Tutti sosteniamo che esiste solo il presente, ma sembra che non sappiamo come viverlo. Sgomberare il campo dal passato e dal futuro è solo il primo passo, poi bisogna sapere cosa farne di quella scena che ci impatta.
Impatta chi? I sensi dei vari corpi. I sensi del corpo fisico ricevono informazioni dall'esterno, quelli degli altri corpi vengono attivati dagli stimoli dei sensi fisici o dal flusso di dati interiore lungo il percorso akasico-esperienza-akasico.
Mentre scrivo queste righe, oltre ai sensi fisici, il canale ak-esp-ak è completamente aperto e consapevole: l'intuizione affluisce e genera il concetto, il concetto si articola in parole, l'insieme è avvolto in quel movimento dell'astrale che chiamo sentimento.
Se il canale ak-esp-ak non è libero, tutto il processo si complica e diviene farraginoso, ricco di attriti. Allora devo vedere dove si generano gli attriti, e non è una cosa difficile.
Se sono in chat e dialogo con uno di voi, in tempo reale o no, in quel momento presente esiste solo quell'interlocutore, questo è il primo postulato, non scontato: se parlo con te esisti solo tu.
Detto questo non ho ancora detto niente: ci sei solo tu, ma se il mio sistema ricettivo non è aperto e consapevole non c'è proprio nessuno.
Affinché ci sia veramente solo tu, a monte debbo fare una scelta, nell'intenzione: debbo riconoscerti come il determinante.
Qui l'asino fa un tonfo perché in realtà a ben pochi riconosco la collocazione di determinanti; ho la mia graduatoria di valore e dipende a che punto sei di essa, se sei in basso sei fregato. Dite che non è così, che per voi sono tutti al primo posto? Può darsi...
Volendo credervi, allora qualunque creatura o fatto si presenti è degna della totale attenzione. Ma non è vero, quasi niente è degno della totale attenzione, questa è sempre relativa.
Ma se ti riconosco come il determinante significa che ho disconnesso ogni giudizio di valore su di te e ti ho messo sufficientemente a fuoco da vederti e sentirti. Diciamo che, postulato tutto questo, finalmente ti vedo e ti sento.
Ho tutte le porte di tutti i sensi aperte? Ti sento dalla radice alla sommità del capo? Quasi mai. La percezione è selettiva, quando diviene unitaria? Quando la guido consapevolmente e ne amplio lo spettro: voglio sentirti nell'insieme e compio un atto di volontà.
Ma per ampliare lo spettro percettivo devo essere saldamente su di te e per esserlo non debbo avere interesse per me, priorità mie.
Scelgo di vederti, ascoltarti, sentirti: non lo scelgo una volta sola, ma ripetutamente perché altrimenti si insinua qualcosa di me e mi distoglie da te.
Torno ripetutamente su di te, su ciò che di te colpisce i sensi di tutto il mio sistema aperto. Ma mentre tu parli, scrivi, ti mostri, qualcosa mi impatta e in me sorgono difese, resistenze, antipatie e un livello si chiude, o l'intero flusso si chiude. Allora, repentinamente, correggo la postura, abbandono la difesa, se posso, altrimenti ti fermo e ti dico: mi sono chiuso.
Ecco, siamo nel pieno del presente che accade con un sistema aperto ma che si può chiudere, dentro dinamiche fisiologiche che vengono aggiornate di attimo in attimo: perché tutto questo avvenga in me non deve esserci riserva: sono qui, con te, totalmente con te.
In questo presente totale non c'è un silenzio totale di sé, irreale, ma c'è il silenzio contemplante: la contemplazione del processo in atto, di piccoli segmenti di fotogrammi di reazioni e azioni che accadono su più piani simultaneamente.
Uscite dalla mistica del silenzio contemplante e calatelo nella prassi: è contemplazione dell'accadere del sentire.
Contemplazione del sentire come gesto, come sensazione, come emozione, come pensiero, come spazio.
Contemplo il tuo sentire in manifestazione e il mio in atto: sono totalmente ricettivo rispetto al fuori e al dentro, sono andato oltre ogni giudizio di valore, ogni priorità e c'è attenzione e presenza: c'è tutto questo perché le mie priorità sono divenute irrilevanti, perché c'è un sostanziale vuoto di me.
In questo sostanziale vuoto, c'è solo contemplazione.
Se so guardare in profondità, vedrò che, oltre il flusso variegato dei dati, c'è solo silenzio, un grande e immenso silenzio: il silenzio contemplante, la sua base più profonda.
Ecco, allora, che ho delineato due livelli del silenzio contemplante:
– l'esperienza della contemplazione del processo in atto nel sostanziale vuoto di me;
– l'esperienza di un vuoto più profondo, di uno spazio e di un silenzio ontologici che precedono qualsiasi processo nel divenire.
Forse troverete tutto questo complicato, in realtà deve divenire la nostra prassi feriale.
In chat, in presenza, mentre sfaccendi o sei a riposo, sempre: sistema aperto, disconnessione da sé, presa d'atto di tutto ciò che giunge, reattività pronta.
Reattività pronta: qui l'asino grida come un ossesso, come se volessero sgozzarlo. Quando non siete pronti è perché siete già andati in confusione, o perché si è manifestata una verità subconscia: ci siete solo in parte, avete riserve.
L'asino cade nell'abisso di fronte all'essere pronto. Chi è veramente libero da sé è pronto, quando la vostra reazione non è pronta è perché i vostri veicoli sono nella nebbia o perché non siete veramente lì.
Si può essere nella nebbia per tante ragioni, ma spesso non è questione di nebbia ma di dedizione all'altro come determinante.
Concludo: se c'è silenzio contemplante, sale l'onda d'Amore, è automatico.
Può essere un'onda rivestita di sentimento o di neutralità, ma dove c'è silenzio di sé c'è dominio dell'Amore.
Più siamo avvezzi all'indagine sottile e profonda dell'interiore, più di questo avremo vivida percezione.