Quando il Tempo Non Chiama

Non cercare l’amico per uccidere il tempo… già. Come se il tempo fosse lì, appeso come un cappotto vecchio nell’ingresso, pronto da prendere a calci. Ma che ne sanno, loro. Che ne sanno del tempo che non si uccide ma ti scuoia piano, giorno dopo giorno. E l’amico? L’amico è sempre troppo tardi o troppo preso o troppo ubriaco di sé stesso per accorgersi che tu non volevi parole, volevi solo che qualcuno restasse zitto con te. Un tempo da vivere, dice. Ma vivere come? Come quei pomeriggi di pioggia grigia che scendono come una condanna, con le luci al neon che sfrigolano e tu che pensi: “È tutto qui?”

Ho avuto amici, certo. Ne ho avuti troppi, e tutti sono passati come stazioni secondarie in un treno che va da nessuna parte. Parlavano di progetti, di sogni, di vacanze a settembre, ma alla fine si cercavano solo per dimenticare di essere soli. Per anestetizzare la noia. L’amico come cerotto, come bicchiere mezzo pieno solo quando fa comodo. E io? Io ho smesso di cercare. Non per disprezzo. Per stanchezza.

Il tempo da vivere. Magari c’era, una volta. Quando bastava una chitarra scordata e due birre calde per credere che saremmo cambiati, che avremmo fatto la rivoluzione, che saremmo diventati qualcosa di più di quello che ci avevano detto di essere. Ma poi è arrivata la routine, la sveglia, le bollette, la pelle che si arrende e le frasi fatte. Il tempo si è fatto stretto, e vivere è diventato un lavoro a tempo pieno.

Ora lo so. Lo vedi negli occhi di chi ha capito che ha avuto le sue patatine — had his chips, come dicono gli inglesi — e ora aspetta solo che il piatto venga portato via. Non amaro, no. Ma lucido. Stanco e lucido. Eppure, forse, anche questo è un modo per vivere il tempo: sapere che non lo stai uccidendo. Solo lasciandolo andare, come si lascia andare un amico che non arriva mai.

https://liberapay.com/Alviro/