[dieci]
quindi anche un sogno, evitiamo, cerchiamo di tenerci saldi alle cose principali, io non tengo rancore perché dimentico tutto, le ho detto, del dolore tengo solo il segno dell'abrasione e il nero della contusione – dopo un po' la prassi ammazza, facci caso, nel sogno ci sono continui segni di rovine e immagini di quello che sopravvive – poi – sempre: di notte, all'aperto, sotto una coperta di fronte a una città immersa nel buio illuminata da faretti alogeni – osservare tutto scrivere tutto – anche se non esiste – sentirsi vivo perché fuori dal tempo – protetto dalla zona d'ombra della notte – dall'altra parte uno come me, mi guarda, anche lui sotto la coperta – nel buio – tutta la festa se ne è andata – tra un disastro e il prossimo, tra un genocidio e quello in allestimento, mentre prendiamo risorse scavando come scimmie meccanizzate nelle galassie tribali di un continente alieno, restare fermi a fissare le strutture – di notte – le forme che le luci elettriche fanno emergere e immergono nel vuoto cieco della vista, l'altro dall'altra parte del'anfiteatro della piazza, sicuramente non pensa quello che penso io, è soltanto un sogno, tocca, un frammento di sogno, meglio trascrivere anche questo – si scoprisse mai che quello – il sogno – ha la stessa consistenza dei filtri con cui guardare il mondo