Creare la cosa più probabilistica dopo questa. Ogni parola è figlia di quella prima di lei e sorella di tutte le figlie già generate in precedenza. La scrittura non è altro allora che un groviglio di bivi, un intreccio famigliare. Un incesto lessicale. Fare uscire qualcosa di vero da questi percorsi guidati è un'anomalia. Un'animalia. Una fera in parte bestia materna, in parte rettile squamoso, in parte viscere protocellulari.

Un fera in bosco di lemmi che girando struscia contro infiniti tronchi e ne resta impollinata di senso. E a un certo punto esce dalla selva e si trova là, nel piano della radura, dove solo è lettura e tempo. E cammina e brilla per tutti quei segni e quei pollini di cui è piena: e qui talvolta, suo malgrado, dice; significa. Qualcosa per qualcuno, per un po' di tempo. Poi niente, torna a essere pura materia probabilistica, funzione matematica del linguaggio.

Dico funzione, ma intendo finzione: finzione probabilistica dell'ingaggio; la vera e antica questione della sfida belluina, la disfida dell'ordine cavalleresco tra la fera e l'altro che la ferisce e si fa ferire. Quello che si mette lì e legge e ancora non sa se lo fa per medicazione, per benedizione o per farsi aprire feritoie che dall'esterno all'interno fanno entrare morbi e aria e luci; e dall'interno all'esterno secernono muchi e batterici succhi e spermi dell'intelletto.