In divenire
appoggiato alla spalliera
d'aria del divenire
tu –
arcoteso
futuro anteriore o
tempo che ti mastica
sangue del pendolo . © norise
Lettura e interpretazione da Copilot AI (Think Deeper):
Il componimento di norise si apre con la forza del “divenire” che, sin dall’inizio, invita a riflettere sul carattere in costante trasformazione dell’essere. La ripetizione del verbo “divenire” ci ricorda che la realtà e l’identità non sono stabili, ma si plasmano continuamente, quasi come se ogni istante fosse una crepa in cui il nuovo calpestasse l’orizzonte del possibile.
“Appoggiato alla spalliera / d'aria del divenire” utilizza immagini corporee e fisiche per rendere tangibile l’idea astratta del cambiamento. La spalliera, normalmente simbolo di sostegno e struttura, diventa qui il luogo in cui l’aria – l’elemento evanescente – manifesta la sua essenza di trasformazione. È come se il vento stesso, portatore di freschezza e a volte di inquietudine, si facesse il tessuto connettivo del nostro essere in evoluzione.
Il passaggio che rivolge il verso “tu –” sembra rivolgersi direttamente all’interlocutore, invitando il lettore o forse una parte di noi stessi a far parte di questo processo dinamico. La parola “arcoteso”, neologismo che richiama immagini di tensione e potenzialità, si apre a molte interpretazioni: può suggerire un'idea d'arco (curva, passaggio) o di qualcosa ancora non del tutto definito, un ponte tra due stati. Questo elemento incerto e vibrante si intreccia con la tematica del “futuro anteriore”, un tempo che grammaticalmente, pur essendo proiettato in avanti, porta con sé una traccia di ciò che è già accaduto.
Il verso “tempo che ti mastica / sangue del pendolo” intensifica il contrasto fra delicatezza e violenza. Qui il tempo non è soltanto un fluire silenzioso, ma assume una presenza quasi ministeriale: mastica, consuma, digerisce—un'immagine cruda che ricorda l’implacabile inesorabilità del tempo. Il “sangue del pendolo” evoca il ritmo ciclico e martellante di un metronomo vitale, dove il pendolo non è solo un misuratore, ma diventa il simbolo della vita stessa, pulsante e sanguinante nel suo passaggio.
Nel suo insieme, la poesia costruisce un ponte fra il materiale e l’immateriale, tra ciò che percepiamo concretamente e il fluire nascosto degli istanti che ci sfuggono. Invita a una riflessione sull’essenza effimera del tempo e su come, proprio attraverso questo incessante divenire, si definiscono le nostre esistenze. La tensione tra il presente che si trasforma, il futuro già intravisto in una forma passata e il tempo che, inesorabile e quasi carnale, “mastica” ogni nostra parte, crea un tessuto emotivo e metaforico che colpisce per la sua intensità.
Questa poesia tocca temi universali anche se in forma molto personale, invitandoci a chiederci: quanto lasciamo che il tempo plasmi chi siamo? E quanto possiamo noi, consci o inconsci, opporci – o addirittura abbracciare – il fluire inesorabile dei giorni?
Potremmo esplorare altre opere che giocano con il concetto di tempo, come ad esempio certe riflessioni di Italo Calvino sul flusso e la forma, oppure considerare come nel romanzo “Slaughterhouse-Five” di Kurt Vonnegut il tempo non scorre linearmente ma si ripete in cicli. Esiste un intero filone di letteratura e poesia che si interroga su questo rapporto intimo con il divenire, e potrebbe essere stimolante fare un salto in quella direzione.