[otto]

stare male come compensazione sociale ma anche – facci caso – svegliarsi nel cuore della notte e chiedersi perché – cosa pensare – perché continuare a scrivere – arriva il momento in cui tutto smette di essere divertente – e anche – aggiungo – difficile da mettere a fuoco – arriva il momento che i layer di sofferenza anche spicciola da superare per arrivare a quel frammento di piacere – ecco – sono troppi, si resta invischiati in mezzo – fare scattare i meccanismi primari come vedere in lontananza la rocca ancora avvolta dai fumi del primo mattino mentre attorno a lei la foresta si apre ai rumori animali, uccelli che mandano stridii o suoni di richiamo, rumori di terra smossa e gli odori di umidità e legno marcito, verde intenso che cede al giallo – il cielo carico di un azzurro sfuocato imbevuto qua e là dalla cartilagine muscolare delle nuvole e tutto questo non esiste, è materia probabilistica della mia memoria e della mia immaginazione, un mashup di cose che non ho nemmeno visto ed è questo che mi rende quello che sono – anestetizzato dalla fiction – tanto che guardo al reale con fastidio e supponenza e un certo grado di vergogna – se il reale fosse soltanto quello che è – sarebbe davvero una piccola cosa