[sei]
Tenere nota di tutto, non perdere niente per strada, infilare la testa sotto la pelle come se fosse una coperta o l'addome, ma prima di tutto tenere traccia dello strumento, di fronte al flusso continuo dei dati rendersi conto che questo flusso continuo non è una comunicazione ma un'interfaccia: quando negli anni ottanta sognavamo di potere accedere ad ogni informazione non credevamo che questo sogno fosse il sogno di un'interfaccia: non pensavamo ai paywall, non pensavamo all'annichilimento, non pensavamo allo streaming, non pensavamo ai drm, non pensavamo al fatto che questa massa oceanica di cultura, arte, suono e immagine in movimento, questa barriera corallina interattiva ci avrebbe sovrastato con i cavi elettrici infilati dentro all'acqua, che saremmo stati presi dalle scosse, viviamo in una elettroterapia che ci attraversa la mente e il corpo quando siamo svegli e quando dormiamo, quando la proliferazione dei nostri sitmoli nervosi continua a fare scrittura dati nella rete, a prendere i suoi like le sue condivisioni e ogni interazione è una scossa nel sonno al nostro corpo che si tende e rilascia, contrae i muscoli e li fa andare, per questo siamo qua ad aspettare il prossimo aggiornamento di sistema, a vivere la prossima festa a condividere il nuovo modo di pensare, di consumare, di nascondere i propri materiali fakeali, non pensarsi nel momento della connessione, quando scompariamo dal mondo esistente per dare propagazione a quello interconnesso – ricordi quando gli avatar rimanevano bloccati spenti nel momento della disconnessione? oggi è il corpo di carne, il suo odore, la sua consistenza che resta come spenta nel momento della connessione, sulla sedia, sul divano, in coda al semaforo rosso, tutti corpi abbandonati che stanno vivendo vite infinite che non potranno possedere mai completamente, la mia narrativa è la presentazione del mio cadavere al mercato, la selezione degli organi migliori, la bancarella con lo spezzatino di quello che sarei stato, di quello che sarei anche, delle forme di me comunicabili, iperallestite per la masticazione collettiva – l'unica volta che essere masticati fa godere la carogna (il corsivo è mio) – non c'è corsivo – dicevo essere sotto questa massa oceanica di cultura e alzare gli occhi e vedere attraverso il traslucido i segni della struttura e vederne le falle, gli enormi boccaporti da cui fuoriescono sbocchi di informazione, conati di storia che riversano i loro liquidi fino a rivelare che – no, dài, era tutto qua? lol – l'umanità e la sua carneficina erano una dizione così rozza, una paratia così fragile e sottile? tutto questo millenario arricchirci di segni e significati serviva solo come base dati per addestrare una macchina che mi scimmiottasse e mi mostrasse il culo mentre sale sull'albero della conoscenza? quello che qua vuole dire – ho detto ieri in classe – è che io, che ho cinquantacinque anni, che sono stato ragazzo come voi, poi mi sono innamorato, ho fatto uno, due, tre figli, sono qua di fronte a voi come una persona adulta che sente già i dolori di quello che sarà dopo, ecco io, qua, quello che c'è dall'altra parte del muro ancora non lo so, questo muro con i cocci di vetro in cima, a fianco al quale ho camminato per cinquantacinque anni e che mi impedisce la vista, io non lo so cosa c'è dall'altra parte e morirò senza saperlo, questo vuole dire, ci sono altre domande, è chiaro a tutti? ricordatevi che alla maturità questo ve lo trovate, ma cosa ci sia di là io non lo so e finirò così, all'improvviso, come una falena qualunque, come un insetto, come una lucertola che perde la coda e poi non ricresce e finisce sul fondo della vasca da bagno e cerca di uscirne, di notte, per ore e ore e la mattina non c'è nessun rumore nell'appartamento e quella continua, per giorni, settimane, ma scivola sulle pareti, muove le sue zampettine, vede da sotto il limite entremo della vasca da bagno, ma scivola, cade e si trova sempre nella comfort zone della normalità, nella piana standard della sopravvivenza