silenzio

Le persone hanno diverse sensibilità? Di certo hanno sensibilità selettive: mi colpisce ciò che per me ha valore esistenziale e trasformativo. Poi, certo, ci sono persone con uno spettro di sensibilità più o meno ampio.

Coltivare le sensibilità, dopo questa premessa, cosa vuol dunque dire? Se quell'aspetto non mi colpisce vuol dire che non è relativo a qualcosa che mi necessita essenzialmente, non è una colpa. Non posso sforzarmi di coltivare ciò che non sento. Questo è pacifico.

Però accade che qualcuno, magari di quelli vicini e al cui parere teniamo, ci faccia notare che in quel determinato caso potevamo reagire in un altro modo, potevamo mostrare più interesse, o solerzia: ecco, quello è il segnale di una sensibilità che possiamo, e magari dobbiamo, imparare a coltivare.

Può anche accadere che non vi sia nessuno che ci fa notare una certa cosa, ma dentro di noi sorgono frammenti di attenzione, qualcosa ci sollecita a guardare quel fatto, a prendere in considerazione una certa nostra reazione: magari proviamo un disagio per come ci siamo comportati e mentre in passato l'abbiamo sempre rimosso, ora si presenta con più insistenza.

Ecco, a quell'affiorare possiamo dare più spazio, allevare quella sensibilità. Perché? Perché più il reale ci impatta nei sensi senza che noi sviluppiamo identificazione, più diveniamo vuoti di noi, più c'è unità.

Qui mi fermo, augurandomi che sorgano domande per ulteriori chiarificazioni...

Se faremo le meditazioni di coppia, il 3 e il 17 giugno, dovremo avere la giusta disposizione. Queste meditazioni sono introduzioni all'ascolto profondo da attuare in qualunque momento della vita feriale.

La pratica Verosimilmente lavoreremo a coppie (diverse nei due incontri). Ascolteremo con le mani e con tutto l'essere attraverso il contatto appena accennato o anche attraverso il contatto deciso, ciascuno si orienterà secondo il suo sentire, consapevole che il secondo è molto più impattante e va attuato solo se si ha alta confidenza con il partner. È dunque preferibile il contatto appena accennato.

La pressione è bene che oscilli da inconsistente a lieve, a moderata, a inconsistente. I due partner sapranno guidarsi vicendevolmente comunicando quando non sentono o sentono troppo.

La durata è indicativamente di 30 m. a turno, complessivamente di 60m. ma i partner possono decidere di abbreviare o di allungare. Il tocco della campana a 30m. non indica un cambio turno ma solo il tempo, così ai 60m.

Le aree: i piedi e le gambe fino a metà coscia; l'area dell'ombelico, del plesso solare, del cuore-gola, della testa; le braccia e le mani. Il partner attivo esercita il contatto e ascolta cosa sorge in sé e cose emerge vibrazionalmente dall'altro; il passivo ascolta e registra i mondi che vengono a sorgere.

Il partner attivo, nel contatto lieve, ascolta la vibrazione che si genera nell'intercapedine tra le mani e il corpo dell'altro. Questa è la base dell'ascolto. Stessa cosa fa il partner passivo.

La sostanza dell'ascolto Ascoltiamo un mondo sottile fatto di vibrazione: astrale primariamente, ma anche di altri piani, per il possibile a ciascuno.

Ascoltiamo se siamo vuoti di noi: il partner attivo e il passivo debbono creare spazio e vuoto: chi esercita il contatto si dispone a ricevere le sensazioni del proprio e dell'altrui corpo, così chi riceve. Si torna incessantemente al vuoto, nulla viene fissato.

Entrambi i partner avranno le sensazioni più differenti, qui si gioca tutta la partita, nel lasciare che siano e che scorrano liberamente, di qualsiasi natura siano.

La profondità dell'ascolto “Lascio che tu possa arrivare a me, sono senza difese”. Operazione non necessariamente semplice perché barriere naturali possono ergersi, timori. Vale per ogni momento della vita, adesso non sto più parlando delle meditazioni.

Se ti lascio avvicinare corro un pericolo, vale nella vita di relazione a tutti i livelli, ma tra noi, sorelle e fratelli di una comunità, questo deve essere visto, gestito con saggezza.

Ogni relazione è su più piani, sempre. Ogni relazione è di inusitata profondità, ci permettiamo l'accesso solo ad alcuni dati, ma dobbiamo alfabetizzarci a una connessione più radicale.

A seconda del livello di confidenza esistente, stabiliremo connessioni diverse, su piani differenti, di intensità variabile: nessuno osa ciò che la confidenza non autorizza, questo sempre, in ogni occasione, chi si avventura verso connessioni che non può permettersi perché non è autorizzato?

Ma se il sistema è aperto, lo scambio vibrazionale sui vari piani è sempre quello possibile a un'intenzione onesta: in chat, in presenza, sempre si aprono le porte per cui si hanno le chiavi. Si sta danzando, non è possibile la reticenza, e nemmeno la sfrontatezza, ma è possibile l'Amore che tutto realizza perché sgombero da ogni interesse personale.

Tutti sosteniamo che esiste solo il presente, ma sembra che non sappiamo come viverlo. Sgomberare il campo dal passato e dal futuro è solo il primo passo, poi bisogna sapere cosa farne di quella scena che ci impatta.

Impatta chi? I sensi dei vari corpi. I sensi del corpo fisico ricevono informazioni dall'esterno, quelli degli altri corpi vengono attivati dagli stimoli dei sensi fisici o dal flusso di dati interiore lungo il percorso akasico-esperienza-akasico.

Mentre scrivo queste righe, oltre ai sensi fisici, il canale ak-esp-ak è completamente aperto e consapevole: l'intuizione affluisce e genera il concetto, il concetto si articola in parole, l'insieme è avvolto in quel movimento dell'astrale che chiamo sentimento.

Se il canale ak-esp-ak non è libero, tutto il processo si complica e diviene farraginoso, ricco di attriti. Allora devo vedere dove si generano gli attriti, e non è una cosa difficile.

Se sono in chat e dialogo con uno di voi, in tempo reale o no, in quel momento presente esiste solo quell'interlocutore, questo è il primo postulato, non scontato: se parlo con te esisti solo tu.

Detto questo non ho ancora detto niente: ci sei solo tu, ma se il mio sistema ricettivo non è aperto e consapevole non c'è proprio nessuno. Affinché ci sia veramente solo tu, a monte debbo fare una scelta, nell'intenzione: debbo riconoscerti come il determinante.

Qui l'asino fa un tonfo perché in realtà a ben pochi riconosco la collocazione di determinanti; ho la mia graduatoria di valore e dipende a che punto sei di essa, se sei in basso sei fregato. Dite che non è così, che per voi sono tutti al primo posto? Può darsi...

Volendo credervi, allora qualunque creatura o fatto si presenti è degna della totale attenzione. Ma non è vero, quasi niente è degno della totale attenzione, questa è sempre relativa. Ma se ti riconosco come il determinante significa che ho disconnesso ogni giudizio di valore su di te e ti ho messo sufficientemente a fuoco da vederti e sentirti. Diciamo che, postulato tutto questo, finalmente ti vedo e ti sento.

Ho tutte le porte di tutti i sensi aperte? Ti sento dalla radice alla sommità del capo? Quasi mai. La percezione è selettiva, quando diviene unitaria? Quando la guido consapevolmente e ne amplio lo spettro: voglio sentirti nell'insieme e compio un atto di volontà.

Ma per ampliare lo spettro percettivo devo essere saldamente su di te e per esserlo non debbo avere interesse per me, priorità mie. Scelgo di vederti, ascoltarti, sentirti: non lo scelgo una volta sola, ma ripetutamente perché altrimenti si insinua qualcosa di me e mi distoglie da te.

Torno ripetutamente su di te, su ciò che di te colpisce i sensi di tutto il mio sistema aperto. Ma mentre tu parli, scrivi, ti mostri, qualcosa mi impatta e in me sorgono difese, resistenze, antipatie e un livello si chiude, o l'intero flusso si chiude. Allora, repentinamente, correggo la postura, abbandono la difesa, se posso, altrimenti ti fermo e ti dico: mi sono chiuso.

Ecco, siamo nel pieno del presente che accade con un sistema aperto ma che si può chiudere, dentro dinamiche fisiologiche che vengono aggiornate di attimo in attimo: perché tutto questo avvenga in me non deve esserci riserva: sono qui, con te, totalmente con te.

In questo presente totale non c'è un silenzio totale di sé, irreale, ma c'è il silenzio contemplante: la contemplazione del processo in atto, di piccoli segmenti di fotogrammi di reazioni e azioni che accadono su più piani simultaneamente.

Uscite dalla mistica del silenzio contemplante e calatelo nella prassi: è contemplazione dell'accadere del sentire. Contemplazione del sentire come gesto, come sensazione, come emozione, come pensiero, come spazio.

Contemplo il tuo sentire in manifestazione e il mio in atto: sono totalmente ricettivo rispetto al fuori e al dentro, sono andato oltre ogni giudizio di valore, ogni priorità e c'è attenzione e presenza: c'è tutto questo perché le mie priorità sono divenute irrilevanti, perché c'è un sostanziale vuoto di me.

In questo sostanziale vuoto, c'è solo contemplazione. Se so guardare in profondità, vedrò che, oltre il flusso variegato dei dati, c'è solo silenzio, un grande e immenso silenzio: il silenzio contemplante, la sua base più profonda.

Ecco, allora, che ho delineato due livelli del silenzio contemplante: – l'esperienza della contemplazione del processo in atto nel sostanziale vuoto di me; – l'esperienza di un vuoto più profondo, di uno spazio e di un silenzio ontologici che precedono qualsiasi processo nel divenire.

Forse troverete tutto questo complicato, in realtà deve divenire la nostra prassi feriale. In chat, in presenza, mentre sfaccendi o sei a riposo, sempre: sistema aperto, disconnessione da sé, presa d'atto di tutto ciò che giunge, reattività pronta.

Reattività pronta: qui l'asino grida come un ossesso, come se volessero sgozzarlo. Quando non siete pronti è perché siete già andati in confusione, o perché si è manifestata una verità subconscia: ci siete solo in parte, avete riserve.

L'asino cade nell'abisso di fronte all'essere pronto. Chi è veramente libero da sé è pronto, quando la vostra reazione non è pronta è perché i vostri veicoli sono nella nebbia o perché non siete veramente lì.

Si può essere nella nebbia per tante ragioni, ma spesso non è questione di nebbia ma di dedizione all'altro come determinante.

Concludo: se c'è silenzio contemplante, sale l'onda d'Amore, è automatico. Può essere un'onda rivestita di sentimento o di neutralità, ma dove c'è silenzio di sé c'è dominio dell'Amore. Più siamo avvezzi all'indagine sottile e profonda dell'interiore, più di questo avremo vivida percezione.

1- Durante la meditazione del 3.6. e del 17.6. coltiveremo innanzitutto l'unità dei corpi. Cosa significa? La consapevolezza simultanea di tutti i corpi.

Indagheremo i segnali che manda il corpo fisico, il corpo astrale, il mentale, l'akasico. Indagheremo dunque le sensazioni, le emozioni, i pensieri, lo spazio neutrale.

Qualunque cosa vi chiederò di fare vi susciterà qualcosa e quello andremo a indagare: – in quale parte del corpo sorge una sensazione, di che qualità? – quale emozione si associa a quella sensazione? – quale pensiero sorge in quel momento, se sorge? – oltre tutto questo avverto uno spazio, un'area di silenzio non toccata?

La consapevolezza può abbracciare l'insieme di questi dati e rimandare/far sorgere un'impressione complessiva di unità, di integrità, di connessione di tutti piani: l'essere diviene uno e non separato, infatti le barriere di separazione dall'altro verranno superate, l'unità percepita non sarà solo unità di sé, sarà semplicemente ed essenzialmente unità.

Giunti a questo punto avrete cognizione e consapevolezza del silenzio contemplante, del percepire una realtà, la vostra, quella dell'ambiente creato dall'organismo, che è silente nel profondo non contaminata dallo sferragliare umano.

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2- Qualunque cosa vi chiederò di fare vi susciterà qualcosa e quello andremo a indagare: – in quale parte del corpo sorge una sensazione, di che qualità? – quale emozione si associa a quella sensazione? – quale pensiero sorge in quel momento, se sorge? – oltre tutto questo avverto uno spazio, un'area di silenzio non toccata?

In nessun modo il termine indagare va inteso come speculare, ma piuttosto come monitorare, come portare a lucida consapevolezza. Ho usato il termine indagare perché parliamo di vibrazioni, dunque di qualcosa di molto sottile, vicino all'impercettibile: se l'attenzione non ha una disposizione indagante si corre il rischio di non percepire niente, o di limitarsi alla superficie.

Ci disponiamo pertanto all'ascolto del profondo, indagandolo e scandagliando e, se avvertiamo qualcosa, lo lasciamo fluttuare senza 'acchiapparlo', etichettarlo, inquadrarlo.

Lasciamo che sia ma siamo consapevoli che c'è. Perché è importante questo essere consapevoli che c'è? Perché è un vocabolo di una nuova lingua.

Affiorano mille stati che vanno a costituire tessere di sensibilità, tanto più accentuate quanto più consapevoli. Vocaboli di una lingua sottile e sussurrata, intima eppure base comune tra noi. Lingua del sentire che attraversa i corpi e produce sensazioni, reazioni, movimenti.

Lingua che, se conosciuta, crea una trama vibratoria tra noi, inconscia, che alimenta e ci alimenta: un giacimento sotterraneo.

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3- Creiamo tutti i giorni questa lingua nuova, ogni volta che vediamo il reale che si presenta e ci chiede: mi vedi? Forse quel reale ha l'aspetto di una 'spunta verde'; o di qualcuno che ci chiede un gesto, una parola, o semplicemente di qualcuno che esiste e per il solo fatto di esistere e di comparire nello spettro dei nostri sensi, ci interpella.

Vedere il reale è già essere nella dinamica del 'silenzio contemplante': vedi solo se ti dimentichi di te. Se sei ingombro non vedi, non dici e non fai, ti occupi solo di ciò che riguarda te.

Se 'vedi' un mondo si spalanca. Ma 'vedi' come? Con tutti sensi di tutti i corpi. La consapevolezza abbraccia tutti i sensi, come nella meditazione, il sistema è aperto e ricettivo: vedi, senti, ti lasci attraversare mentre parli, cucini, cammini.

Se sei così, sei sempre pronto, non debbono suonare le trombe per richiamare la tua attenzione, né chiederti: dove sei?

Se la consapevolezza abbraccia tutti i sensi di tutti i corpi, si sviluppa una intelligenza del reale e delle relazioni fondata sulla prontezza: chi è vuoto di sé è pronto, gli altri sono sempre un po' obnubilati. Quando non 'vedete' il reale è perché lo sguardo vede solo voi, e allora l'altro vi chiede: mi vedi? In questo caso i sensi non sono aperti, ci sono solo pertugi aperti ma il sistema nel suo complesso è chiuso.

Comprendete perché c'è una relazione tra una spunta verde non considerata e il silenzio contemplante? Perché faccio un problema per una semplice spunta?

La lingua che stiamo costruendo è fondata sulla consapevolezza dei corpi e sulla prontezza, sul 'vedere pronto'. Ogni volta che ho questa consapevolezza e sono pronto, alimento l'archetipo di quella lingua. Ogni volta che sorge quella consapevolezza e quella prontezza quell'archetipo alimenta la mia disposizione.

Se 13 persone alimentano quell'archetipo, quello acquisisce vibrazione e intensità, si configura e si struttura: lo teniamo in vita con quella consapevolezza e quella presenza, ci aiuta a mantenerci consapevoli con la sua vibrazione e intensità. Comprendete? Se no, chiedete.

Il silenzio contemplante impone lo sviluppo di ogni sensibilità e questo è possibile solo nella relativizzazione di sé, nella piena consapevolezza di ciò che non vediamo, che ci rifiutiamo di vedere, di ciò che trascuriamo, di ciò che riteniamo secondario perché non rilevante per noi.

Non c'è sensibilità accentuata che nella marginalità di sé, e non c'è lavoro sulle sensibilità se non c'è consapevolezza della propria approssimazione e grossolanità che derivano dai vari gradi della centralità di sé.

La comunità è il luogo dove, consapevolmente, veniamo messi di fronte al limite della nostra sensibilità, consapevolezza mai piacevole da acquisire. Questa è la funzione dei fratelli e delle sorelle, questa la funzione di chi ci guida.

Una comunità monastica è un'officina in cui lo svelamento è continuo e 'non c'è luogo in cui nascondersi': così è, così deve essere ogni giorno affinché l'argilla possa essere lavorata dal Grande Vasaio.

Grande è il lavoro su questo fronte, perché tutti noi siamo molto insufficienti.

La consapevolezza è normalmente invasa/pervasa dai dati provenienti dalla circolazione vibratoria del circolo inferiore coscienza-esperienza-coscienza. Questa è la norma di ogni umano e in sé non è un problema, non va ostacolato ciò che è naturale. (Nell'infografica la freccia verde, i 4 livelli inferiori)

(Vedi infografica: https://bit.ly/3LWZgdp)

Noi cerchiamo di posare la consapevolezza oltre questa naturalità (la freccia azzurra, i 4 livelli superiori): lasciamo che un livello vibratorio più sottile pervada la consapevolezza.

Se il punto di osservazione è quello centrale, la consapevolezza può essere direzionata verso il basso o verso l'alto, verso le sollecitazioni dei corpi inferiori o verso l'influsso/richiamo che giunge dai corpi superiori.

Questo è possibile perché la consapevolezza risiede nell'interfaccia, il corpo akasico, il centro tra i due circoli: dati giungono dal circolo inferiore, dati da quello superiore. Come accogliamo ciò che viene dall'inferiore, allo stesso modo accogliamo ciò che viene dal superiore.

Questo processo è del tutto naturale, ma chiaramente è possibile a coloro che non sono focalizzati sui sensi inferiori e sulla definizione di sé che questi conferiscono.

Contemplando la consapevolezza neutrale del sentire, guardiamo in basso e in alto e realizziamo l'unità determinata dallo spalancarsi della porta centrale non più orientata solamente verso l'incarnazione e la concretezza di sé.

Questo schema e queste riflessioni hanno il compito di fornire un imprinting alle soggettive percezioni di sé, affinché interiorizzino questo sistema aperto dove il complesso coscienza-esperienza-coscienza non si legge più come sistema chiuso e autoreferenziale, ma come aspetto di un insieme mai diviso e separato.

Nella sostanza, tutto dipende da come ci interpretiamo e comprendiamo. La realtà è sempre una ma dipende da che altezza la contempliamo. Qui spostiamo la consapevolezza sul sentire, quello diviene il nostro osservatorio.

Nel mentre il conduttore guida, intervallando con ampi silenzi, recepiamo le indicazioni e le attuiamo abbandonando prontamente l'impulso ricevuto, focalizzandoci su ciò che accade sul piano delle sensazioni dei vari corpi.

Sensazioni sorgono nel corpo fisico, vibrazioni nel corpo astrale, fascinazioni o rifiuti nel corpo mentale: tutto osserviamo e tutto lasciamo fluire.

Questa è la superficie del mare. Quel movimento di superficie ci accompagna, ci culla, ci stimola, ci distende, ma tutto questo è solo apparire, è la verità apparente aspetto della verità unitaria.

Più a fondo dobbiamo sprofondare: mentre le sensazioni nei corpi scorrono, la consapevolezza deve ampliarsi e abbracciare l'ignoto del sentire. Non bisogna attendersi sensazioni particolari, ma l'affiorare dell'esperienza del vasto, del non condizionato, del libero, del non-confine.

Del non-confine, innanzitutto: ciò che prima di tutto si perde in questa 'investigazione' è il senso del confine di sé. Senza confine siamo uno, il due è già sperato. Non attendetevi esperienze fusionali, vivete la semplice scomparsa del confine.

La fusione, in questa fase, è un'illusione delle menti: i veicoli rimangono, la percezione di essere qualcosa di indefinito permane, ma il confine con l'altro, con l'ambiente, cade.

In un regno di mezzo: siamo e non siamo, sono e non sono, tutto è rimesso in discussione. La fusione verrà quando Amore la provocherà.

In questa condizione possiamo sperimentare lo spazio, il vasto: essere oltre la contingenza di sé, in uno spazio vuoto di sé e di ogni soggettività connotata.

Da non-confine e spazio sorgerà l'esperienza del senso: vita vera sentiremo affluire silenziosa e muta, pervadente. Qualcosa in noi sarà consapevole che questa è la Vita.

Il presente sarà pregnante ma non in senso umano, sarà Essenza significante e totalizzante pur essendo fatta di niente.

Ora saremo sul confine dell'abisso.

Osservare oltre la superficie, oltre il naturale flusso dei pensieri. Portare la consapevolezza più in profondità a monitorare il sentire che pulsa oltre i pensieri.

Un po' come osservare la superficie del mare, comprendendo la sua assoluta impermanenza, essendo, il mare, anche immensa profondità. Cosa accade negli abissi?

Cosa c'è, cosa vibra oltre l'inconsistenza del pensiero? Sentire, chiaramente, per la percezione del quale abbiamo sensi molto rozzi che vanno costruiti e affinati coltivandoli attraverso l'attenzione.

Fermarsi, innanzitutto, poi ascoltare le sensazioni corporee, poi andare oltre le sensazioni stesse e il fluire del pensiero, più in profondità, più nella verità dell'Essere.

  1. Focalizzare la consapevolezza oltre i veli.
  2. Smettere di focalizzare, accogliere il non conosciuto al confine con l'impercettibile e prendere atto di ciò che emerge senza volerlo indagare.

Una sintesi dei 15 punti, per la stampa: https://bit.ly/3KW74dz

Solo chi risiede nel silenzio contemplante vede e ascolta l'Essenziale che viene a ogni istante. Gli altri sono travolti da un rullo compressore e non se ne avvedono.