“L'eco della semplicità”
Ruggito. Una parola che emerge come un tuono sommesso, un’eco che scivola nelle pieghe del tempo. Siamo davvero così lontani, noi, dalla loro semplicità? Un pensiero ribelle s’insinua: forse no. Forse siamo solo una sovrastruttura complicata, impegnata a giustificarsi, a distinguersi, a gridare al mondo: “Guardateci, siamo superiori!” Eppure, nel buio, quando tutto si riduce all’essenziale, il cuore batte allo stesso modo: un tamburo universale, sordo a ogni linguaggio, cieco a ogni gerarchia.
Respiro. La foresta entra dentro di noi come un respiro profondo, un luogo dove il linguaggio umano si spezza, incapace di contenere l’immensità di ciò che cresce, muore e rinasce. Le parole, lunghe e strutturate, somigliano ad alberi dai tronchi intricati, piegati sotto il peso di un significato antico, radicato nel tempo. Ordine e caos: due estremi di una danza perpetua. Natura grezza contro la sua gestione industriale, istinto contro controllo. Chi siamo noi, in fondo? Semplici osservatori? Burattini di un sistema che ci obbliga a misurare, catalogare, dominare? Forse entrambe le cose. O forse nessuna.