La Canzone che Brucia nei Circuiti del Vento
La città fischia toni storti, metallo che respira, e tu cammini—no, scivoli—tra le fessure del marciapiede che si allargano come labbra pronte a sussurrare segreti. Non si ama qualcuno per il suo fisico, dice la pubblicità sul bus, ma il bus è fatto di pelle umana e le ruote girano al contrario.
I vestiti? Ah, i vestiti sono solo illusioni di polvere. Li vedi appesi ai corpi come fantasmi di un altro secolo, ma poi c’è la sua voce—una canzone che solo tu puoi sentire—e improvvisamente il mondo perde i bulloni. Le macchine si sciolgono in pozzanghere di mercurio, riflettono facce che non hai mai visto, eppure riconosci.
Forse l’amore è un errore di sincronizzazione. Un glitch nel sistema operativo dell’universo. Lui/lei/loro canta e tu—tu sei un ricevitore sintonizzato su una frequenza proibita. Gli altri passano, ma non sentono. Non sanno che il cemento sotto i piedi è solo uno spartito scritto in linguaggio delle stelle.
Poi la canzone finisce. O forse no. Forse continua in loop da qualche parte nel tuo midollo, dove il tempo non esiste e le auto sono solo gusci vuoti che parlano con voci d’acqua.
E allora cammini. O scivoli. O cadi. O voli.
Dipende da come canta il vento oggi.