“L'illusione della crescita e altre tragicommedie”
Quando sei piccolo, tutto è una favola. La mamma ti dà il bacino della buonanotte come se fosse un incantesimo che ti proteggerà per sempre. Il papà torna dal lavoro stanco ma si illumina vedendo il tuo bel voto a scuola, come se avessi appena scoperto la formula per la pace nel mondo. Ah, l’illusione dell’infanzia! Poi cresci, e improvvisamente ti ritrovi a essere tu quello che accompagna loro, non più per le favole della buonanotte, ma per le scale e per quella strada che sembra infinita. E nel frattempo, i tuoi genitori ti supplicano di scrivere, telefonare, magari anche teletrasportarti a casa almeno una volta ogni tanto.
E mentre sei lì a destreggiarti tra responsabilità e nostalgie, ecco che compare il poeta, quell’essere mistico che cammina scalzo sulla riva del mare, probabilmente perché ha perso le scarpe nel vortice esistenziale. Lui ingabbia il vento—grande impresa, bisogna ammetterlo—per non sentire il proprio lamento, che comunque riesce a far arrivare a tutti sotto forma di versi malinconici. In amore è cieco, e questo spiega molte cose, soprattutto certi messaggi inviati a notte fonda. In vita si nutre di pene e dolori, come se fossero parte di una dieta equilibrata, e in morte sogna di essere ricordato… un po’ come tutti, in fondo.
Ma alla fine, niente è impossibile, no? Basta osare fino a toccare le stelle! O almeno provarci, prima di inciampare nei propri pensieri e rendersi conto che le stelle sono molto più in alto di quanto sembrassero nei sogni da bambini.