Contratto d’affitto con le ombre
La poesia era l’ascensore rotto
che mi portava sul tetto
quando il mondo mi spegneva le luci.
Un attico di parole sgangherate,
dove i fantasmi ballavano
e i silenzi avevano denti.
Ho firmato il contratto con l’inchiostro,
ma l’affitto lo pagavo
a strofe.