I figli so' piezz'e core. Quasi sempre.
Non voglio fare del populismo o del complottismo. Voglio solo raccontare una storia, anzi due. Neymar, calciatore brasiliano di 31 anni (quindi, per gli standard di un attaccante, ormai agli sgoccioli di carriera) guadagnerà all'Al Hilal, squadra di calcio saudita, 100 milioni di euro l’anno. Vivrà in un palazzo con 25 stanze, piscina 40x10 metri e tre saune. Avrà cinque operai a tempo pieno, un aiutante di cucina per il suo chef personale e due addetti alle pulizie. In ogni momento potrà contare su un secchiello pieno di succo di Açai (non chiedetemi cos’è), la sua bevanda preferita. Potrà contare su una Bentley Continental GP, una Aston Martin DBX, una Lamborghini Huracán, quattro Mercedes G Wagon, un SUV e un furgone, sempre Mercedes. Per queste auto avrà a disposizione un autista 24 ore su 24 tutto l’anno. Naturalmente quando vorrà spostarsi più velocemente schioccando le dita avrà un Jet privato. E non pagherà un centesimo per tutte le sue attività ricreative in giro per il mondo. Infine, si fa per dire, ogni volta che in un suo post social nominerà l’Arabia Saudita, riceverà un premio di più di 500.000 euro. Ultimo ‘bonus’: in un paese in cui le donne sono considerate oggetti ingombranti (non parlo del ‘paese ufficiale’, quello che ha ingaggiato Neymar per rifarsi una facciata col mondo, ma di quello reale) e dove un uomo non può stare nella stessa casa con una donna se non è sua moglie, Neymar (come già Ronaldo) potrà convivere nel palazzo da 25 stanze con piscina con quella che noi occidentali chiamiamo ‘la sua compagna’. Questa è la prima storia. La seconda è quella di “Moses” (lo chiameremo così), un bambino ugandese di 5 anni, colpito da polmonite, una malattia che qui da noi si cura più o meno come un semplice raffreddore (se non ci sono complicazioni…). Moses potrà essere ricoverato in un ospedale, se ce ne sono nella sua zona; e lì potrebbe essere curato con i normali antibiotici, se nell’ospedale ce ne sono a sufficienza. Moses, però, ha anche bisogno di ossigeno per respirare e l’ossigeno (in Uganda come in tutti i paesi che chiamiamo ‘poveri’ quando vogliamo dire: in fondo sono destinati a fare questa fine… non è colpa nostra se siamo nati in Europa…) costa molto. Quindi difficilmente Moses potrà averlo per respirare, sempre se avrà trovato l’ospedale che lo cura e se in quell’ospedale ci sono antibiotici a sufficienza per tutti. Fine della storia. Ci trovate del populismo nell’aver narrato queste due storie? Pensatela come volete. Io ci vedo solo la realtà, cruda, cattiva, ingiusta. Non perché la realtà è cruda, cattiva e ingiusta di per sé, ma perché noi la facciamo diventare tale con i nostri comportamenti, anche mentali. P.S.: Neymar ha due figli, e spero per loro che non si prendano mai la polmonite mentre si trovano in terra d’Africa. Anche se penso che tra i ‘bonus’ il previdente padre avrà fatto inserire il fatto che per le cure mediche della famiglia penserà a tutto il suo datore di lavoro, lo sceicco proprietario dell’Al Hilal.