Stressura

#stress #scrittura #università

Accendo un monitor gigantesco, tutto questo è ben diverso dal mio modesto computer da viaggio. Apro un file chiamato “Scrivo col pepe nel cu.”, un altro chiamato “Introduzione-Capitolo 1”, due finestre di Firefox (una con il dizionario dei sinonimi, l'altra per ricercare), infine un pdf che devo leggere. Mi serve tutto per scrivere la tesi. Finestre grandi, piccole, micro. Ognuna incastrata nello schermo per comporre un luminoso mosaico. Scrivi. Scrivi, per Dio! Quante pagine hai scritto oggi? Va male, molto male. Non ce la farai. Continue pressioni, più o meno esterne, affinchè io sia una macchina. Produttiva. Infallibile. Efficiente. Sono esausta. Dire che sono nervosa è dir poco. Già. Ieri giravo attorno al tavolo come un giaguaro in gabbia... Uno strano turbinio di pensieri mi porta a pensare a questo blog e al mio rapporto con la scrittura. Non c'è dubbio: prima di questa università scrivevo di più per me stessa. Ricordo Valvola di sfogo, il mio diario/fumetto adolescenziale. Avventuroso, umoristico, innocente. Ero una pallina gialla, per ragioni di trama. E poi Pensieri, o “le riflessioni di una giovane adulta insicura e ingenua”. Pensieri... un nome talmente poco creativo che ho dimenticato il suo contenuto specifico... Poi il mutismo, anche verso me stessa. Depressione, quanta depressione. Quanto tempo perso. Mi sarei aiutata se fossi stata esterna a me. Ma ero interna a me, purtroppo, coinvolta. E ho fatto il doppio della fatica. C'è chi non ha aiutato, chi ha tirato fuori i pop corn, chi non si è accorto di nulla. Ho imparato tanto da tutto questo, davvero, ma a che prezzo? Ho pagato con la mia voce.

Ora sono qui, almeno monosillabica. Cerco di non portare rancore. Scriverò come una macchina, se proprio devo. Ma non vedo l'ora di non farlo mai più.