LEI sotto le stelle (con vento laterale di scirocco)
( Lei è seduta su una panchina nel giardino di Mirabell. È sera. Le statue la guardano — o forse è solo una suggestione poetica. Lei parla da sola, ma in realtà parla a Lui. A sé. A tutti gli amori non richiesti.)
LEI (voce interiore, ma a volume pieno):
Solo un giorno. Uno. Neanche abbastanza per litigare — pensa che lusso. Un giorno bastò per farmi sentire viva. E un bacio… Quel bacio era un’onda, sì. Furtiva, liquida. Notturna. Blu. Insomma, praticamente una poesia d’acqua. Ma anche uno tsunami emotivo con tanto di postumi.
E ora? Ora sono qui. In mezzo a statue ingessate da secoli, che almeno hanno la decenza di restare dove le metti. Tu no. Tu eri una promessa che ha fatto retromarcia col freno a mano tirato. E nemmeno uno specchietto per salutare.
Mi dici che mi pensi. Che mi vedi nelle nuvole, nei campi, nelle farfalle. Ma ti pare? Io voglio essere nei tuoi progetti, mica in metafore da cioccolatino. Voglio essere sabato sera, non domenica pomeriggio.
Eppure… A bacio estinto, mi si scolpì un sorriso. È vero. E non è nemmeno male, sai? Mi sta bene. Fa pendant con la dignità che ho cucito a mano dopo che te ne sei andato.
Forse ero io che cercavo eternità in un momento. Tu cercavi il momento e basta.
E adesso sto qui. Statua tra statue. Regina di un giardino che non fiorisce mai allo stesso modo. Ma che almeno non mente. Non scompare.
E mentre penso a tutto questo, mi viene da ridere. E poi da piangere. E poi da ridere di nuovo. Che è il modo più elegante di accettare il fatto che ti ho amato. _________________________________________________________________ A volte le storie che ci spezzano il cuore sono le stesse che ci insegnano a tenerlo in mano senza tremare. A volte l’amore non finisce, semplicemente cambia forma. Diventa eco, sguardo, o una battuta che fa ancora male — anche se ci ridiamo sopra. _________________________________________________________________