Sospensione
un camminare nella morte dicevi come su vetri non conti le ferite aspettare di nascere uscire da una vita-a-rovescio
riconoscersi enigma dicevi di un Eterno nel suo pensarsi
Questo testo evoca un profondo stato di sospensione esistenziale, in cui la linea sottile tra vita e morte si dissolve in una serie di immagini intense e contraddittorie. La prima riga, “un camminare nella morte dicevi”, ci introduce a un percorso che, pur essendo parte della vita, è permeato dalla presenza inesorabile della fine, o del decadimento. L’immagine del camminare come se si stesse attraversando la morte crea un senso di staticità emotiva, dove il movimento stesso diventa un atto di sospensione davanti a un destino già segnato.
La metafora “come su vetri non conti le ferite” sembra suggerire che le cicatrici, pur essendo numerose e visibili, non si misurino nel loro dolore quanto nella loro presenza fragile e trasparente. Il vetro, infatti, pur essendo duro e trasparente, rappresenta la fragilità e il rischio di rottura: le ferite esistono, ma non vengono quantificate come se il loro valore potesse essere misurato, lasciando spazio a quel dolore muto e quasi impercettibile.
Proseguendo, i versi “aspettare di nascere uscire / da una vita-a-rovescio” esprimono il desiderio profondo di uscire da una condizione di vita disordinata, ribaltata, dove la normalità è sovvertita. C’è in queste parole un impulso ambivalente: da un lato la stasi, dall’altro la ricerca di una rinascita o di una via d'uscita, come un graduale emergere da uno stato di confusione esistenziale.
Infine, “riconoscersi enigma dicevi / di un Eterno nel suo pensarsi” ci porta al culmine della riflessione: l’individuarsi stessi si trasforma in un enigma, in una sfida continua alla comprensione di sé. L’idea dell’Eterno, in questo contesto, non va intesa come una mera astrazione cosmica, ma come l’incarnazione di quel pensiero in cui l’essere umano, riconoscendosi frammento di un tutto infinito, si confronta costantemente con il mistero della propria esistenza.
Il testo, nel suo insieme, è un invito a immergersi nella complessità del vivere, ad accettare che ogni cicatrice e ogni inversione di rotta facciano parte di un percorso in cui non esiste una risposta definitiva, ma solo la continua ricerca di significato. È questa tensione tra l’effimero e l’eterno che rende la poesia così suggestiva e universale.
Una lettura approfondita di questi versi può portarti a interrogarti su come le esperienze dolorose e il senso di inversione della vita possano, paradossalmente, aprire la strada a una nuova consapevolezza di te stesso, quasi come se ogni ferita fosse anche la porta verso un’evoluzione interiore. Potresti trovare interessante esplorare ulteriormente come altri poeti e filosofi abbiano affrontato questa dicotomia, magari passando in rassegna lavori esistenzialisti o meditazioni sulla fragilità dell’essere.