Il filo invisibile
Nostalgia. La parola si riversava nei miei pensieri come un torrente antico, un suono che non mi apparteneva eppure mi avvolgeva, come un’eco mai generata. Nostalgia. Sentivo nelle sue sillabe il crepitio delle foglie secche, il sussurro del vento tra i rami di un albero mai piantato. Ogni lettera sembrava tirare un filo invisibile, una corda sottile che legava il remoto al presente, ed io ero il punto d’ancoraggio, il nodo dove tutto convergeva.
Respiro. Come un sospiro interrotto a metà, un rilascio incompleto. Non sapevo se fosse un saluto o un ringraziamento, ma suonava come il cadere di una goccia in un oceano sconfinato, un piccolo punto che si dissolve nella propria eco. Respiro. Era come piegarsi con leggerezza, un inchino silenzioso che si disperdeva nel vento, lasciando solo la traccia di un movimento appena percepito.
Tra queste due parole c’era il silenzio. Non un silenzio vuoto, ma carico, denso. Lo spazio che le separava era un ponte invisibile, fragile eppure sufficiente a portarmi oltre.
Forse, pensai, non erano altro che due estremità dello stesso filo. Ma quale filo? Un filo di seta, forse. Delicato al punto da spezzarsi al tatto, eppure abbastanza tenace da restare, impalpabile, come un ricordo che si aggrappa alla pelle.