[dell'intelligenza umana&aliena]
Tu puoi dirmi è velleitario, è velleitario Venerandi ma la verità è che accanto a chi magari t'appaga, in maniera chiara e solare, c'è chi si mette lì e seguendo percorsi tutti suoi sembra fare tutto l'opposto di appagarti. Sto parlando di cose, di oggetti che nascono per comunicare come raccontare, mettere le cose in versi, in video o in musica.
C'è chi si mette lì e si vede che ha cuore d'appagarti e ci riesce anche bontà sua. E poi ci sono quelli che fanno la stessa cosa, ma sono alieni. Non sono in realtà alieni alieni: arrivano ad essere extraterrestri per percorsi che sono tutto meno che interstellari, ma a un certo punto hanno più interesse a parlare un linguaggio che altro che criptato. Altro che chiavi simmetriche o sbalestrate.
Gli altri – e il sottoscritto Venerandi un po' s'illude di esserci anche dentro diciamocelo – gli altri sembra che non stiano facendo le loro cose per te, per appagare te, ma sembra che stiano facendo la loro cosa per un essere altro, un altro alienazzo come loro sembrano a te. Un alienazzo che però non esiste in carne e spirito: è più un'idea di alieno sceso in terra che parla un linguaggio che non è umano.
Prendere il linguaggio umano, prendere le consuetudini che ci rendono questo linguaggio intellegibile e anche un po' affettivo, e farle a fette prescindendole, anzi niente fette, proprio bypassarle. Prendere come presupposto che il linguaggio abbia una sua forma a prescindere da fatto che sia nato per comunicare roba.
E allora titillarlo per vedere se comunica ancora e se comunica ancora cosa comunica e quella cosa che comunica ancora come è che comunica se noi non stiamo comunicando quanto guardando le cose che comunicano cosa dicono e fino dove possono dire e poi non dire.
Quella cosa – che può sembrare velleitaria – è la ragione d'essere della comunicazione, cioè smettere di comunicare eppure continuare a dire cose ma non sapere esattamente cosa sia quel rumore, tu che le vedi e che le ascolti, mentre io che le metto assieme e le guardo seguendo i miei ragionamenti tutti terrestri ma che tengono in caro conto le stelle, mi nutro di quello che vedo, che sento, che si muove e le creo con quello che ho tra le mani.