di qua, una di la’, scendevi, tirava su in mezzo. Hai capito? Fabrizio: vagamente Valeria: E noi eravama in mezzo al travicello cosi’. E allora delle volte i ragazzi – per questo ti dico: c’eran anche gli uomin i- i ragazzi delle volte, venivan su al finestrino, c’era un finestrino che andava oltre lungo cosi’, noi da dentro lo vedevam. “Va’ via di li’ disgraziet” gli urlavamo. Perche’ eravamo tutte nude. Proprio nude, con le mutandine e basta. Anche il reggiseno ci si dovevamo togliere. Io il reggiseno non lo portavo nemmeno perche’ il seno l’avevo bello, non me lo portav per niente. Ma anche diciamo solo cosi’ hai capito? Con le mutandine. Tutte nude. Fabrizio: Era caldo. Valeria: Si perche’ li’, il caldo, com feva con ‘sta cos addosso. Sfornavano: se seccava il tabacco. Come lo sfornavano dovevi riempire. Era bollente ancora il forno, no? Allora venivano li’, ma rimaneva buio, non vedevano molto. “Va’ via brut disgrasiat!” urlavamo. La porta la tenevamo aperta. Andavano via perche’ noi poi urlavamo.

[Lo sciopero]

Valeria: Allora cosa fanno? Hanno deciso gli altri, che io non sapevo niente. Andiam giù la mattina, eravamo io, una mia amica e un’altra, in tre. Andavamo dal monte, venivamo giù, anche del Rio ce ne erano delle altre. Io non mi ricordo se eran de Montecchi queste qui. Tutt’una volta: “Alt!”. Ce fermen. In tal mez de la strada vicin pont lontan da la fabbrica, un po’ piu’ in su. “Cosa fet?”. “Facciam sciopero. Facciam sciopero. Facciam sciopero”. Fan sciopero. Questa era un'organizzativa. “Fem scioper, fem sciopero”. Io mi son fermata. Ci siamo fermate tutte. Non potevamo andare avanti. Dico “Come?”. Queste erano già un branco. Una ventina potevano essere. Sciopero. Poi a man a man che arrivavan a man a man che arrivava, cazzo un pezzo di strada bello lungo, perche’ la fabbrica era grande un bel po’, tutti fermi che volevan lo sciopero, vogliono l’aumento dello stipendio, vogliono l’aumento dello stipendio. A un certo punto vien su la signorina. Aveva una fifa che non ne poteva piu’. Le altre un branco di pecore, eh. Sì, un branco di pecore. Allora vien su ‘sta signorina, lei ha detto “Mi decido: vado su” perche’ era tutto sotto la sua responsabilità. Non era una bella figura che tutta la gente era per la strada, fermavamo macchine, motociclette, biciclette. Non camminava nessun. Non solo gli operai, ma c’era la gente che andava in giro... nessuno passava. Avevamo chiuso la strada, non potevano passare la gente, perche’ la gente si formavan per curiosita’. La signorina allora viene su e trema tutta. Tremava tutta. Le tremavano proprio le labbra, gli davano un convulso. Lei e’ partita con la paura porina, no? Poraccia. Viene su e quando è davanti a noi ha detto: “Io voglio sapere, non vi vergognate di fare un casino cosi’? Dico, una cosa cosi’! Io vorrei sapere perche’!”. Allora tutti zitti. “Na Madonna. Ma perche’ ste’ zitti’? Perche’ ‘n parli? L’hai fat tu?” chiede. “No -risponde una- non son stat io e’ stat lia”. “No no e’ stat loro”. “E’ stat quill de Montalberto”. “E’ stat ma li’ quel de la bottega”. “E’ stat...”. Insomma, da tutte le parti del paese. “Io mi son fermat perche’ m’han fermato”. “Io...”. E quella che ha iniziato, all’inizio, a fare una baldoria cosi’, non ha parlato. Allora viene su la signorina. “Venite a lavorare, venite in fabbrica, se no faccio un licenziamento a blocco” dice. Ha visto che tutti stavano zitti allora s’e’ presa forza. Io l’ho visto tutto questo modo di cosare, ha preso forza. E siamo andati tutti dietro a lei... arriviamo alla porta del cancellone, per entrare in fabbrica: tutti fermi di nuovo! Ferme. Allora nessuno parlava. E io allora... e io ho parlato. Ci ho fatto... “Almeno qualcuna di voi parli! E’ per l’aumento dello stipendio: vogliono l’aumento dello stipendio” ho detto. “Va bene allora andate in fabbrica e ne parliamo. Ma tu – dice – Valeria fermate”. Io e un'altra. Perche’ l’altra ha ammesso quello che ho detto io. Di tutto quel branco ma li’, ci son finita in mezzo io. Van tutti in fabbrica e tra di loro parlano: “Quella ormai e’ licenziata”, “La Valeria ormai non viene piu’”, “Ormai la licenzian”. Perche’ una volta... È brutto adesso il lavoro: una volta era ancora peggio. Non c’era. Mi tengono li’, e io sono stufa dico “Io mi sento svenire”. Io ero in piedi e loro eran alla scrivania, erano in due. Mi chiedono se ho fatto lo sciopero e io rispondo: “A me mi hanno fermato. Pero’ e’ anche giusto se hanno fatto ‘sto sciopero.” Gli ho parlato bene. E lei: “Cosa chiedi?”. “L’aumento dello stipendio. Vogliono un aumento dello stipendio. Perche’ e’ troppo poco quello che prendiamo...”. Rispondo quello che potevo dire, no? Non me l’aspettavo che avrebbe fatto salire negli uffici. Altrimenti non avrei parlato manco a scherzare. Insomm sul momento mi era anche dispiaciuto perche’ adesso a lavorar me dava anche gusto, perche’ era un branco di delinquenti, mi dava anche piacere. Questa signorina però mi aveva molto in simpatia. Allora io ero li’, dovevan esser venti minuti che ero in piedi. “Io ne pos piu’. Come faccio a star per ritta?”. “Metitti seduta” m’ha detto. Allora m’ha dato una sedia, mi sono seduta. Allora ha chiesto cosi’: “ma il motivo dello sciopero...”. Il motivo: era una stupidaggine quello che davan. “Vogliono un aumento dello stipendio!“, dico. “E chi l’ha fatto lo sciopero?” “Hanno cominciato loro, io quando son venuta giù c’era gia’ tanta gente, mi son fermata anch’io. Non potevo passare in mezzo a tutte e entrare in fabbrica”. “Eh va’ be, insomma, tu dovevi fare da esempio”. “Ma che esempio facevo? Anche a me mi dà gusto se mi aumenta lo stipendio!” Io gli ho detto così, tanto ormai sono spacciata, ormai mi mandano via. Ormai mi licenziano. Io ero cosi’. Son stata un bel pezzo. “Adesso vai a lavorare”. Vad oltre nel mio reparto, ero nella cernita ero gia’, non ero piu’ ai forni. Vado oltre nel mio reparto, tutti che dicono “Oh la Madonna!” Tch tch tch tch tch (imita la gente che lavora). “Oh la madonna, credevam che...”. “Credevam che t’avevan licenziato”. “Credevam...”. “Perche’ m’han da licenziare? “ io tutta, tutta spavalda. “Perche’ m’avevan da licenziare? Scusa?“, io dico “Adesso hanno aumentato lo stipendio!!” ho detto a tutte. “Capito?? Han aumentat lo stipendio! Ci han dato tot! Ci danno tot”. “Ma va’ la’!”. Fabrizio: Ma era vero? Valeria: Sì sì sì han aumentato lo stipendio. Una sciapata, poca roba), pero’ l’avevano aumentato. Eh capite. “E se non ci andava nessuno là dentro, negli uffici, nessuno chiedeva, restavate solo a fermare gente per la strada”. (ride) Mi sentita forte, allora, 'na Madonna. Son andata a mangiare a casa a pranzo, e quando sono andata, allora io avevo la bicicletta, tutte dietro, tutt’un circolo dietro di me.

[Divertirsi]

Fabrizio: Quali erano, diciamo cosi’, gli hobby, gli svaghi. Valeria: Gli svaghi, eh, il ballo; passeggiate. Al mare a me non mi piaceva, se no c’era il mare. Perche’ a Pesaro c’e’ il mare, si poteva andare al mare. Non mi piaceva, per me non ho goduto il mare. Al cinema... Fabrizio: Erano tutti svaghi che facevi con altre persone? Valeria: Delle volte se avevo qualche compagnia, si usciva insieme, si andava gli autoscontri, quelli li come si chiamano, come si chiamano. Quei giochi, sala giostre, queste cose qui. Nelle automobiline. Ci son sempre state, anche a quella volta. Fabrizio: Ah c’erano gia’ l’autoscontri? Valeria: Sì l’autoscontri. Sempre stati! E non e’ mica cent’anni fa! Sempre io s’andava. Una volta c’eran dei ragazzi che m’hanno infinocchiato in mezzo e non potevo piu’ uscire. Si divertivano? Si divertivano. Si’, sugli autoscontri, li a Pesaro.. Fabrizio: Non c’eran le macchine e c’erano gli autoscontri? Valeria: E chi l’ha detto che non c’erano le macchine? Come non c’erano le macchine? C’erano le macchine di adesso. Fabrizio: Eran poche. Valeria: Ah senz’altro, ma gli autoscontri ci son sempre stati. Diamine, sempre. Fabrizio: E il luna park c’era? Valeria: Il luna park c’era sì. C’era eh... ci andava spesso. Si andava, incrociavo qualche volta qualche amica, e insomma me ne andavo per i cazzi miei da sola, poi c’avevo i parenti io. Mio zia, c’era una mia cugina, cosi’ ci si incontrava... O no, poi c’erano altre persone che sapevano che mi trovavo laggiu’, magari altre ragazze, “Guarda c’e’ anche la Valeria, oppure c’e’ anche noi insieme, andiamo, ci incontriamo, andavamo a fare delle passeggiate, si chiaccherava. C’era qualche ragazzo, qualche, qualcuno, cosi’... che magari, insomma, che ci si conoscceva, si poteva parlare, io pero’ non ho fatto... perche’ mia madre mi ha sempre fat “Stai attenta”. Il cinema! La maggior parte il cinema, questi autoscontri, e qualche volta nelle piste da ballo. Fabrizio: Non ti ricordi nessun film della tua eta’? Valeria: Sì, la maggior parte c’era Shirley Temple che mi piaceva tanto a me... Fabrizio: Shirley Temple? Valeria: Shirley Temple. C’era Tarzan, a me piaceva, c’era... coso, come si chiama... Carl Gable che tutti suoi film li ho sempre visti tutti e come attore, si m’arcord, poi film, il nome dei film Fabrizio: E di cimema italiano c’era qualcosa? Valeria: E chi se li ricorda! Non me lo ricordo piu’, no no, non mi ricordo piu’. Mi ricordo... pero’ quello li’ credo che era un attore italiano, mi ero innamorata di quell’attore...Li’... Pero’ e’ anche una trama che... della poverta’... di una lotta che... insomma, mi immedesimavo. Ecco, e lui era brutto che non era blin per niente, e n’era brut...e n’era bello! Pero’ mi ero proprio innamorata, tutte le volte che c’era che lavorava, l’andavo a vedere, ma non mi ricordo piu’... Fabrizio: Chi e’? Valeria: Non mi ricordo piu’. Mi ricordo Clark Gable che era troppo bello, troppo bello, troppo bello! Poi c’era anche il papa’ della Romina. C’era anche lui. Fabrizio: Ah, Tiron Power! Valeria: Eh, Tiron Power, anche lui l’avevo visto molte volte. Poi chi c’era? Mi ricordo che una volta quello mi aveva colpito molto, “Il Sergente di ferro”, troppo bello quel film, si chiama “Sergente di ferro”, ma non mi ricordo quale attore doveva lavorare. Che ha seguito lui mi pareva che era coso... lui, il ragazzo che era seguito da questo sergente di ferro, era ... che ho visto anche... Non l’ho visto, il personaggio... M’e’ venuto in mente un flash, per un momento...e’ manco...no no no, non me lo ricordo... un attore americano pero’. Fabrizio: Quanti anni avrai avuto? Valeria: Quant’avevo avuto chi? Fabrizio: Quanti anni avrai avuto? Valeria: Ah, be’, quattordici o quindici anni. Fabrizio: Prima della guerra, sempre? Valeria: Sì. (Ho controllato: effettivamente tutti i film citati sono stati prodotti prima del ‘39) Fabrizio: Bene, per oggi devo fare basta che devo andare a lavorare.

[Fumetti]

Fabrizio: Due cose... riviste e fumetti ce ne erano? Valeria: Riviste e fumetti? Fabrizio: Riviste e fumetti. Voi ragazzine cosa leggevate? Valeria: Ah si! C’eran c’erano. C’era... come si chiama quello li’. Io leggevo sempre i giornalini, ero ragazza ancora. Ero molto giovane. Anzi avevo anche quindici anni. C’era quello li’... C’era topolino... c’era... quello col naso... come si chiama quello li’... con quelle gambe lunghe... Catia: Tiramolla. Valeria: No, non era tiramolla... i primi fumetti, ti ricordi quel personaggio che c’era quella volta, come topolino che... per dire era lui il personaggio importante. Ma guarda un po’! Ma va’ bene adess n’m rcord. Fabrizio: Chi era? Buonaventura? Valeria: Buonaventura! Bravo Paolo. Fabrizio: Mi chiamo Fabrizio Valeria: Buonaventura. Io lo leggevo che ero una bambina. Avevo quindici anni... Fabrizio: Quello rosso. Valeria: Eh? Fabrizio: Quello tutto vestito di rosso. Valeria: Adesso io non mi ricordo manco com’era vestito! Insomma c’erano i fumetti, c’erano i giornalini, io li leggevo sempre. Fabrizio: Cos’erano? Di cosa perlavano? Valeria: C’era anche il topolino, allora, io ho letto anche il topolino. Fabrizio: C’era gia’ il topolino? Valeria: Si! C’era gia’ topolino. Io leggevo topolino con quei due cosi qua (indica i due bottoni delle braghette del primo topolino) era tutto diverso di adesso. Era tutto diverso di adesso. Con le due finestrelle qua. E c’era buonaventura, si’, buonaventura, con un cappello.. Li leggevo sempre. Insomma: li leggevo. Se potevo araffarli da qualche parte... Fabrizio: E di cosa parlavano? Valeria: Oh Fabrizio Cazzo. Parlava quel che parlano adesso! Cosa vuoi che ti dica. Non lo so, non me lo ricordo. Mi fai ridere che mi chiedi cosa ne parlavano. Avevo quindici sedici anni. Incominciavan mi ricordo. Poi quando avevo il tempo leggevo quello che mi capitava sotto le mani. Fabrizio: Non c’e’ niente che t’ha colpito... Valeria: Mah. Colpito... per dire... no. Non c’e’ una cosa che... tutto mi colpiva e tutto leggevo io. Leggevo molto.

[Prendersi i ragazzi]

Valeria: Ecco, poi niente, poi io ero una bella ragazzina, avevo tanti corteggiatori, no?, ma tanti. E li’ e’ stato un poco, non e’ durato molto, mi sembrava tanto, ma e’ durato molto poco, perché, uscendo la guerra, ci ha portato via tutta la gioventù. Gli uomini li ha portati via tutti eh, purtroppo e’ stato una cosa brutta, no? Pero’ mi sono, insomma ho avuto un po’, un po’ di respiro, di simpatia, di cosa bella, eh... con la gioventù non è che eravamo come nella bassa italia, segregati cosi’. Avevamo la stessa libertà di adesso. Cioe’ un momento: un passo indietro. La stessa libertà di adesso no, che a letto con i ragazzi non ci si andava. Però noi si usciva e non c’era certo la guardia che ci stava dietro, avevamo dei punti di riferimento, dove ci incontrevamo: ragazze, e ragazzi che si conoscevano. E in più facevamo del.. delle conoscenze. Perché allora i ragazzi poi, si che c’erano un po’ di lambrette – han cominciato subito dopo la guerra più di tutto le lambrette, se no c’eran la motocicletta – eran le biciclette: viaggiavan tutti con le biciclette. Cosi’ quando – in questo punto di riferimento che lo sapevano, sai poi la gioventù s’impara tutto specialmente gli uomini – e loro venian da, da fuori insomma da Pesaro, da verso Urbino, oppure giù da, dei paesi li’ vicini, insomma no? E venivano anche dei ragazzi con le biciclette, e prendevano tutta la strada, no? Una strada maestra e ci potevano stare sette, otto biciclette. E poi un’altra fila dietro. Allora noi ragazze cosa facevamo? La pietra dello scandalo ero io. Ci prendevamo per la mano e chiudevamo la strada. “Aaalt!” facevamo. (ride). Fabrizio: Ah sì? Vi prendevate i ragazzi! Valeria: Sì sì ci prendevamo. Ci si fermavano. Allora “io son la Valeria” dan dan dan dan. Allora lì per lì tante volte avevam fatt anell bell’anell. (ride). Che ridere!

[aiutare a casa loro]

Valeria: Loro non hanno aperto ma la porta era aperta perche’ loro erano gente che dava grande ospitalita’ ai pellegrini. Non si diceva “e’ arrivato uno fatto così o cosa”. Era il pellegrino. Per noi era il pellegrino. Io mi ricordo sempre che bussavano, chiedevamo: “chi e’?”. “Pellegrino”. “Allor venite dentro, no?”. E lo facevano entrare, gli davano ospitalità. Anche il mio nonno la’. Il papa’ di mia mamma, loro davan proprio ospitalita’. Li mettevan magari dove c’era il fienile, vicino nella stalla che era caldo. Li mettevano li’ e le camere erano tutte aperte, non e’ da dire che li chiudevamo fuori. O sono sull’aiuola del camino, c’era un camino molto grande anche l’aiuola era grande. Si mettevano li’ e gli mettevano delle coperte. Si mettevano li’ sotto e dormivan li’. Vicino al fuoco insomma. Poi magari la mattina non c’erano gia’ piu’. Eran gia’ partiti. Ma i miei nonni davano ospitalita’. E mio padre lo stesso.

[Il fascio]

Fabrizio: Pero’ nei libri di storia, quando uno studia... il fasciscmo, il fascismo, il fascismo c’e’ da per tutto, aveva cambiato tutto... no? E invece tu mi hai detto che del del fascismo ti ricordi poco o niente. Ma non c’erano persone che non erano fasciste... gli antifascisti. Valeria: Mio nonno... Fabrizio: Eh. Valeria: Il nonno mio era antifascista. Lui era un socialista. Fabrizio: Ma anche prima della guerra? Valeria: Si’, prima della guerra, naturalmente. Anche se poi e’ stato costretto a diventar fascista. Se vuoi lavorare, devi prendere la tessera del fascio. Mio padre ha dovuto prendere... ha dovuto soccombere. Ha dovuto prendere la tessera del fascio, per il lavoro. Fabrizio: Questo a te, chi e’ che te lo ha detto? Valeria: Io ero gia’ signorina. Cazzo. Fabrizio: Eh, ma chi e’...cioe’... tuo padre ti ha detto “ho dovuto prendere la tessera”. Valeria: Sì ha dovuto prenderla, noi eravamo li’. Lo sapevamo. È stato costretto a prenderla. la tessera. O fai il fascista, o sei fascista. Fabrizio: capisco Valeria: Una volta, lui camminava, e’ passato un camion dei fascisti... nel periodo che poi il duce e’ andato su, ha ammazzato Matteotti. Passa ‘sto camion, gli dicono “cavati il cappello! Cavati il cappello!”. Lui non gli ha risposto e non l’ha tolto il cappello. Che se aveva le mosche al naso le mandava via da solo. Comunque – prepotenti – non avevan nessuna ragione. Attorno a lui c’erano gli altri: chi l’ha cavat, chi non l’ha tolto. Gli dicono “sta’ tranquillo che adesso ti vengono a dar da bere l’olio”. Allora arrivano, un branco di questi fascisti... arrivan in strada, cantavano: bussano. Loro non hanno aperto, ma la porta era aperta perche’ loro erano gente che dava grande ospitalita’ ai pellegrini. Le bambine ci han messo tutte a letto, noi. Io c’ero gia’. Mio padre, mio zio, l’altro mio zio, l’altro cugino mio, che era un giovanotto si erano armati tutti loro. Chi lo scorcello, chi ha il seghettino... Fabrizio: Lo scorcello? Valeria: Scorcello. Chi aveva il scorcello, chi c’aveva il fucile... i fucili per tut non c’erano! Uno schiopetto cosi’. Tutti... tutti intorno al caminetto, tutti seduti li’. Loro son entrati. Ma hanno capito. Le donne, poi, due donne eran sedute di li’, altri due uomini un po’ dietro. Qualche d’uno era intorno al fuoco. Questi si sono detti, “Male per loro perche’ noi siamo armati, ma pol gir mal anche per noi”. E loro si erano messi proprio a fare una guerra li’. Tutti armati i miei genitori, il mio padre, mio zio, l’altro mio zio giovane, n’altro, un altro, poi c’era un cugino, un parente. Come sono entrati, allora, loro avevano gia’ preparato il vino, nel tavolo. Erano tre, quattro boccali. Han cominciato a cantare il fascismo. Le canzoni del duce, li’ ad alta voce. Ma loro non interessa niente: sono entrato, hanno bevuto, hanno urlato, hanno cantato. I miei non hanno reagito in casa nostra. Loro non hanno reagiti, e pensavano “da un moment all’altro, da un momento all’altro...”. Invece poi han preso, han tagliato la via, e’ tutto finito li’, capisci? Che mio padre era un socialista. Pero’ poi venendo grande, mio padre e’ andato a stare per conto suo, e non aveva piu’ la possibilita’ di andare indietro in casa. Aveva il terreno loro. Ha dovuto cercar lavoro. E il lavoro non glielo dava, sapevan che non si era tolto il cappello. Ha dovuto prendere la tessera del fascio. Obbligatorio. La tessera del fascio, la presentavan, presentavan la tessera del fascio. Fabrizio: ma tenevate i fucili in casa? Valeria: Sì e mi ricordo che il nonno aveva una doppietta, no? Ha sempre avut na doppietta perche’ tutti eran armati. Cioe’ armati: un fucile, una doppietta si teneva. Mio padre aveva una doppietta. Era una bella doppietta... gli han portato via anche quella ma li’. Gli han sequestrato mi ricordo. poi e’ riuscito a riaverla. Gli han sequestrato anche la doppietta. no? I signori fascisti. Poi son passati la donazione dell’oro. Che oro? Mamma poretta c’aveva la vera, l’ha tolta dal dito, gli e’ toccato dar la vera. Tutti sono andati nel comune a dar tutti la vera. Lia se feta una vera de ferro. E io det “Ma perche’ l’hai dat? Ma dici che lavet una de ferro, che non l’avet piu’”. “Non se po’, non se po’, non si puo’” sai. C'era tanta dittatura. Noi non ce ne rendevamo conto: eravamo ragazzini.

[Le piccole italiane]

Fabrizio: Senti un po’, questo periodo e’ il periodo in cui cominciano ad esserci anche i fascisti. Valeria: Come? Fabrizio: In questo periodo... e’ il periodo in cui cominciano ad esserci anche il fascismo. Valeria: Eh... il fascismo era tanto che era uscito! Il fascismo. Ero piccolina, io. Il fascismo. Ero piccolina, io ero una Piccola Italiana. Quando si facevan le ginnastiche nelle scuole, facevo le elementari. Fabrizio: E raccontami un po’, a una ragazzina come te cosa arrivava del fascismo? Valeria: Niente. La politica non mi piace adesso, non l’ascolto adesso, e nemmeno allora. Puo’ darsi che agli altri bambini era una cosa che piaceva. Io non ti posso dire che effetto mi poteva fare, se l’avrei ragionata su. Noi eravamo Piccole Italiane, poi Piccoli Balilla, si andava a far delle ginnatiche. [...] Il fascismo era.. niente, il fascismo non m’ha toccato niente. So’ soltanto che delle volte mi mettevo in cima al banchetto e cantavo “la bandiera rossa” per dire no... Fabrizio: La bandiera rossa? (rido) Valeria: Si, insomma, “la bandiera rossa” canzone del, del socialista. Perche’ mio padre era un socialista. Qualcosa so. “Stai sitta!! Te possono far del mal!” mi dicevano. Perche’ era una dittatura. (ride) Io facevo cosi’. E basta niente, poi il fascismo... Fabrizio: Niente. Valeria: No, no. Però. C'era il fatto che io m’ero affezionata... perche’ poi era magari una dittatura, tutto quanto. Pero’ la scuola, il governo naturalmente te la metteva avanti: il duce era li’, davanti a tutto. Si facevano anche queste cosine da niente, anche nelle campagne nei paesi. Questa faccenda con ‘ste divisine, che avevamo. Mia mamma poretta per farmi il berettino, m’ha dat un calzot sua. (ride) Avevan il berettin nero no? le Piccole Italiane. No, mi feva piacere. Mi faceva piacere. Io volevo bene... E tutt’ora io, il duce non lo vedo come l’hanno visto, come l’han descritto. Io vedo che quel Duce e’ stato comandato a bacchetta. Ecco, a me mi fa cosi’. I suoi, d’intorno. Eran loro che comandavano. Lui non contava niente. Fabrizio: E con le giovani italiane cosa facevate? Valeria: Niente, ma giovani italiane eravam bambine. Poi la scuola, non son andata piu’, le giovani italiane non c’e’ stat piu’. Io non mi son messa piu’ in divisa, capisci? Fabrizio: Sì ma cosa facevate? Valeria: Facevam le ginnastiche, tutte queste cose qui. Le marcie, sai: un due, un due. Com fan i soldat, no? Maschi e femmine assieme, facevan fare quel lavoro li’, due per due. Si facevan tutte le ginnastiche. Ci si rompevan tutte. Io ho ancora le gambe posso tirar ma su, perche’ appunto facevan delle ginnastiche che facevan bene persino. Capit? C’eran ‘ste strade che si potevano occupare senza paura di... di passaggio di niente.

[fermare i soldati]

Fabrizio: Eh... come si comportavano i giovani, con l’entrata in guerra? Dopo che e’ entrata in guerra, prima che se ne andassero... come hanno reagito? Valeria: Ah niente, fra noi purtini, poverini, venivano chiamati, ci dispiaceva... a chi conoscevamo ci davamo dei bacini... Ti dico una volta erano stati richiamati tanti, pero’ c’era una colonna, passavano li’, perche’ era strada maestra. Venivano dalla strada principale, venivano delle colonne di militari, che andavano in guerra, ma non so fino a che punto andavano no? Queste colonne militari, prima della guerra, naturalmente ancora era pace, prima della guerra partivano tutta ‘sta gioventu’, no? I camion, le motociclette... ma i camion tutti pieni di questi militari, che tutti cantavano in aria. Io, io ho fatto la matta, nel mio posto li’. Ho fermato la colonna, ho fermato no? Fabrizio: hai fermato la colonna? Valeria: Allora cos’ho fatto: Sono andata nel campo, sempre di mio cugino, mica il mio campo, raccoglievo le fave, il periodo delle fave, le fave lunghe cosi’ (molto lunghe). Raccoglievo ‘ste fave, facevo dei fagotti cosi’, poi vuuum! le lanciavo sopra quei carri. E loro le prendevan ‘sti ragazzi. “Ciao bella!” cosi’ mi dicevano, poveretti. E io, mi veniva da piangere. Poi io (ride) mio cugino dalla finestra rideva, se spaccava. Poi dietro, c’erano i capitani, i militari. Allora con le motociclette venivano giù. E venivano giù, ma non forte. Tutta un po’ piano... mi son messa davanti “Alt!” gli ho detto io, no? Un comandante bello che faceva voglia. Era un colonnello, non so un cazzo chi era. Quando son andata li’, gli ho dato un bacio, nella faccia – non nella bocca – gli ho dato un bacio, lui m’ha dato una strettarina... mi ricordo per andare vicino a lui... allora c’era tutta una siepe di mia cugina, c’era tutta una siepe di un’orto fino in su, con tutte le rose. Mi sono forata, ho schiantato dei mazzi di rose, e gliel’ho date a lui. Lui ne ha messa una davanti alla motocicletta, io l’ho preso per il collo, gli ho dato un bacino, gli ho fatto gli auguri. E quelli lassu’ “Butta le fave bella!”. Gli buttavo le fave, tutt’un saluto. E’ stato bellissimo quella volta. E a lui ho dato il mazzo delle rose, ma una l’ha infilata davanti, e poi... “gli altri” dice, “li tiri su”. Insomma cosi. E m’e’ andata via una ciabatta! Per correre la’ m’era andata via una ciabatta. Con una ciabatta si, una ciabatta no, in mezzo a ‘sta strada che era tutta... non era asfaltata come adesso. Era tutta polvere no? Non so cosa avrei fatto io quella volta per fermarli tutti. State a casa. Mi sono comportata anche anche, cioe’, non bene.. Ma avrei fatto di peggio se ripenso. Ho fatto poco. Ho fatto poco. Perche’ loro sono andati via tutti, ridevano, scherzavano, perche’ chissa’ quanta gente avevano il magone qui. Io con ‘sto gesto... Mi dicevano laggiu’ “‘Sta disgraziata, li ha fatti andare via, ridevano come i matti! Ridevano”. Eh, io non ci ho fatto niente. Tiravo dei fagotti di fave, con della carta – non del giornale – ‘na cartaccia... Bum, cosi’, con dei tovaglioli, bum, tiravo su ‘sti fagotti di coso... legati... e si e’ fermata la colonna eh? Ho fermato una colonna chiilometri. Cari belli portini santi. Fabrizio: Senti un po’... Valeria: Andati via tutti... andati via tutti cocchini. Dicevano “hanno richiamato quello, hanno richiamato coso, oggi parte quello li’”. Magari ci vedevamo la domenica prima. “Vado via, ciao, ‘ndiamo via, ‘ndiamo via”. Ma non... non era il pensiero brutto brutto brutto. Invece tanti non e’ venuti. Molti molti molti del nostro posto son venuti con la tisi. Fabrizio: I ragazzi che venivano chiamati in guerra erano trsti, dicevano “vabbe’ vado”, ce ne erano alcuni che erano contenti... Valeria: Io, nel mio circondario, quelli che conoscevo... no, non c’era la gran felicita’. Io ho visto la gente che volevano veramente la guerra, forse in un posto molto grande insomma. Per esempio in Ancona, mi ricordo che e’ arrivato il treno, e di fuori tutti studenti... tutti studenti c’e’ n’era una scia che non so i centinaia, centinaia, centinaia... “Du-ce! Du-ce! Viva la guerra, viva la guerra!”. E io, dicevo “Mbecilli, Mbecilli!”. E allora niente, proprio cosi’. Fanatici, sembravano tutti uguali. Tutti fanatici.

[Lettere d'amore dalla Libia]

Valeria: Si’. C’era la guerra. C’era la guerra che c’eran dei ragazzi che mi scrivevano dalla Libia. Dalla Libia purtini. Fabrizio: Cosa ti scrivevano? Valeria: “Sono qui che ti scrivo... su una pietra bruciata dal sole”. Cioe’ se sfarinava. Scriveva molto bene ‘sto ragazzo. Fabrizio: Cosa ti raccontava? Ti ricordi qualcosa? Valeria: Eh no. Era una vita impossibile. Niente le cosine...andava a raccontarmi i fatti della guerra. Diceva che sono qui in mezzo alle bombe che sparano vicino. Sento i fischi delle bombe. Poi dice fortunatamente che io lo consolavo. Aveva la mia fotografia, l’appendeva vicino alla sua cuccetta, allora s’addormentava col mio volto. Si rifaceva alla notte. ‘Sti ragazzi. Facevano cosi’ no? Cosa vuoi che raccontavano? Raccontavano. Poi dicevano appunto che anche per scrivere non avevan manc il temp. Eran presi molto. Ti dico che scriveva seduto in una pietra e ci credo. “Son seduto in una pietra...” questo... in Libia ho detto, giusto? “Seduto in una pietra bruciata dal sole. Ma non bruciata. Si sfarina dal sole. E ti scrivo da seduto”. Un lampo. Scrivevan e poi spedivne. Non e’ che andavano a far tanti dettagli, come va’ la guerra, se vincevn, non vincevn. Così insomma, me diceva.

[la guerra in casa]

Fabrizio: Ascolta un po’: inizia la guerra. Come lo sai, quando lo sai... Valeria: Ah la guerra, si sentiva sempre. La seguivamo. Per esempio noi... Fabrizio: Ma per esempio: quand’e’ iniziata, chi e’ che te l’ha detto? Valeria: Un po’ alla volta. È iniziata un po’ alla volta. Ha incominciato in in Africa. Laggiu’ da quelle parti. In Albania. Ha incominciato, laggiu’, era lontano. Per noi era tantissimo lontano. Invece era anche vicino. Ha incominciato la guerra laggiu’, piano piano piano, poi e’ venuta su, capisci? La guerra. Gia’ io lo sapevo! Questa guerra metteva paura un po’ a tutti, ma pero’ non si sapeva come funzionava. Mi ricordo che appunto io avevo tre cugini. Il piu’ grande era piu’ grande perche c’aveva un anno piu’ di me. Percio’ lui e’ partito e via. Il secondo era anche lui poverino non era nemmeno un ragazzino. Allora eravamo in un campo, raccoglievamo i cartocci, io gli dico: “vedrai Terso che ti chiamano anche a te. Vedrai che ti chiamano anche a te”. ‘Sta guerra finisce, domani finisce, finisce, e non finiva mai! “T’aspettano anche a te”. Poi c’era Amedeo che era molto piccolo. Lui non lavorava, era un bambino. Era lì con noi che mangiava l’uva. “Magari aspettano anche lui” ho detto. ‘Aspettano anche lui’. “Vedrete!”. Si son messi tutti a ridere. Detto e fatto. Hanno aspettato anche lui. Ha fatto in tempo a farla tutta la guerra. Fabrizio: Ma quando l’Italia e’ entrata in guerra... Valeria: Ma l’Italia era tanto che era in guerra! Ha incominciato la guerra ‘sto Mussolini del cazzo. Ha incominciato la guerra, ha incominciato laggiu’ eh che era lontana, capisci? Poi piano piano, piano piano , piano piano, l’Albania, l’Addis Abeba, queste cose qui, le avevano prese, le avevano vinte. E si vede che lui credeva d’aver vinto il mondo. Poi continuava ad andar su, che poi e’ andato a finire come e’ andato a finire. Fabrizio: Quindi c’e’ stato uno stacco forte tra prima dell’inizio della guerra e dopo... Valeria: Sì,tanto. Uno stacco fortissimo, per noi gioventu’. Noi eravamo giovani... eravamo rimaste sole. Le ragazze. Solo le ragazze. Gli uomini erano andati via tutti. Poi non basta quello li’. Non e’ che chiamavan solo la nostra classe. La classe giovane. Chiamavan la classe vecchia. Persone che erano gia’ gente sposata. E non credevo che... invece poi alla fine avevan bisogno dei soldati. E chiamavan anche gli altri. Quando han cominciato a chiamar le altre classi, m’han incominciato a preoccupare. “Madonna santa cosa succedera’. Cosa succedera’”. Poi da un giorno all’altro, poi e’ venuto quello che e’ venuto. [...] Fabrizio: I ragazzi che venivano chiamati in guerra erano tristi, dicevano “vabbe’ vado”, ce ne erano alcuni che erano contenti? Valeria: Io, nel mio circondario, quelli che conoscevo... no, non c’era la gran felicita’. Io ho visto la gente che volevano veramente la guerra, forse in un posto molto grande insomma. Per esempio in Ancona, mi ricordo che e’ arrivato il treno, e di fuori tutti studenti... tutti studenti c’e’ n’era una scia che non so i centiania, centinaia, centinaia... “Du-ce! Du-ce! Viva la guerra, viva la guerra!”. E io, dicvo “Mbecilli, Mbecilli!”. E allora niente, proprio cosi’. Fanatici, sembravano tutti uguali. Tutti fanatici. Fabrizio: Questo quand’e’ successo? Valeria: Prima della guerra. Cioe’ prima della guerra che ancora la guerra era giù in Albania, eh. Giù da quelle parti. [...]

[Attorno alla linea gotica]

Fabrizio: Quando sono arrivati questi tedeschi, chi vi ha spiegato chi erano? Perche’ c’erano? Valeria: Cazzo ma oramai si sapeva. Anche se io non mi interessavo di politica si sapeva che arrivavano i tedeschi. Sono venuti indietro. Erano i nostri alleati! Quando sono stati li’ loro facevano le trincee contro gli inglesi, capisci? Contro gli americani. Hai capito? E allora erano i nostri alleati. Hai capito? E li’ toccava stare anche attenti a come parlavi. Perche’ loro l’avevano a morte con i partigiani. Che poi c’e’ stato l’imboscamento dei partigiani. Fabrizio: Ma i partigiani quand’e’ che son spuntati fuori? Valeria: Ah i partigian eran prestino che lavoravano sotto sotto. Si sapeva perche’ dopo, come ti dico, Vittorio è andato a fare il partigiano, un altro ragazzo anche lui è andato. C’era uno di noi che veniva dalla Francia, anche quello li’ faceva fare staffetta a tua zia Chiarina. Lei tutta zitta non ha mai detto niente eh. Ti porto la’... m’aveano chiesto d’andare anche a me in campo... Fabrizio: Tanto quanto? Prima che iniziasse la guerra c’erano gia’, oppure dopo l’inizio della guerra? Valeria: No, no. I partigiani c’eran stati quando la guerra e’ venuta, quando abbiamo piantato in asso i tedeschi e ci siamo, ritirati anche noi no? Giustamente questi gli è venuto il nervoso allora si son formate squadre di partigiani. Per combattere il tedesco eh, mica per combattere gli inglesi. Fabrizio: Quindi i partigiani si son formati dopo che l’Italia se ne e’ andata dai tedeschi? Valeria: Eh si eh! Dopo c’e’ stata ‘sta sconcordia, insomma. Si son lasciati. Fabrizio: E quindi prima... Valeria: Prima io adesso m’ancord. Non mi ricordo se prima c’erano ancora dei... se erano dei partigiani o men. Comunque quella volta so che c’erano i partigiani, io conoscevo anche delle persone che erano dentro li’. Il nonno, mio fidanzato, eravamo fidanzati noi, era una staffetta il tu non. Lui metteva i bigliettini dentro l’apparecchio, il braccio finto capisci? E nessuno li guardava e lui faceva la staffetta. E lo zio Vittorio e’ proprio stato nel campo. Lui faceva la staffetta, andava e veniva. C’eran i gruppi, “io ti aspetto li’”, “io ti aspetto la’”. Han fatto anche delle cose che -guarda- gli e’ andata bene. Come c’era un’amica di Urbino, una mia amica, purina lei e’ morta di tisi eh, anche lei partigiana. Ha fatto l’eroista. Non so quanta gente, quante persone sono morte di tisi, perche’ facevano una vita impossibile. Catia: I partigiani c’erano prima che Badoglio decidesse di... Valeria: Ah si’ si’. Erano ancora, insomma... Catia: Ben ben prima. Valeria: Si son formate queste squadre di partigiani e... sapevo che c’eran i partigiani, ma nessuno li vedeva. Tu potevi anche incontrarli, per dire. Fabrizio: Questa linea gotica, di cui mi hai tanto detto, quando e’ che hanno iniziato a farla? Valeria: Oh gioa, non mi dire le date! Come faccio a ricordar le date! Fabrizio: ... [...]

[I tedeschi]

Fabrizio: Ma tu che si chiamava linea gotica lo sapevi da allora? Valeria: Sì. Si diceva appunto: “fanno la linea gotica” dicevano. Fabrizio: E senti un po’, mi hai detto che voi non siete scappati quando son venuti gli alleati. Valeria: No, perche’ era ancora, eravamo tutti in alleanza. Eravamo in alleanza ancora con i tedeschi, noi. I tedeschi erano stupidi perche’ purtroppo, nel militare, ci son sempre un po’ i pazzi no? Pero’ non e’ che succedeva niente, finche’ c’era lui. Noi avevamo questo Fritz. Federico si chiamava. Insomma ‘sto Fritz che eravamo diventati amici. Era un giovanotto, anche lui. Amici amici, per la pelle, eravamo. Lui non ci avrebbe fatto mai del male. Pero’ la Chiarina, tua zia, gli ha detto “Ho il fidanzato che e’ partigiano”, gli diceva la verita’ scherzando. Dice “Mi deve venire a trovare. Dovessi incontrarlo...”. Lui ha detto “No Chiara... no Chiara. Io te lo ammazzo subito”. Parlava bene come me, così parlava bene. “Io tam tam tam te lo ammazzo subito”. “Embe’ ma io mi metto in ginocchio, ti prendo le gambe, ti dico ‘No Fritz, lascia stare il mio fidanzato, mi fai morire anche a me'”. “Mi dispiace per te, ma io ta ta ta l’ammazzo”. E lo faceva. Non per niente aveva una fila di medaglie così. Qualcosa ha fatto lassu, in tutta la sua carriera. Te lo dico io. Poi l’avevan mandato avanti a fare questi lavori. A volte e’ venuto a trovarci. Due, tre. Pero’ ha chiesto di me, ma io ero andata a Genova, sono qui e non ho potuto vederlo. E’ tornato nei posti li’. Le cose erano cambiate come saranno cambiate da loro. Insomma. In tempo di guerra si sentivano i padroni, capisci? Perche’ babbo poi, mio babbo, gli ha detto: “sta’ a sentire Fritz”. Perche’ parlava in italiano. Parlava il dialetto. Parlava tutte le lingue. Il babbo gli diceva “Sta’ a sentire Fritz, facciamo una cosa. Io sono un po’ piu’ alto di te – perche’ non era molto alto Fritz, era piccolino, il nonno era alto, il nonno Cleto – io son piu’ alto di te. Ma tiriamo su, facciamo l’orlo”. Perche’ poi il nonno... Fabrizio: Facciamo l'orlo? Valeria: Un orlo, per i pantaloni, “tiriamo su l’orlo”, gli diceva. Per dargli i suoi pantaloni. “Tu passi per mio figlio. Cosa vai avanti a combattere? E stai qui, va la’! Stai qui con noi! Diciamo che sei mio figlio”. Fritz rideva “sì sì Cleto, sì sì papa’Cleto, sì si papa’ Cleto”. Babbo Cleto gli diceva. Sì. Figurati se avrebbe fatto una cosa del genere! Quello era un tedesco: tutto dovere. Per carita. Pero’ ci scherzavamo. Anche la fotografia ancora c’ho. Ci ha fotografato lui, eh, con la sua macchinina. Fabrizio: E ce l’hai ancora... Valeria: Si c’ho ancora una fotografia, sì, una fotografia. C’era Tonino, un bambino piccolo così. Fabrizio: Me la fai vedere? Valeria: Adesso, va’ beh, e’ in mezzo a tutte le altre fotografie. Fabrizio: Poi me la fai vedere? Valeria: Sì sì. Ma e’ una fotografia, ma non c’e’ lui. Fabrizio: E’ lo stesso. Voglio vedere quella che ha fatto lui. Valeria: E’ una fotografia che ha fatto con una macchinina che aveva lui, eh. Fabrizio: Eh! E me la farai vedere?

[L'arrivo degli alleati]

Valeria: A un certo punto: porca puttana. vedev... non piu’ qua il fronte , vedevi insomma tutti lassu’, tutti i carrarmati, carrarmati. (urlando) “Porco Mond! Vai! E’ arrivat il front! E’ arrivato il front! Siamo liberi! E’ arrivato il front!”. Tutti ‘sti carrarmati per Urbin, perche’ c’e’ una strada lassu’ in cima s’e’ andat in Urbino. E son venuti giu’, anche la strada qui, tutt’incontro siamo andati. Ma nelle campagne cosi’. Una festa. Allora e’ scappat fuori il vino, e’ scappat fuori tutto. Li daremo a questa gente, no?. Insomma: avevano da fa’ con le mani e i piedi. Poi sno arrivate tutte le razze. C’eran dei negretti alti dasci’ (mezzo metro), ma brutti come la fame. Sembravan dei mostriciattoli, veramente. Dei negretti, alti non eran piu’ alti de dasci’. Ma tu dovevi vede che gente che era. Poi c’eran gli indiani: quant’erane belli Madonna! Che gioventu’ bella. Che gente bella. Ma veramente tutti. Io non ho trovato uno di questi ragazzi brutti. Tutti col turbante, ‘sti capelli qua, scendevano giu’, il front era in alto, si andava giu’. Tutte le mine. Pan! E vien vien su, vengono su tutti su tutti portati a spalle. Li portavano in tre o quattro nelle spalle. Il turbante perso nell'esplosione, c’aveva dei capelli lunghi cosi’, neri zinzi. Impolverati un po’. Neri zinzi tutti mezzi... Fabrizio: Zinzi? Valeria: Zinzi. Vuol dire neri zinzi, vuol dire neri neri. Con dei capelli lunghi cosi, senza una gamba. E poi via quell’altro, senza una gamba. E poi via quell’altro, senza una gamba. Quanti non ne ha portat su il comando! Il comando l’han messo su li’. L’avevan messo su li’. E’ stato su un paio di settimane. Poi e’ partito e’ andato giu’. Quand’e’ andat giu’ abbiam avuto da fare con un pazzo di un inglese.

Valeria: Poi tutti questi... tutta questa razza di questa gente... Perché poi davanti erano tutti i negri, tutti gli indiani. Gli inglesi e gli americani erano dietro. Sta' pur tranquillo che non andavano avanti. Sono andati laggiu’ e hanno avuto una resistenza in questa casa. E in questa casa li hanno ammazzati tutti i tedeschi. Tutti puniti. “Cosa? tu fuori uccidevi?”. Perché hanno resistito ‘sti stupidi? Come lassu’ nella casa mia. Nella nostra casa, l'hanno riempita di buchi nei muri. Un buco qui che andava verso Rimini. Un buco qua che andava giu’ tutto verso Pesaro, Cattolica, tutto giù dove c’e’ tutta... E di qua verso Urbino. Tutta, tutta sbucanata. Tutti buchi. Quella l’han tenuta: era una postazione di vedetta. Non ti dico cosa non han trovato in questa casa, perche’ si erano accampati li’ gli inglesi. Prima c’erano i tedeschi, ci son stati tedeschi, i tedeschi sono andati via. Sono andati su. E poi l’accampamento l’hanno fatto gli inglesi. Mi ricordo c’era anche il letto, avevano i due letti, del babbo e il nostro. Han dormito li’, si vedeva che era tutto un casino. Madonna. C’era il grano, perché è stato in quel periodo lì quand'è arrivato il fronte. Alto, secco: il grano secco. Proprio d’oro era. E di la’ dalle mie amiche piu’ in la’ c’eran queste case dove c’era un comando, un comando dei tedeschi, no? Era fermo li’... c’era il capitano. Insomma di tutti i soldati che c’erano... qui dalla nostra casa sparavano, a questo ragazzo. Era rimasto solo. Il comandante gli ha detto “o che vai a fare resistenza o che ti sparo”, no? Gli hanno detto. “O che vai o che ti sparo”. E lui “ma io cosa vado a fare?. Sono solo!”. “Tu – gli hanno detto – vai e spara; fai sentire che ci siamo ancora a sparare”. È stato costretto ad andare. S’è messo sotto il grano e sparava. Sparava dove sparava dasci’. L’han fat fora. L'hanno ammazzato. L’hanno seppellito li’, purtin santo. L’han seppellito in uno dei nostri campi. Li’ nel nostro... nel monte, da noi. Fabrizio: Tedesco questo. Valeria: Tedesco si’. Quel disgraziato di quel comandante. Allora lo dicevano là, perché proprio era di una cattiveria immancabile, indiscutibile. ‘Sto digraziato. ‘Sto ragaz – dico – era una ragazzo tanto bravo. Fabrizio: Basta. Valeria: Basta, basta.

[Gente che salta]

Valeria: E noi andando incontro al fronte, non abbiamo piu’ potuto ritornar a casa con velocita’. Perche’ era tutto minato. Questo anche. Le mine erano piantate come il tabacco. Una qui, una qui, tutte proprio precise con dei fili venivano piantate. Per terra. Quelle mine... e poi c’eran le mine, quelle rotonde cosi’, per i carri armati. Percio’ era tutto minato. Tutto... una certa zona. Cioe’, tutto da una parte qua, e non dalla parte del fiume.
Poi sopra c’erano le gallerie, tutte le trincee no? Le trincee ti coprivano proprio l’uomo eh. L’uomo era piu’ alto cosi’. Pensa quanto erano profonde. Comunque dopo di quello li’ -guarda- e’ nata una rugna... Io no, la mia famiglia e’ rimasta uguale. Ma intorno invece tutt’interesse. La povera terra nera, la gente cercava di poter fregare, ti fregava. Una cosa... un cambiamento... la gente, la gente ci siamo cambiati da cosi’ a cosi’. Io son rimasta tanto male. Per me... ma veramente, credimi pure, io piangevo anche. “Ma come mai la gente, ma come mai che e’ cambiata cosi’? E cosa fanno?”. Tutti furtivi sai? Facevano questo, questo senza dirti niente. Bugie di la’, bugie di qua. Dicevano a quello li’, che questo qui, tutta quella roba che c’aveva dentro le gallerie, era tutti di quel falegname li’. Tutta una cosa cosi’. Che io... prima non sarebbe mai successo. Ma guarda... un cambiamento enorme c’e’ stato. Poi ci so