Perché il caos è solo ordine piegato in origami sbadati.
Adoro i piaceri semplici, come quando il tempo decide di annodarsi e le sedie iniziano a raccontare barzellette in dialetto quantico. Sono l’ultimo rifugio, dicono, ma un rifugio è solo un’idea che ha dimenticato di indossare i pantaloni prima di uscire di casa. Le persone complicate? Si perdono nel labirinto dei bottoni della camicia, cercano significati nelle virgole e finiscono per annegare in una goccia di rugiada iperbolica.
Il piacere semplice è un sasso che canta canzoni d’amore alle ombre, è il respiro di un’equazione che ha smesso di contare e ora fa il giocoliere con numeri immaginari. Complicato? No, è solo il caos che si traveste da logica per non spaventare i bambini. E noi, poveri illusi, crediamo alle sue storie mentre il mondo si scompone in pixel di poesia assurda.
E dunque, eccoci qui: rifugiati nel semplice, che è un labirinto con le pareti di gelatina, dove ogni passo è una domanda che si scioglie in risate. Il piacere è questo: guardare l’orologio che mangia se stesso e applaudire mentre il nulla si veste da festa di compleanno. E vissero tutti distorti e contenti. Amen.